Con Songs&Voices, un’indagine tra voce e strumento per lo spettacolo della compositrice toscana, Leone d’Argento a Venezia nel 2010.
Come è nato l’incontro creativo tra il racconto di Kafka e le sue trame compositive che ha dato vita a Songs&Voices?
Il testo di Kafka tocca alcuni aspetti del mito classico portandoli alle loro estreme conseguenze. In particolare mostra l’eccesso incarnato dall’assenza. Leggendolo ho sentito una risonanza poetica con quella musica che presagivo, concretizzatasi poi in Songs&Voices.
Come si è sviluppato il lavoro di ‘sottrazione’ nell’indagine su cosa sia la voce senza il canto e sulla presenza del canto in assenza di voce?
Tecnicamente questo avviene su molti piani e in molti modi, che riguardano il suono nella sua profondità: la voce come corpo strumentale, lo strumento come corpo che vibra, la possibilità stessa del suono di “cantare”, riflettendo poi nel concreto su come ogni singolo aspetto microscopico del suono suggerisca o disilluda la presenza o l’assenza di una certa identità strumentale o vocale. Simbolicamente possiamo dire che la figura delle sirene, che anche nel racconto di Kafka segnano un punto di estremo limite, può ben rappresentare questa transizione verso l’incognito, punto di margine e di frontiera. Frontiera che nel mondo classico non è solo quella fisica, ma anche quella che separa i vivi dai morti. Il senso ultimo di quest’opera, infatti, è quella di farsi monumento funebre dedicato alla mia amatissima sorella minore, prematuramente scomparsa.
L’incontro con i Neue Vocalsolisten, anche loro come lei Leoni d’Argento. Come si è articolata questa intrigante collaborazione?
Incontrarsi e lavorare insieme sono stati momenti fondamentali di una ricerca che richiedeva necessariamente di scendere nell’estremo dettaglio. Direi che con i Neuevocalsolisten c’è stata subito intesa sulla necessità di quest’approfondimento, di questa precisione estrema da ricercare in ogni singolo suono.
Sin da piccola ho avuto la necessità di esplorare le questioni armoniche e temporali della scrittura
Che dinamiche ha innescato a suo avviso l’introduzione espressiva dell’elemento elettronico nell’attività del compositore contemporaneo?
Nel mio caso il ricorso a strumenti elettronici è avvenuto e avviene in totale continuità e omogeneità con la pratica compositiva. Non trasformo quasi affatto e quasi mai il suono acustico mediante l’elaborazione digitale del segnale. Direi che ci sono due aspetti che mi interessano principalmente: da un lato si tratta di investigare le implicazioni dell’amplificazione e della diffusione che permettono di accedere a parti del suono che sarebbero sommerse, oscure, perse nell’irraggiamento acustico, fino a sovvertire gli equilibri delle componenti interne del suono che ce lo fanno riconoscere in quanto tale (attraverso un’amplificazione “pensata” si può trasformare profondamente l’identità strumentale); dall’altro si tratta di utilizzare alcuni tools come un laboratorio di idee e non di suoni. Sono particolarmente interessata a esplorare, mediante l’uso di strumenti elettronici, aspetti astratti ma cruciali della scrittura come l’armonia (per esempio nel caso di temperamenti microtonali complessi) o la scrittura temporale. In quest’ottica, il mezzo elettronico nella mia pratica attuale molto raramente produce suoni che vengono diffusi dai loudspeakers.
Quanto e come è cambiata per lei la pratica compositiva, dai suoi esordi ad oggi? E come vede il suo futuro di compositrice?
Per certi aspetti la mia pratica compositiva nel tempo è cambiata pochissimo, a partire dalla necessità che ho avuto sin da piccola di esplorare le questioni armoniche e temporali della scrittura. Posso tranquillamente dire, quindi, di aver ‘solo’ negli anni approfondito mano a mano la mia ricerca in questa direzione. Per altri aspetti, invece, la mia progettualità, la mia disposizione compositiva è totalmente cambiata, ma questo è il frutto delle esperienze spirituali che la vita porta a fare. Nel mio caso il cambiamento è stato radicale e ha avuto conseguenze cruciali sulla mia produzione artistica.
Cosa si sentirebbe di consigliare a un compositore al suo ingresso in questo ambito artistico e professionale?
Forse soltanto di essere estremamente esigente rispetto alla ricerca della propria verità artistica, dovunque essa lo porti.