Cent’anni fa , il 16 febbraio 1922, nasceva a Malo, in provincia di Vicenza, Luigi Meneghello. Scrittore raffinatissimo, autore di profilo internazionale, profondamente radicato nel suo Veneto, di cui fu grande e acuto interprete. Marco Paolini, che lo intervistò per la collana «Ritratti» di Jolefilm vent’anni fa, in questo importante anniversario lo ricorda insieme a noi.
Cent’anni fa , il 16 febbraio 1922, nasceva a Malo, in provincia di Vicenza, Luigi Meneghello. Scrittore raffinatissimo, autore di profilo internazionale, tuttavia sempre profondamente radicato nel suo Veneto, di cui fu grande e acuto interprete, a volte anche aspramente critico, sempre ironico. Non si può non rimanere conquistati dalla sua incredibile e particolarissima cifra stilistica, dall’uso delle parole, del dialetto in tutte le loro sfaccettature, di cui riesce a esaltare forza e vitalità.
Dopo la maturità classica a Vicenza, si laurea alla Facoltà di Lettere dell’Università di Padova. Nel 1943 è ufficiale degli Alpini, per poi di lì a poco combattere nella Resistenza. Terminata la guerra partecipa attivamente alla vita politica entrando nel Partito d’Azione, aspirando a un vero rinnovamento della società italiana, rimanendone ben presto però deluso. Nel 1946 incontra Katia Bleier, che sposa subito dopo a Milano e che sarà l’inseparabile compagna della sua vita. Nel 1947 vince un concorso per una borsa di studio all’Università di Reading in Inghilterra, iniziando quello che lui definirà ‘dispatrio’. Lì si dedica all’insegnamento fino al 1980.
Numerose le collaborazioni con la carta stampata. Inizia da giovanissimo sulle pagine de «Il Veneto» per poi proseguire su quelle del «Corriere della Sera», «La Stampa», «The Guardian», «Times Literary Supplement», «Il Sole – 24 Ore».
Oltre a ricevere ben quattro lauree ad honorem, viene nominato Grand’ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana; molti i premi letterari conseguiti, tra cui il Bagutta, il Nonino Risit d’Aur, il Mondello, il Premio Chiara alla carriera.
Nel 1963 esordisce come autore con Libera Nos a Malo, a cui seguirà un anno più tardi I piccoli maestri. Tra le sue altre pubblicazioni ricordiamo: Bau-Séte, Pomo pero. Paralipomeni di un libro di famiglia, Il dispatrio, Jura. Ricerche sulla natura delle forme scritte, Leda e la schioppa, Maredè, maredé.
Morì a Thiene il 26 giugno del 2007.
Esattamente vent’anni fa per la collana «Ritratti», prodotta da Jolefilm con la regia di Carlo Mazzacurati, usciva un film-intervista in cui Marco Paolini incontrava Luigi Meneghello per raccontarne la vita e le opere attraverso una lunga conversazione che si snoda nell’arco di tre giornate. Lo scrittore rievoca qui la sua vita nelle sue tappe cruciali: la nascita a Malo, l’infanzia durante il fascismo, la sua famiglia con le figure indimenticabili degli zii, la guerra, il sogno di rifondare il Paese e le conseguenti disillusioni, poi la cattedra come docente universitario in Inghilterra, le pubblicazioni.
Per questo importante anniversario abbiamo quindi pensato che non ci fosse cosa migliore che incontrare proprio Marco Paolini.
Meneghello ti faceva l’esame ogni volta senza che tu sapessi su cosa prepararti. Parlare con lui ti obbligava a pensare prima di parlare, pensare due volte. Venivi via con qualcosa che ti restava dentro
100 anni di Luigi Meneghello: qual è il primo ricordo che le viene in mente?
Penso subito alle domande che Luigi sapeva fare durante una conversazione, con un fondo di malizia sepolta in un sorriso che disarmava l’interlocutore; allora bisogna disporre di pistoni, metter via i cavalli di battaglia e affrontare punti di vista mai visti. Un “inquisitore gentile”, credo un retaggio dell’aver
fatto il professore in Inghilterra.cMeneghello ti faceva l’esame ogni volta senza che tu sapessi su cosa prepararti. Parlare con lui ti obbligava a pensare prima di parlare, pensare due volte. Venivi via con qualcosa che ti restava dentro; eri seminato e quei semi dopo germogliavano, giorni o settimane più tardi. Meneghello sapeva fare le domande perché era curioso e interessato.
Che cosa possiamo trovare ancora in Veneto e nei suoi abitanti di quella Malo, di quella regione che ci racconta Meneghello?
Non val cercare fuori quel che devi trovare dentro. La Malo di Meneghello non è una copia sbiadita del mondo reale, è un’invenzione straordinaria, roba brevettata per fortuna. Lui stesso dice che è un mondo che può sembrare più vero del vero, ma subito dopo si schernisce, dicendo che non si può rifare con le parole. È vero, tocca inventarlo con qualcosa di molto, molto personale: una lingua, una nobile lingua.
Lei ha recitato nella trasposizione cinematografica de I piccoli maestri. Con la sua casa di produzione Jolefilm non ha mai pensato di produrre qualche altro lungometraggio tratto dalle opere dell’autore vicentino?
Jolefilm raccoglie progetti di registi e autori cinematografici. Io non lo sono e per fortuna nessuno ci ha proposto un altro film su Meneghello. Credo che i lettori si sarebbero infuriati nel vedere o nel sentire copie sbiadite di quello che hanno visto, letto e vissuto sulle pagine delle sue opere letterarie. Diciamola tutta: gli italiani di oggi sono fisicamente diversi da quelli là, dalle generazioni che li hanno preceduti. Forse bisognerebbe ‘dispatriare’ per trovarne di credibili, di corpo e di faccia. Ma poi dovrebbero anche parlare…; e allora è tutta un’altra musica!
Su Rai Tre ha da poco terminato il suo programma di scienza La fabbrica del mondo, in cui con Telmo Pievani si è occupato di pandemia, natura, catastrofi legate al cambiamento climatico. Anche Meneghello era molto attento a questi temi. Al momento invece lei è impegnato a teatro con SANI!: ci racconti questo spettacolo e ci anticipi, se può, qualche suo prossimo progetto.
SANI! è una ballata di piccoli racconti e canzoni sulle crisi che ho attraversato, storie personali di vicende private e pubbliche che mi hanno segnato, che mi hanno cambiato. Le crisi sono incroci, svolte pericolose di cui ci si accorge dopo o non ci si accorge in tempo; occasioni che uno vorrebbe non aver avuto, perché stava meglio prima, ma dopo non è più come prima. SANI! è anche un’occasione per proseguire in teatro il lavoro cominciato in televisione con La fabbrica del mondo. La crisi climatica e la necessità di non consumare il bonus delle generazioni successive fanno da linea guida allo spettacolo, ma mi prendo anche delle licenze divertenti. Vorrei dare un seguito al programma televisivo. Spero potremo farne una seconda edizione e spero di poter riprendere a viaggiare su e giù per l’Italia con il teatro senza metri di distanza, ritrovando i volti di tanta gente di fronte a me.