Esiste un luogo a Venezia in cui è possibile viaggiare nel tempo: Stefano Nicolao ci accompagna nel suo storico atelier, alla ricerca delle radici stesse del Carnevale, la festa cittadina per eccellenza.
Stefano Nicolao è uno storico del costume, docente all’Accademia di Belle Arti di Venezia dei corsi di Fashion Design e Fashion Design taglio storico, ed è un grande esperto di Carnevale. Sono creazioni del suo Atelier Nicolao molti tra gli abiti storici più belli visti sfilare in tutte le edizioni del Carnevale. La sua passione e la sua profonda conoscenza di Venezia lo ha portato negli anni a divenire un punto di riferimento indiscusso in tema di costumi storici legati alle feste in maschera e non solo (moltissime produzioni cinematografiche internazionali hanno attinto alle sue magnifiche creazioni). Il suo spettacolare Atelier a Venezia, oltre a essere una vera e propria macchina del tempo della moda, con costumi completi – dalla biancheria intima alla parrucca, dal cappello alle scarpe – ordinati filologicamente per secoli, è un’importante bottega e laboratorio artigianale in cui creatività e ingegno si uniscono alle tecniche di lavorazione manuale per consentire alla squadra di lavoro, composta anche da molti giovani, di realizzare nuovi modelli per mantenere viva una tradizione di altissimo artigianato altrimenti destinata a scomparire. Non potevamo che incontrarlo alla vigilia di questo Carnevale.
Come è cambiato, in questi decenni, il Carnevale di Venezia?
Snodo cruciale del destino del Carnevale veneziano è ovviamente quello tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80, caratterizzato dalla figura fondamentale di Maurizio Scaparro, direttore della Biennale Teatro e autentico fautore della rinascita di questa straordinaria festa al contempo popolare e culturale. I suoi sono stati autentici Carnevali di spettacolo, in cui la gente sentiva intimamente la voglia e il bisogno di festeggiare; si avvertiva la febbrile attesa per un evento che avrebbe mostrato ancora di più l’identità unica di Venezia agli occhi del mondo. Al centro di tutto vi era da parte del pubblico il desiderio di travestirsi e di adottare per alcuni momenti una diversa identità; a ben vedere l’essenza pura e semplice del Carnevale, al netto di orpelli retorici. Da allora, dall’entusiasmo collettivo e coinvolgente a tutti i livelli, l’organizzazione si è molto articolata e diversificata, assumendo un carattere spiccatamente più commerciale agli inizi degli anni ‘90, con la direzione artistica di Davide Rampello e l’organizzazione di Fininvest che aveva creato per i visitatori dei pacchetti che includevano il viaggio per raggiungere Venezia, un pernottamento in albergo, la partecipazione a una delle feste in città e il ritorno quasi immediato ai luoghi di residenza. Un Carnevale mordi e fuggi, insomma. Di conseguenza anche le richieste del pubblico in materia di costumi sono state totalmente stravolte, registrando progressivamente la predominanza di costumi “alti” per così dire, abiti da principi, principesse, da componenti delle famiglie reali. L’elemento spiritoso di assumere una diversa identità rispetto alla propria, magari in alcuni casi andando anche ad abbassare socialmente la propria posizione in nome del divertimento e della goliardia, è andata ormai completamente perduto, sostituito da un mero desiderio favolistico di diventare per poche ore un principe o una principessa attraverso un mascheramento con costumi sfarzosi e appariscenti. Quanto da parte dei componenti di famiglie reali, nobili, salvo sparute eccezioni, vi è oggi la volontà di apparire il meno possibile, altrettanto vi è in chi sceglie di identificarsi con i loro ruoli il desiderio di ostentare, di esibirsi attraverso la ricerca di costumi ricolmi d’oro e pietre preziose così da rendere gli abiti unici e sfarzosi, in un capovolgimento di parti in commedia davvero vertiginoso. Bisogna sempre ricordare che durante le prime edizioni del rinato Carnevale in quasi ogni famiglia veneziana partiva una gara per il costume più originale, creato con quanto si trovava in casa, non certo animati dallo sfarzo o dalla voglia di apparire a tutti i costi.
Venezia ha la capacità di riverberare la luce in una maniera assolutamente unica al mondo, proprio con tonalità dorate.
Lei nel 1980 apre l’Atelier Nicolao anche con lo scopo di impegnarsi nello studio filologico dei materiali, mantenendo primaria la lavorazione artigianale anche per gli accessori. Come è nata questa straordinaria avventura?
Uno dei motivi per cui ho deciso di aprire un simile Atelier a Venezia, dopo aver lavorato per diversi anni nel mondo dello spettacolo, era quello di primariamente esaudire le crescenti richieste che mi venivano fatte un po’ da ogni dove di materiali utili al confezionamento di costumi. Volevo che l’Atelier diventasse un punto di riferimento sia più in generale per il mondo dello spettacolo, sia in senso stretto per il Carnevale e per la storia di Venezia, creando un’alternativa in città senza per forza dover ricorrere alle sartorie teatrali di Roma o di Milano, riuscendo, grazie alle mie ricerche, a portare a Venezia materiali che altrimenti sarebbe stato difficile avere e poter offrire ai clienti. In questi anni di attività non sono cambiate le fonti di ispirazione, fornite in abbondanza dalle ricche testimonianze della pittura veneziana, da Carpaccio a tutti gli artisti del Settecento, fino ad arrivare alla dominazione austriaca e oltre, alla metà del Novecento.
Come sono cambiati i costumi di Carnevale negli anni?
Nell’ultimo periodo si è sempre di più spostata l’asticella non tanto sull’originalità del costume, quanto sul suo impatto scenico. Come dimostrano le celebri foto della Reuters, le maschere che di solito passano le giornate poggiate al colonnato di Piazza San Marco per farsi fotografare indossano costumi che sono invenzioni fantastiche ma che non appartengono alla storia; assomigliano più a delle impalcature e spesso e volentieri non riescono nemmeno a passare attraverso le calli, dovendo perciò essere assemblati direttamente in Piazza, loro proscenio pressoché unico. È curioso poi che queste maschere vengano percepite come i “costumi tipici veneziani”. Quando mi capita di lavorare a un film o a uno spot sono infatti queste maschere che vengono prese ad esempio dai registi quando intendono riferirsi alle maschere veneziane per eccellenza. Probabilmente queste maschere così scenografiche e complesse rimpiazzano, nell’immaginario collettivo, l’assenza a Venezia di carri allegorici…
Tra i momenti più attesi di questo Carnevale 2023 va annoverato di sicuro il vostro Gran Ballo Venetian Reflections a Palazzo Labia il 19 febbraio. Ci racconti un po’ come ha pensato e ideato questo evento.
Ho pensato a questo titolo rievocando tutti quelli che considero i riflessi veneziani per eccellenza, quelli dell’acqua e del vetro, ma non solo, le trasparenze in genere come quelle dei merli della Ca’ D’Oro oppure gli intarsi marmorei policromi di Palazzo Ducale. Come venne detto un tempo, «Tutte le città del mondo sono di piombo, Vinegia è d’oro». Nel Medioevo l’oro era considerato come massimo simbolo della luce divina, infatti venne ampiamente utilizzato come sfondo nelle pale d’altare o nella rappresentazione di icone sacre. Venezia ha la capacità di riverberare la luce in una maniera assolutamente unica al mondo, proprio con tonalità dorate. Ognuno di noi credo abbia provato attimi di autentica commozione nel poter ammirare Venezia in particolari momenti del giorno, con tramonti e albe che semplicemente non conoscono eguali. Il concetto di riflesso sarà un po’ romantico, ma rappresenta oggettivamente una delle tante emozioni impagabili che Venezia può regalarti e che nessun’altra città al mondo potrà darti mai con una tale intensità. Sono nato qui e ci vivo, ma per motivi di lavoro viaggio molto. Ogni ritorno in città è un tuffo al cuore. Non posso mai fare a meno di interrogarmi sulle emozioni che possa provare chi arrivi in città per la prima volta, soprattutto entrando in contatto con la città dall’acqua, esattamente come i suoi fondatori la avevano concepita. Uno stupore a cui non ci si abitua mai, una magia che non si esaurisce, anzi, si ripresenta ogni volta più potente e travolgente. La forza di una bellezza indescrivibile che, per fortuna, non stanca mai. Una forza travolgente, intramontabile, che farà sì, ne sono convinto, che il tentativo in atto di trasformarla in Disneyland non riuscirà mai!
Durante le prime edizioni del rinato Carnevale in quasi ogni famiglia veneziana partiva una gara per il costume più originale, creato con quanto si trovava in casa
Esiste un vestito must del Carnevale 2023? A quale tra tutti i costumi che ha creato nella sua lunga carriera si sente maggiormente legato e quale invece il progetto, tra tutti i vari che ha immaginato, desidererebbe in futuro riuscire a realizzare?
Non saprei indicare “il” costume del Carnevale 2023. Credo si vada a confermare la tendenza di cui parlavo prima, quella di chiedere abiti sontuosi riconducibili alle grandi famiglie reali. Personalmente sono particolarmente legato all’abito sonoro presentato all’Expo Universale di Osaka nel 1985, un abito monumentale nato da un’idea di Alessandro Mendini e Anna Gili, una specie di origami fuori misura, un enorme insetto bianco e oro dalle ali sempre aperte, fatto di forme e materiali che suonano secondo i gesti del corpo: la frizione fra tessuti, metalli, pendagli, corpo e pavimento che produce molte gamme di suoni, da un sottile fruscio a un esasperato rimbombo. Ricordo ancora perfettamente il nostro primo incontro, nei primissimi anni ‘80, quando si presentarono da me con un modellino del vestito alto pochi centimetri realizzato secondo la tecnica degli origami, senza incollature, assemblato tramite il piegamento progressivo e infinito della carta, che nel nostro caso sarebbe stata ovviamente sostituita dal tessuto, sotto al quale si doveva trovare una struttura capace di sorreggere il tutto, un telaio di alluminio leggerissimo che feci realizzare da mio padre al tornio. In particolare, ricordo il loro entusiasmo quando gli dissi che avrei accettato questa folle e splendida sfida, riuscendo poi a realizzare l’abito a dispetto di tutto e tutti. Un abito che esulava dalla sartoria classicamente intesa e che quindi occupa e occuperà per sempre un posto particolare nel mio cuore. Una fantastica follia per molti aspetti irripetibile. Per quanto riguarda uno dei progetti che mi piacerebbe realizzare, beh, ho da tempo un grande sogno nel cassetto, non ancora ben delineato nella mente, ma sempre presente nei miei pensieri: creare un abito in fibra ottica. Sto continuando a studiarlo, non sarà di sicuro facile, ma sento con tutto me stesso di poter raccogliere questa sfida. Per la sfilata di apertura del Carnevale 2023 intanto ho pensato a un abito di luce per vestire la Regina, un primo passo concreto verso ciò che spero di realizzare. Questa luminosità mi auguro possa tracciare un nuovo percorso delle nostre vite dopo anni molto bui e difficili, una luce che mi auguro possa illuminare le menti di chi decide dei nostri destini.
Ph. De Rigo Vision