Al limite del reale

Biennale Arte: la passione surrealista come segno del tempo
di Marisa Santin

Con Il latte dei sogni Cecilia Alemani ci restituisce il segno del tempo e ci dice che la prima Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia post-pandemia deve ancora guardare al passato, alla storia dell’arte e alla storia della Biennale stessa.

La passione per il movimento Surrealista non nasce con il progetto per la Biennale Arte, ma è piuttosto un’attenzione latente che accompagna da sempre il percorso prima formativo e poi curatoriale di Cecilia Alemani. Lo afferma lei stessa in un’intervista rilasciata a Venezia News alla vigilia dell’inaugurazione del Latte dei sogni:

Sono sempre stata molto affascinata da tutto ciò che è legato alla sfera dell’onirico, del magico, dell’inconscio. Il Surrealismo è un interesse che porto avanti da molto tempo […]. Oggi mi sembra che ci sia un bel po’ di Surrealismo nell’aria.

Se il compito di un curatore è captare le energie creative che arrivano dal mondo, dare loro una forma espositiva e renderle fruibili al pubblico, allora Alemani ci restituisce il segno del tempo, del nostro tempo, e ci dice che la prima Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia post-pandemia deve ancora guardare al passato, alla storia dell’arte e anche alla storia della Biennale stessa. Durante questo straordinario periodo di isolamento ci siamo chiesti spesso come l’arte avrebbe rappresentato il comune vissuto, quest’esperienza collettiva senza precedenti che ci ha visti globalmente connessi ma separati. A ben vedere la Mostra di Alemani, posticipata di un anno proprio a causa dell’emergenza sanitaria, non sembra restituire tanto la contingenza di uno shock mondiale quanto il respiro dilatato che serve alla riflessione. Non c’è ancora reazione allo spaesamento, allo sgomento, alla paura. È ancora troppo presto, forse.


Alle Corderie e al Padiglione Centrale dei Giardini il presente lascia spazio alle capsule temporali e lo sguardo sfugge il reale per rivolgersi ai mondi immaginati e immaginifici del surreale così come, all’altro estremo, cerca risposte nelle visioni futuristiche dell’Uomo nuovo, del post-umano, dell’ibridazione tra Uomo e macchina.

Il Surrealismo, dunque, ci circonda non solo alla Biennale – basta fare un giro fra le mostre in città per rendersene conto, una su tutte Surrealismo e magia della Guggenheim. E non solo a Venezia: come ha ricordato Alemani il Metropolitan Museum of Art di New York e la Tate Modern di Londra hanno ospitato a staffetta Surrealism Beyond Borders, una mostra che è stata definita una “landmark exhibition”, un’esposizione storica che ha rivelato come artisti di tutto il mondo – da Tokyo a Città del Messico, dal Cairo a Parigi e dalla Martinica a Bucarest – fossero uniti dalle idee sovversive e dallo spirito rivoluzionario del Movimento.

Se le idee del Surrealismo tornano ad affascinare e ispirare gli artisti oggi, forse questo sguardo sul passato può dirci qualcosa sul nostro presente e sulle forze propulsive, creative, invisibili che da sotto la superficie aspettano il momento giusto per manifestarsi. Anche se sarebbe ora di non doverlo più rimarcare, questa Mostra volge però il suo sguardo anche al femminile e alle minoranze. Le due istanze sembrano trovare una sintesi perfetta nell’assegnazione del Leone d’Oro a Simone Leigh, un’artista il cui processo creativo è informato da una tensione etica che guarda a storie di collettività, con particolare riferimento alla comunità delle donne nere, oppure, uscendo per un momento dalla Mostra principale, nel Padiglione polacco, che racconta attraverso tessuti lavorati a patchwork le migrazioni attraverso l’Europa e scene di vita quotidiana del popolo Rom. Un politicamente corretto che, come qualcuno ha rilevato, a volte insidia la capacità di mantenere la concentrazione sui molti punti di forza di questa Mostra. Come, ad esempio, la riscoperta di alcune figure femminili del Surrealismo che per motivi storico-culturali sono rimaste all’ombra dei loro ben più illustri e famosi colleghi, artiste come Leonor Fini, Remedios Varo e Leonora Carrington, cui abbiamo voluto dedicare un approfondimento nel numero di Giugno di Venezia News.

ph. Leonor Fini, Femme assise sur un homme nu (1942), Biennale Arte 2022

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