La dura verità

Tiziano Scarpa ci parla del suo ultimo romanzo, "La verità e la biro"
di Elisabetta Gardin
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Ancora una volta lo scrittore veneziano ci affascina con la sua scrittura travolgente, con la sua capacità di analisi, con la sua intelligenza e, a tratti, anche con una crudezza spudorata e senza sconti, in un romanzo che egli stesso definisce un’autofiction.

La verità e la biro, pubblicato da Einaudi, è l’ultimo romanzo di Tiziano Scarpa. Un libro bellissimo. Ancora una volta l’autore ci affascina con la sua scrittura travolgente, con la sua capacità di analisi, con la sua intelligenza e abilità funambolica di passare ad argomenti diversi apparentemente senza legami tra loro, a tratti anche con una crudezza spudorata e senza sconti. Forse quella durezza che spesso la verità richiede, perché il filo conduttore della narrazione è proprio la verità. A Kos, durante una vacanza con la moglie, l’artista Lucia Veronesi, l’autore annota – ovviamente con la biro – riflessioni, frammenti di discorso, idee che poi daranno vita al suo ultimo lavoro. Tre i filoni principali che si intrecciano e si mescolano: la vacanza in Grecia – là dove è stata inventata la macchina artificiale della verità, il teatro, la scena –, poi i ricordi dello scrittore, una sorta di monologo interiore, e ancora le meditazioni, le riflessioni. C’è molto di autobiografico in questo romanzo (lo scrittore l’ha definito un’autofiction), raccontato spesso in modo provocatorio, appassionato. Vi troviamo aneddoti esilaranti, ricordi dolorosi, imbarazzanti, esperienze che in modo diverso hanno segnato lo scrittore: le scuole medie, gli scout, il sesso, i primi lavori in una redazione, l’abbraccio a suo padre grazie ad una partita di calcio, il bungee jumping. L’esperienza fisica va di pari passo con quella morale e sentimentale. La verità passa spesso attraverso il corpo, la sessualità, raccontata qui senza filtri, ma la sincerità è un’arma pericolosa, fa paura, può costare davvero molto a chi la dice e a chi l’ascolta. Viene riservato anche un ampio spazio di riflessione al teatro greco e a quello romano: nel teatro greco gli attori si preparano alla finzione, in quello romano chi scende nell’arena non finge più, il pubblico reclama il sangue del gladiatore.

Ho messo insieme tante situazioni in cui qualcuno mi ha rivelato una verità spiazzante o sconvolgente, nel lavoro, nell’amore, a scuola, fra amici.

Per Scarpa oggi capita lo stesso nei social, nei talk, nei talent, dove ci si può fare davvero male. Partendo dal presupposto che la letteratura svela l’ipocrisia della società, si spazia da Goldoni e le sue Baruffe chiozzotte a Piera degli Esposti, da Leopardi a Molière. Nel corso della narrazione troviamo inoltre una sorprendente galleria di personaggi incontrati lungo il cammino dall’autore, a partire dalla Studentessa di Filosofia che dice sempre la verità, o dalla Ragazza dagli Occhi Spiritati, o ancora dal Vecchio Amico di Famiglia, dalla Storica dell’Arte, dal Depresso. La capacità “scarpiana” di amalgamare perfettamente tutto questo ci sorprende.

Come è nato questo suo ultimo romanzo e da cosa scaturisce la sua esigenza di verità?
L’ho scritto perché penso che la società sia fondata sulla reticenza, sulla diplomazia, l’ipocrisia. La baracca sociale crollerebbe se ci dicessimo in faccia tutto quello che pensiamo e ci raccontassimo tutto quello che abbiamo fatto davvero. I romanzi esistono proprio perché la gente non è sincera e quindi i romanzieri hanno un sacco di roba da raccontare, i pensieri nascosti, i segreti delle persone…

Una mia curiosità: le persone di cui parla che cosa penseranno leggendo questo libro?
Le ho trasformate in personaggi, nel senso che non sono riconoscibili. Ma i fatti che racconto sono tutti veri. Ho messo insieme tante situazioni in cui qualcuno mi ha rivelato una verità spiazzante o sconvolgente, nel lavoro, nell’amore, a scuola, fra amici. E ho amalgamato il tutto in un’unità coerente. Non è una raccolta di racconti, ma un flusso narrativo.

Nel romanzo viene dato largo spazio al sesso, raccontato in maniera molto esplicita.
Gli aneddoti sessuali sono solo una parte del libro. Mi interessano perché nell’intimità, o dopo di essa, la sincerità dei rapporti viene messa alla prova. E poi ci sono percezioni del nostro corpo che non sono solo materiali.

In che senso? Può fare un esempio?
A un certo punto racconto quella volta che, a vent’anni, ho sentito durante la penetrazione che la ragazza con cui stavo facendo l’amore non l’aveva mai fatto prima, ma non me l’aveva mai detto. Non posso riassumere qui la situazione, ma insomma ho dovuto prendere una decisione etica lì per lì. Ecco, mi interessa molto quando la vita morale si mescola con l’esperienza fisica e nei rapporti sessuali questo succede spesso.

Il sesso è davvero così fondamentale nella vita?
Tutto è impregnato di sensualità. La moda, i cosmetici, la pubblicità. Tutto fa pubblicità al sesso. È un ottone che viene continuamente lucidato.

Pensa che nella narrativa questa tendenza di raccontare la vita vera, tutte le proprie esperienze personali senza sconti, con i dettagli più scabrosi o dolorosi, può essere forse un tentativo di arginare l’Intelligenza Artificiale, che scrive in maniera ineccepibile con uno stile perfetto, ma certo non potrà mai narrare esperienze intime e soprattutto vere, vissute, perché già nel nome è contrapposta alla verità?
Per ora non mi sembra che l’Intelligenza Artificiale sia una concorrente dell’inventiva romanzesca. Semmai i veri concorrenti, e a volte i “nemici”, sono certi modi di inventare storie che la sparano grossa per farsi notare sul mercato. Succede in certi film, in svariate serie TV, in parecchi romanzi stereotipati, come quelli in cui ci deve essere per forza un morto ammazzato.

«I lettori, cioè gli sconosciuti, sono l’unica categoria che apprezzerebbe un gesto di verità radicale, da loro bramiamo approvazione, comprensione, risate e lacrime». Qual è il suo vero rapporto con i lettori?
È meraviglioso poter comunicare con degli sconosciuti totali. Sono un uomo fortunato, la vita è stata generosa con me. Le mie storie le hanno lette i bambini delle scuole primarie, lettori colti e persone che non hanno potuto studiare, o di nazioni e culture diverse. Io cerco il più possibile di avere un rapporto leale e infervorato con la mia opera, con il libro che sto scrivendo. Ho visto che quando faccio così i lettori poi arrivano.

Crede che si possa creare un vero legame con i lettori attraverso i social? Lei li usa?
Non ho un profilo personale, perché ormai mi conosco: so che mi piacerebbe troppo e mi prenderebbe troppo tempo. Gestisco su Facebook insieme a un po’ di amici il profilo collettivo della rivista «Il primo amore», ci serve a indirizzare i lettori verso i contenuti del sito ilprimoamore.com.

 

Immagine in evidenza: Tiziano Scarpa