Thomas Villepoux

di Riccardo Triolo
  • venerdì, 9 settembre 2022

METAVERSO
Cos’è il metaverso? Per capirlo dobbiamo aprire il nostro baule di misto vintage anni ‘90 e ripescare il romanzo Snow Crash (Spectra, 1992, ora BUR) di Neal Stephenson, dove si racconta di un mondo parallelo a quello reale, tutto digitale e residente sul web. In tipico stile cyberpunk anni ‘90, nel romanzo il mondo è ormai in balia di un capitalismo fuori controllo e l’esistenza è a doppio binario, reale e virtuale. Ciò che capita nel metaverso, come il contagio da virus neurolinguistici, ha un effetto sul corpo reale di chi abita gli avatar. Un dualismo che le expanded realities tentano di ricalcare e che, in chiusura di festival, ci porta a necessarie considerazioni.
In Mandala – A Brief Moment in Time l’ingresso in una dimensione extra-corporea è tematizzato come ingresso in un tempio buddista. La lettura della VR come ambiente alternativo, parallelo o complementare rispetto alla realtà corporea è apertamente condotta sul filo di concetti buddhisti. E non è raro negli artisti che si misurano con questa tecnologia attraversare le dottrine spirituali, in particolare il buddhismo. Perché? Forse perché l’esistenza intrinseca delle cose, secondo il buddhismo, non è autonoma, non si dà da sé. La vacuità, il vuoto, la ‘non essenza’ è la condizione primaria.
L’esistenza è illusoria, in qualche modo “virtuale”.
E l’attaccamento all’esigenza illusoria è una delle cause prime di sofferenza. Il percorso è chiaro: una volta nel tempio, ci spogliamo del nostro sé con l’aiuto di un monaco in carne ed ossa, quindi ci proiettiamo in un universo che è solo mentale dove agiamo nelle vesti di avatar che sono la rappresentazione delle nostre anime, troppo affamate di cose. L’impalcatura concettuale di per sé è semplicistica e somiglia alla solita vulgata del buddhismo che spopola in Occidente. Ad essere interessante qui è l’uso della VR in un percorso che ci riporta, a fine viaggio, di nuovo nel nostro sembiante. Interessante perché per un soffio evita di premere l’acceleratore sull’illusorietà del mondo sensibile per ricondurci invece proprio alla nostra dimensione corporea ed esperienziale.
Il significato di questa piccola opera un po’ naïf, ma divertente ed originale (è pensata come una escape room collaborativa), si chiarisce quando ci togliamo il visore e assaporiamo gli effetti del viaggio virtuale tornando nel mondo reale. Ecco, questo tentativo di fare del metaverso un mondo compenetrato più che parallelo è a nostro parere una direzione che esteticamente può rivelarsi molto fertile e promettente. Purché si eviti il naufragio profetizzato da Stephenson.

MANDALA – A BRIEF MOMENT IN TIME
CONCORSO
di Thomas Villepoux
(Cina, Francia, 45’)

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