Deep impact

Susanne Franco e Annalisa Sacchi raccontano la rivoluzione di Asteroide Amor
di Chiara Sciascia, Massimo Bran

Con l’edizione 2024, la terza stagione della rassegna teatrale Asteroide Amor, ideata da Fondazione di Venezia e nata dal progetto Giovani a Teatro, evolve in un nuovo formato e diventa AA@ FEM: un festival ad altissimo impatto culturale e sociale.

Curato da Susanne Franco, Delegata della Rettrice alle Attività Teatrali di Ca’ Foscari, e Annalisa Sacchi, Direttrice del corso di laurea in Teatro e Arti Performative dello IUAV, AA@FEM affronta temi urgenti legati alla violenza di genere, al ruolo dell’arte come strumento di sensibilizzazione e alle pratiche di inclusione ed empowerment femminile. Fino al 14 dicembre AA@FEM va in scena tra Teatro Ca’ Foscari a Santa Marta e Teatro Goldoni, passando inoltre per M9 – Museo del ’900, Palazzo Trevisan degli Ulivi e Spazio Punch alla Giudecca. Ogni luogo diventa parte integrante di un percorso che coniuga arte e impegno sociale, offrendo una programmazione tutta al femminile. Il Festival nasce da una sinergia virtuosa, unica in Italia per la tipologia di partner che coinvolge e per il ruolo che conferisce ai due Atenei cittadini, sostenuti dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale. Tre attori che, guidati da Fondazione di Venezia e dal suo Direttore Giovanni Dell’Olivo, si sono proposti di fare sistema tra teatri di prosa, spazi indipendenti, musei e centri culturali, con particolare vocazione alla ricerca e sperimentazione artistica, per connettere mondi diversi attraverso le suggestioni e gli impulsi della scena contemporanea. Abbiamo incontrato le due curatrici per farci guidare attraverso le molteplici trame del festival.

Asteroide Amor diventa un festival: AA@FEM. Un passaggio di fondamentale importanza per la rassegna. Quali riflessioni hanno guidato questa scelta e quali sfide ha comportato?Progettare una rassegna distribuita in un periodo di molti mesi, com’era stato finora AA, ci ha permesso di sperimentare una forma di curatela di lungo respiro, con tempi dilatati e un processo di radicamento profondo. Negli anni il pubblico è cresciuto in maniera continua e ha sviluppato una forma di affezione per cui adesso, in città, Asteroide è un evento che genera attesa. Il salto alla forma Festival, che è molto più intensa e complessa da gestire e comporta anche dei rischi, in quanto richiede un ingaggio maggiore del pubblico, ci sembrava una prova necessaria per il modo in cui i rapporti si intensificano fino a creare forme istantanee di comunità.

La dedica a Eleonora Duse in occasione del centenario della morte si presenta come un omaggio simbolico e genealogico. Quali aspetti della sua figura risuonano maggiormente tra i temi del festival?
Quest’anno ricorre il centenario della morte di Eleonora Duse. Crediamo che i dispositivi tradizionali di rammemorazione producano in molti casi una forma celebrativa che immobilizza il passato, impedendo di far circolare quelle forze che invece potrebbero proiettarsi nel presente ispirando esperienze che ci riguardano oggi. In questo senso il caso Duse ci interessa: per l’esperienza straordinaria, prefigurativa di una donna che trovò nel teatro un canale di emancipazione, affermazione e autodeterminazione altrimenti impensabile per il suo tempo e il suo rango sociale. Da qui l’idea di celebrare in questo anniversario la creazione femminile – ma anche, in molte delle opere presenti, femminista e transfemminista – con un festival che sin dal titolo dichiara questa posizione (AA@Fem).

Whitewashing, Rébecca Chaillon e Aurore Déon © Cyrille Choupas

L’emergenza legata alla violenza di genere è centrale in questa edizione. Come il teatro può contribuire a sensibilizzare e sostenere i processi di consapevolezza nelle giovani generazioni?
Con AA@FEM abbiamo sviluppato workshop e un programma di educazione nelle scuole, portato avanti dal Teatro Stabile del Veneto e da ricercatrici del nostro gruppo di lavoro, con lo scopo di sostenere e incoraggiare le giovani generazioni in particolare nei processi di riconoscimento e segnalazione delle condizioni di discriminazione e rischio. Divulgare e radicare l’educazione sostenendo pratiche di prevenzione attraverso l’azione culturale, politica e comunicativa è una responsabilità che AA@FEM ha assunto pienamente in questa sua edizione.

Il programma di AA@FEM è ricco e variegato, con spettacoli che spaziano tra diverse tematiche e linguaggi. Come ci guidereste nell’identificare e selezionare gli spettacoli e gli eventi in calendario seguendo qualche linea tematica?
Partiamo da un itinerario di spazi. Al Teatro Ca’ Foscari a Santa Marta il festival si è aperto a novembre con Monumentum DA di e con Cristina Kristal Rizzo e Diana Anselmo, uno spettacolo che è una dedica alla singolarità di Diana, performer sorda, bilingue nell’utilizzo di italiano e lingua dei segni. Lo stesso teatro ospiterà poi Whitewashing di Rébecca Chaillon e Aurore Déon (3-4/12), che esplora la pratica dello sbiancamento, il razzismo e l’invisibilizzazione delle donne nere all’interno di una società bianca. I’ll Do I’ll Do I’ll Do di Dewey Dell (5-6/12), sempre a Santa Marta, ci accompagna invece a conoscere il corpo ubiquo nel tempo visibile, presente e assente, delle streghe, per tessere le trame di un sabba immaginato. Infine, in collaborazione con la rassegna cinematografica CinemARTa che ha molto aiutato a trasformare questo teatro anche in una sala per proiezioni, presenteremo il film più recente della danzatrice, coreografa e regista ungherese Eszter Salamon intitolato Sommerspiele (12/12). Si tratta di una fiction surreale che, seguendo i passi dell’artista d’avanguardia Valeska Gert incorporata da Salamon, ci fa riflettere sugli intrecci tra storia e memoria, sui fallimenti della memoria collettiva come forma di resistenza poetica, sull’autonomia delle arti e il rapporto tra sport e nazionalsocialismo. Eszter Salamon sarà presente anche con lo spettacolo MONUMENT 0.7: M/OTHERS, un raffinatissimo duetto di danza in cui si esibisce insieme alla madre Erzsébet Gyarmati nella sala Orizzonti di M9 – Museo del ‘900 (11/12).
Altre forme della creatività femminista si incontrarenno allo Spazio Punch dove Asteroide Amor è presente con due appuntamenti: Lesbos2174 di e con Ilenia Caleo e Martina Ruggeri aka Bunny Dakota (9/12), rappresentazione che evoca l’idea di un ‘ionoi’ transcorporeo, tattile, sensibile, liquido, dove non esistono confini tra i corpi, e SUPERORGANISMO di Industria indipendente (10/12), una festa di suono, risonanze, voci e vibrazioni, scrittura e pratiche condivise, un altrove attraverso il quale prenderci cura di noi stessi e delle altre persone, in cui conoscere e riconoscersi come un unico corpo.
Avremo anche un omaggio a Kae Tempest, poeta e rapper londinese queer, che con I Saw Light (29/11-1/12, Teatro Goldoni), titolo tratto dal suo ultimo album The Line is a Curve, ha nutrito il nuovo progetto teatrale di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò di Motus, coinvolti nella produzione TSV – Teatro Nazionale per le attrici e gli attori neodiplomati dell’Accademia Teatrale Carlo Goldoni. Lo spettacolo sperimenta forme di composizione collettiva e corale attraverso poesie, lyrics, romanzi e testi teatrali.
Sempre al Teatro Goldoni Emma Dante firma la regia e l’adattamento di Re Chicchinella (6-8/12), una favola tratta da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, con cui indaga l’ottusità del potere, l’avidità e l’indifferenza a cui attinge. La conclusione del Festival è affidata quest’anno a un doppio appuntamento: un concerto/performance, in una nuova collaborazione con New Echo System/Pro Helvetia in Venice, del duo svizzero BUREAU BUREAU, ovvero Sonia Loenne (voce) e Alvin Schwaar (synth) (13/12, Palazzo Trevisan degli Ulivi), che gravita attorno alla musica sperimentale e alla poesia; lo spettacolo di Katerina Andreou (14/12, Teatro Goldoni), che con Bless this Mess firma il suo primo pezzo di gruppo in cui la potenza generativa della confusione diventa una strategia creativa che dal palco irradia un impeto e un desiderio irrefrenabile di muoversi insieme agli altri.

I’ll Do I’ll Do I’ll Do, Dewey Dell

Non solo un programma esteso con artisti di assoluto rilievo, ma anche un impegno a dialogare con un pubblico intergenerazionale. Accanto al binomio giovani artisti/giovani spettatori, quali nuove comunità o gruppi pensate di coinvolgere attraverso AA@FEM?
Sulla questione generazionale ci si pone spesso un falso problema: l’arte non ha di per sé un obiettivo o un mandato riservato a una certa popolazione anagrafica, è anzi una forma privilegiata di incontro, un’alleanza e un appuntamento tra generazioni. Sono piuttosto i contesti in cui viene presentata che risultano più o meno accoglienti per determinate fasce di pubblico. Il Teatro Stabile del Veneto, un teatro al centro della città, svolge un ruolo importantissimo in questo senso anche sul piano simbolico nella dimensione che Venezia sta assumendo in questi anni. Insieme, nelle giornate di AA, abbiamo la libertà di proporre lavori con una forte vocazione sperimentale, che permettono un avvicinamento tra pubblici raramente seduti nella stessa platea. La rete delle collaborazioni che abbiamo intessuto nelle precedenti edizioni – e a cui ne se aggiungono sempre di nuove – rappresenta uno degli strumenti più efficaci per mescolare pubblici che si moltiplicano e si contagiano reciprocamente.

In questi anni Asteroide Amor ha costruito una sua identità forte e riconoscibile. Quali sono gli obiettivi sin qui raggiunti e quali ancora le sfide da affrontare guardando invece al futuro?
Il primo obiettivo che ci sentiamo di evidenziare è l’essere riuscite a fare sistema tra teatri di prosa, spazi indipendenti, musei e centri culturali, proponendo una programmazione che mette al centro la ricerca e la sperimentazione artistica legata alla danza, al teatro e alla performance. In inverno la programmazione di questo tipo di attività non è adeguata al pubblico potenziale di questa città, rappresentato in particolare dalla popolazione universitaria. Lo vediamo in maniera plastica appena apriamo il botteghino del Teatro Ca’ Foscari a Santa Marta: le lunghe file che si formano testimoniano di come gli studenti, non solo universitari, nutrano una grande aspettativa da questo tipo di eventi. Il teatro, in questo senso, riconfigura la lettura della città e le forme della residenzialità; è un luogo privilegiato in cui cittadinanza “storica” e nuovi residenti, gli studenti appunto, si incontrano, confermando quanto la necessità di investire su chi questa città la abita sia fondamentale innanzitutto per il suo presente, ma anche e soprattutto per il suo futuro. Complessivamente, nelle due scorse edizioni, abbiamo abitato dieci spazi della città, ospitato 27 titoli per 60 repliche e coinvolto 70 artisti nazionali e internazionali. La risposta di pubblico è il dato più significativo, con oltre 7.000 spettatori complessivi per le due edizioni.

Eszter Salamon, Sommerspiele (still)

Con AA@FEM avete tracciato un nuovo percorso. Quali le prospettive future e le possibili evoluzioni della rassegna?
In questi anni abbiamo creato un esempio concreto di come si possa lavorare in sinergia per un bene comune, tra istituzioni diverse che condividono un mandato forte su educazione, cultura, valorizzazione del territorio, sostegno alla creazione e alla distribuzione artistica di alto livello. Fondazione di Venezia, e in particolare il suo direttore Giovanni Dell’Olivo, ha sempre creduto nella potenza gioiosa del teatro come evento intorno a cui raccogliere una comunità. Questa visione ha prodotto un clima di lavoro collaborativo, solidale, di grande fiducia e responsabilizzazione, in cui abbiamo tutti cercato di metterci a servizio secondo le nostre rispettive possibilità. Nel tempo la collaborazione tra le Università, il Teatro Stabile del Veneto e le Fondazioni Universitarie è cresciuta costantemente e conta una squadra larghissima e accordata di personale distribuito tra i vari partner. Ѐ un esempio importante e virtuoso, unico in Italia per la tipologia di partner che attiva e per il ruolo che conferisce all’Università, e che a Venezia può moltiplicarsi in altri progetti, allargare le territorialità distribuendosi più capillarmente, ad esempio, nella città metropolitana.

Immagine in evidenza: Motus, I Saw Light, ph. Serena Pea

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