In un percorso di ‘avvicinamento’ alla Cerimonia di premiazione del Premio Campiello, abbiamo voluto porre ai cinque autori finalisti della 61. edizione alcune domande. Risponde Benedetta Tobagi, autrice di La resistenza delle donne (Einaudi).
Nata a Milano nel 1977, laureata in filosofia, Ph.D in storia presso l’Università di Bristol, continua a lavorare sulla storia dello stragismo. È stata conduttrice radiofonica per la Rai e collabora con «la Repubblica». Dal 2012 al 2015 è stata membro del Consiglio di Amministrazione della Rai.
Si occupa di progetti didattici e formazione docenti sulla storia del terrorismo con la Rete degli archivi per non dimenticare. Per Einaudi ha pubblicato Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre (2009 e 2011), Una stella incoronata di buio. Storia di una strage (2013 e 2019), Piazza Fontana. Il processo impossibile (2019) e La Resistenza delle donne (2022).
Essere parte della cinquina finalista del Premio Campiello quale impatto ha sulla sua realtà di scrittrice?
Essere inclusa nella cinquina è stata una sorpresa, una gioia e un’emozione grandissima. Come scrittrice, mi ha fatto piacere soprattutto riscontrare come le scelte di quest’anno vadano nella direzione di una sempre maggiore apertura rispetto a vecchie distinzioni come quella tra fiction e non fiction.
Quale la genesi del suo libro finalista?
La Resistenza delle donne nasce insieme da un’occasione e da cause profonde. L’occasione è stata una manciata di fotografie d’archivio di donne partigiane dell’Istituto della Resistenza di Torino, immagini evocative, potenti, che spalancavano la porta al racconto: da lì è partita la ricerca e la scelta di costruire una narrazione in cui testo e immagini sono strettamente intrecciate. La causa profonda era il desiderio di riprendere il filo di un discorso intrapreso anni fa con Una stella incoronata di buio, in cui racconto una corale di giovani donne formidabili, protofemministe, a cui toccò in sorte di essere uccise dalla bomba di Brescia del 1974: desideravo raccontarle perché mi rendevo conto che era anche grazie a loro se, come donna, ho possibilità e libertà impensabili anche solo qualche decennio fa. Andando alla riscoperta dei volti e delle voci ho fatto un passo indietro in questa genealogia collettiva, alla scoperta delle “antenate”, come mi piace chiamarle.
Quanto proietta di se stessa nei personaggi che racconta?
Scrivo di personaggi reali: più che proiettare me stessa in loro, ho cercato di entrare in connessione con loro, farmi canale della loro voce. Nelle loro parabole esistenziali, nelle loro scelte, emozioni, paure, entusiasmi, ho trovato tantissime cose che risuonano profondamente nella mia vita, mi hanno messo davanti a domande difficili. Le ho sentite, e continuo a sentirle, come delle compagne di viaggio, che mi ispirano, mi provocano, mi danno forza.
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