La democrazia dei numeri

A tu per tu con Chiara Valerio, di presente e di futuro
di Fabio Marzari
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La letteratura ‘matematica’ di una delle menti più brillanti del panorama culturale, legata a Venezia.

Se mai dovessi scrivere un romanzo, sarei consapevole di essermi giocato – malissimo – il bonus invio a Chiara Valerio, che per Marsilio svolge l’attività di editor in chief del settore Narrativa italiana. L’intervista che segue ha avuto un prologo prima delle risposte, che vado a proporre: «Fabio, secondo me la prima parte della prima domanda è un coacervo di anacoluti. Perdoni la notazione da vecchia zia…». Oltre alla simpatica ironia della Nostra, essere bacchettati da una delle intellettuali più raffinate e autorevoli della scena culturale italiana, traduttrice, scrittrice, autrice teatrale, radiofonica e cinematografica, costituisce motivo di orgoglio. La sua capacità di rappresentare un pensiero libero, non asservito alle spinte presenti, la rende sovente bersaglio di critiche feroci da parte della stampa schierata apertamente a destra, senza tuttavia minimamente scalfire il suo entusiasmo verso l’universo culturale nelle sue multiformi espressioni che sanno trarre linfa dalle diversità. Nata a Scauri, in provincia di Latina, ha conseguito laurea e dottorato in Matematica all’Università degli Studi di Napoli Federico II sul tema del calcolo delle probabilità. «La matematica è stata il mio apprendistato alla rivoluzione, perché mi ha insegnato a diffidare di verità assolute e autorità indiscutibili. Democrazia e matematica, da un punto di vista politico, si somigliano: come tutti i processi creativi non sopportano di non cambiare mai».

Risulta difficile interloquire con una delle più brillanti intellettuali italiane senza cadere nella tentazione di provare ad avere un suo punto di vista sulle esternazioni dei nuovi governanti, dal Dante di destra in giù. Cedo quindi volentieri alle ‘tentazioni’ chiedendo a Chiara Valerio come vede questo presente e soprattutto come ritiene si potrebbero affrontare liberamente nel dibattito pubblico i temi culturali senza ricorrere ogni volta a barricate ideologiche.
Credo che questo discorso cominci e finisca con l’avere o non avere, col coltivare o col non coltivare, la curiosità di ascoltare l’altro. Dunque, con l’ammettere o col non ammettere che l’altro esista nella propria irriducibilità all’idea che ne abbiamo noi. Caratteristiche che possono appartenere alla natura di un essere umano, ma che possono essere acquisite anche con la cultura. Che è più solida di qualsiasi morale. Nel bene e nel male.

Per scrivere questo romanzo che avevo in testa da molti anni dovevo insomma arrivare a Venezia. E invecchiare.

Lei è una scrittrice affermata e nel suo ultimo romanzo, Così per sempre edito da Einaudi, la storia, ambientata tra Roma e Venezia, attraversa i secoli e affonda le sue radici alla fine dell’Ottocento, quando il conte Dracula lascia la Transilvania per trasferirsi in Occidente. Il dualismo tra eterno e immortale, i vampiri, il gatto Zibetto. Come è nata questa affascinante trama?
Viene da lontano. Da quando ero studentessa universitaria. Si è sempre intitolato così: Così per sempre. Volevo scrivere una storia d’amore, volevo raccontare la storia della scienza del Novecento che è stata straordinaria, volevo dire che il vampiro, in sé, dice che non esiste il sangue puro e che dalla purezza del sangue sono derivate e deriveranno sempre cose terribili, quindi meglio stare dalla parte del mostro e del meticcio che progettare la purezza, e di quella purezza morire e far morire. Venezia, nelle sue architetture e nelle persone che l’hanno abitata e che la abitano, sono un continuo elogio del sincretismo, del meticciato. Per scrivere questo romanzo che avevo in testa da molti anni dovevo insomma arrivare a Venezia. E invecchiare.

Per Marsilio cura la narrativa italiana. Quali autori e quali libri segnalerebbe come fondanti per una lettura convincente del nostro periodo a cavallo tra pandemia e guerra?
Tutti i classici che le vengono in mente e tutti gli esordi che riesce a leggere. Le scienziate e gli scienziati che, abituati a confrontarsi da sempre con le catastrofi, fuori e dentro di loro – come peraltro alcuni che scienziati non sono – riescono a misurarle. E gli artisti, perché non tutto è possibile dire; qualcosa esiste ed è comprensibile solo nella messa in scena, nell’opera, in video.

Sembra una sorta di marchio indelebile, come la saetta di Harry Potter, avere una formazione matematica. In ogni sua intervista non si riesce a prescindere da questo aspetto relativo alla sua formazione. Il rigore dei numeri aiuta la mente a varcare spazi tendenti all’infinito, mentre il comune sentire persiste col credere che “carmina non dant panem”. Si possono conciliare queste visioni? Come può la grammatica dei numeri insinuarsi nelle pieghe degli artifici letterari?
Non ho mai visto la differenza tra le grammatiche. Sono anni che rispondo a questa domanda e che dunque mi arrovello. Un mio professore di dottorato sosteneva che il mio fosse un errore di valutazione; mi ripeteva sempre che la matematica non è un linguaggio perché non ha l’intenzione di dire qualcosa. Eccezione che comprendo, ma non condivido.

Venezia, sua città d’adozione. Si potrebbero aprire capitoli lunghissimi sulla città contenitore di eventi che ha perso la sua stessa identità anche a causa del numero sempre più esiguo di abitanti. Come vive la sua Venezia e come vede e prevede il futuro della città?
La vivo come i veneziani, spero, camminando molto, fermandomi spesso a parlare con chi incontro e bevendo volentieri un bicchiere di vino. Esco molto presto la mattina, cammino fino a Punta della Dogana, torno indietro e vado in ufficio. Esco dall’ufficio, cammino ancora. Nel Vangelo ci si limita a camminare sulle acque, a Venezia si fa anche tutto il resto. Non mi ha mai stupito la sfacciata potenza della Serenissima, le cui eco arrivano sempre, anche oggi, più o meno attutite. Penso che a Venezia si possa vivere e si possa vivere bene, ma io ne sono innamorata. Il futuro di Venezia è nelle mostre, nell’editoria, nelle librerie – pensi al centro sentimentale e pratico che è la Libreria MarcoPolo, anzi le due librerie MarcoPolo – nelle università, nelle fondazioni. La memoria di Venezia, e dunque l’immaginazione, è quella del commercio, del transito, dell’incrocio, della mediazione, tutte cose che oggi hanno a che fare con l’industria culturale e con l’editoria.

Da Paolo Cognetti (anche lui con studi matematici!) a Elena Ferrante, solo per citare gli ultimi successi cinematografici, la nuova frontiera per uno scrittore è il cinema? Oppure come per Salinger, la letteratura è pura scrittura?
Ho scritto con Nanni Moretti e Gianni Amelio, mi capita di collaborare con case cinematografiche per progetti che poi giungono a compimento oppure no. Lucky Red ha comprato subito i diritti cinematografici di Così per sempre. Se mi chiede chi vorrei essere probabilmente le risponderei Billy Wilder. Eppure penso che i libri mantengano una loro specificità che consiste, probabilmente, non solo nella possibilità di immedesimazione, ma nel fraintendimento di quella stessa immedesimazione.

Ultima, inevitabile domanda: lei nell’isola deserta cosa porterebbe? (Chiara Valerio conduce su Radio Tre la trasmissione L’isola deserta, ndr)
Adesso le risponderei il Requiem di Mozart nella versione di Celibidache (direttore d’orchestra, compositore rumeno laureato in matematica e in filosofia, ndr), il libro Lo Scimmiotto di Wu Ch’êng-ên e i film di Fantozzi. Domani non so cosa risponderei…

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