Ospiti della 16. Biennale Danza, il visionario coreografo e Kyle Abraham con la sua compagnia A.I.M. insieme alla produttrice/compositrice di musica elettronica Jlin presentano Requiem: Fire in the Air of the Earth, che trasforma la partitura in re minore di Mozart in un’opera elettronica che rievoca il rito e la rinascita.
Cresciuto in un quartiere afroamericano della middle class di Pittsburgh, Kyle Abraham scopre il proprio talento nella danza solo al liceo grazie ad un musical. Avendo individuato ‘tardivamente’ la propria vocazione, Abraham decide di diventare coreografo piuttosto che interprete, nonostante l’evidente capacità di eccellere in entrambe le professioni. Collabora con le compagnie di David Dorfman, Nathan Trice e Bill T. Jones, ma nel 2006 fonda A.I.M., compagnia di artisti provenienti da diverse discipline e con background molto differenti, per la quale compone le sue creazioni più acclamate. A.I.M. è una compagnia impegnata nella lotta sociale per i diritti dei neri – anche a fianco del movimento Black Lives Matter – fondata da Abraham con la mission di creare un corpus di opere di impatto e commento sociale, galvanizzate dalla black culture e dalla storia dei neri americani.
«Come artista nato alla fine degli anni ‘70 – scrive Abraham –, ho sperimentato un cambiamento nella società che mi porta speranza. La mia coreografia è un riflesso di quella speranza, ma vive anche nella realtà delle mie esperienze e del lavoro culturale che deve ancora essere fatto». Abraham riflette sui temi dell’identità, della storia e della comunità, senza risparmiarsi dal punto di vista autobiografico, come mostra con Radio Show (2010) in cui intreccia passi legati ai ricordi di una ormai defunta stazione radiofonica alle emozioni suscitate dalla malattia del padre. Nel 2012 con Pavement rivisita la vita urbana della Pittsburgh degli anni Novanta, ispirandosi al film Boyz n the Hood (1991) di John Singleton e al volume The Souls of Black Folk (1903) di W.E.B. Du Bois, testo fondamentale della sociologia e della letteratura afroamericana. Un brano potente, che esige una riflessione quanto mai necessaria, sull’impatto della violenza domestica, della brutalità della polizia e della piaga delle gang sulle comunità nere. Argomenti cari al coreografo-danzatore che ricorrono in diverse creazioni come When the Wolves Came In (2014), una meditazione sui diritti civili con disegni dell’artista Glenn Ligon e musica di Robert Glaspers, e Meditation: A Silent Prayer del 2018, un’opera breve, opprimente, realizzata in collaborazione con l’artista Carrie Mae Weems, che torna a denunciare le violenze perpetrate dalle forze dell’ordine nei confronti della comunità nera.
Invitato da Wayne McGregor a Venezia, il visionario coreografo e Mc Arthur Fellow Kyle Abraham si avvale della collaborazione della pionieristica produttrice/compositrice di musica elettronica Jlin per presentare in prima nazionale una sorprendente rivisitazione del Requiem in re minore di Mozart in un’opera urban ed elettronica che commemora rituali, perdite e rinascite. Con il suo linguaggio fluido, muovendosi con l’incredibile versatilità che caratterizza ogni suo lavoro, Abraham attinge dal balletto classico, dall’hip-hop, dalla danza moderna e dalla street dance, portando in scena dieci danzatori vestiti dal costumista Giles Deacon con tuniche e gonne setose e vaporose, che si muovono all’interno del superbo impianto scenografico realizzato da Dan Scully. Con Requiem: Fire in the Air of the Earth, Jlin prende una delle composizioni più misteriose di Mozart e la rivoluziona in un pezzo di danza elettronica, costruendo il suono su uno stile house dance e street dance che rievoca la Chicago anni ‘90, mentre Abraham fa proprio uno dei capisaldi della cultura bianca occidentale in un balzo afro-futurista.