CLASSICI FUORI MOSTRA 2023

2 Marzo 2023

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17 Maggio 2023
di Marisa Santin

Sta assumendo i contorni di un’attività stabile la rassegna Classici Fuori Mostra (che non a caso ha assunto il nome di Festival permanente del cinema restaurato), proposta per la prima volta nel 2020 con l’intento di ‘alleggerire’ temporaneamente il primo Festival post lockdown. Aggiungiamo quindi una voce alla breve lista di cose buone nate dalla pandemia. Ora che la sezione dei Classici è tornata nella sua giusta casa settembrina al Lido, possiamo comunque godere annualmente di una rassegna cittadina dedicata a film storici restituiti a nuova vita, curata dalla Biennale in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari e con l’Università IUAV. La formula è questa: il restauro deve essere recente anche se non necessariamente esclusivo (molti titoli presenti sono già passati in altri importanti festival europei); ogni film – in versione originale con sottotitoli – è introdotto da un giornalista, critico o esperto di cinema; alla fine di ogni proiezione il pubblico ha la possibilità di intervenire con domande o commenti.Come sottolinea Alberto Barbera, la rassegna assume un particolare valore «perché offre l’opportunità preziosa di vedere film perfettamente restaurati nelle migliori condizioni a cui possono aspirare: una sala cinematografica adeguatamente attrezzata, la presenza di un pubblico appassionato e attento, la presentazione di un critico che si presta anche a guidare la discussione che fa seguito alla proiezione. Un vecchio schema, si dirà: il quale, tuttavia, non solo non ha perso la sua efficacia, ma sta dimostrando di essere se non la ragione principale, almeno un buon motivo per convincere potenziali spettatori ad abbandonare le comodità della visione domestica per affrontare l’esperienza gratificante della ‘vecchia’ sala cinematografica». L’appuntamento spezza piacevolmente la settimana, ogni mercoledì fino al 17 maggio alle 19 al Cinema Rossini.
Si parte il 2 marzo con Il conformista di Bernardo Bertolucci (1979, restauro a cura di Cineteca di Bologna/Minerva Film), con Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli e Dominique Sanda. Seguono l’8 marzo la Parigi post-sessantottina e ‘vampiresca’ di Jean Eustache (La maman et la putain, 1973, restauro a cura di Les Films du Losange) e, il 15 marzo, le ambientazioni ‘acquatiche’ del penultimo film di Andrej Tarkovskij, Nostalghia (1983, restauro a cura di CSC – Cineteca nazionale), co-sceneggiato da Tonino Guerra e girato in Italia fra luoghi di decadente bellezza, come la chiesa sommersa di Santa Maria in Vittorino, le rovine dell’Abbazia di San Galgano e la cripta di San Pietro a Tuscania. La programmazione di marzo si conclude il 29 con Accattone, il folgorante esordio alla regia di Pier Paolo Pasolini.Fino a maggio, spazio poi ad altri titoli iconici del cinema internazionale. In calendario il 12 aprile As Tears Go By (1988), restaurato da L’immagine Ritrovata e The Criterion Collection. L’esordio alla regia di Wong Kar-wai è una libera rivisitazione in chiave post-moderna del capolavoro di Martin Scorsese Mean Streets, con Andi Lau nel ruolo che era stato di Harvey Keitel (Charlie Cappa, il piccolo delinquente squattrinato e disilluso) e Jacky Cheung in quello di Robert De Niro (l’avventato Johnny Boy). Coinvolgente la colonna sonora, tra il jazz e il pop, che include una cover della morodiana Take My Breath Away interpretata in cantonese da Sandy Lam. La proiezione è introdotta da Marco Dalla Gassa, docente di Storia e critica del cinema di Ca’ Foscari. Il programma prosegue il 19 aprile con una delle più celebri pellicole di John Huston, The African Queen (1951), con Katharine Hepburn e Humphrey Bogart (restauro di StudioCanal; introduzione di Michele Gottardi).Il film è, citando Morandini, «una storia d’amore fra un’ossuta quarantenne bigotta e un cinquantenne irsuto e alcolista; un film d’ambiente africano dove il folclore, il colore, il fascino dell’Africa sono quasi assenti».Leone d’Oro a Venezia nel 1955, Ordet (1955) di Carl Theodor Dreyer sarà introdotto da Giuseppe Ghigi il 26 aprile. Restaurato dal Danish Film Institute, il dramma religioso tratto dall’omonimo testo teatrale di Kaj Munk è una dissertazione sul senso della fede sviluppata con la lentezza e il rigore formale tipici del cinema di Dreyer. Introdotto da Roberta Novielli, segue il 3 maggio The Driver (1978) di Walter Hill, un noir psicologico interpretato da Ryan O’Neal e Isabelle Adjani che ha fatto scuola a molto recente cinema di genere (Drive di Nicolas Winding Refn, Baby Driver di Edgar Wright). Chiudono la rassegna Bariera del 1966, film fra i più sperimentali di Jerzy Skolimowski, restaurato dal Polish Film Institute/DI Factory e introdotto da Elena Pollacchi il 10 maggio, e In einem Jahr mit 13 Monden (1978), presentato da Marco Contino il 17 maggio, un’amara riflessione di Rainer Werner Fassbinder stimolata dal suicidio del suo amico e compagno Armin Meier.

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