Très parisien!

Blanca Li alla Biennale Danza con il suo Gran ballo VR
di Mariachiara Marzari, Chiara Sciascia
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La coreografa, regista, danzatrice e attrice spagnola Blanca Li invita il pubblico veneziano ad un’esperienza immersiva unica, straordinaria, che è possibile sperimentare tutti i giorni del Festival a Ca’ Giustinian.

Già Leone d’Oro per la Miglior esperienza VR l’anno scorso alla 78. Mostra del Cinema nella sezione VR Expanded, la coreografa, regista, danzatrice e attrice spagnola Blanca Li torna alla 16. Biennale Danza invitando il pubblico veneziano al suo Le bal de Paris, un’esperienza immersiva unica, straordinaria, che è possibile sperimentare tutti i giorni del Festival a Ca’ Giustinian, dalle ore 12 alle 18, in gruppi di 10 spettatori per volta.
Appassionata di moda, Blanca Li ha scelto Chanel come partner del progetto, per il quale ha realizzato una collezione virtuale ed esclusiva destinata sia ai danzatori protagonisti della storia che agli spettatori-partecipanti, che potranno scegliere il proprio abito tra quelli proposti, tutti nell’inconfondibile stile della Maison. La vicenda è quella di Adèle, una giovane donna indipendente e dinamica che torna a Parigi dopo aver girato il mondo. Al gran ballo in maschera che la famiglia ha organizzato in suo onore Adèle incontra Pierre, il suo primo amore.
Indossati i caschi VR, i backpack e i sensori a polsi e caviglie, gli invitati si troveranno catapultati in un salone da ballo monumentale con soffitti tanto alti da dare le vertigini, accompagnati dai due protagonisti per i quali Blanca Li ha creato una coreografia d’effetto sulla musica originale di Tao Gutierrez. La serata di Adèle continua in un lussureggiante e misterioso giardino, set di un garden party, e in un club parigino con smaglianti ballerine di fila, che gli ospiti raggiungeranno spostandosi in treno e in battello. Quello ideato da Blanca Li è un universo irreale e senza tempo, rétro, futuristico, classico, contemporaneo e, soprattutto, allucinatorio. Assolutamente da provare!

La danza oltre la danza. Quale la sua personale definizione di questa arte?
La danza è un’arte universale in grado di combinarsi e dialogare in maniera assolutamente naturale con tutte le altre arti, la musica in primis ovviamente, ma anche le arti plastiche, la scultura, la letteratura, il cinema, il teatro. Tutte le arti possono essere al servizio della danza o, al contrario, la danza al servizio di esse in modo molto semplice. La danza può servirsi di uno strumento unico, che è il corpo umano, e di un mezzo distinto, che è il movimento, ed è questo che le dà la forza di potersi unire alle altre arti senza perdere mai la sua identità.

Tutte le arti possono essere al servizio della danza o, al contrario, la danza al servizio di esse in modo molto semplice

La sua carriera è costellata da continui sconfinamenti di genere, una ricerca costante che spinge la danza a essere linguaggio universale e fluido delle arti e per le arti. Quali obiettivi pone alla sua ricerca?
Mi piace molto innovare e sapere che sto creando qualcosa di unico che prima non sarebbe mai potuto esistere. Per questo mi interessano le nuove tecnologie: offrono la possibilità di inventare nuovi modi di vivere la danza. Allo stesso modo mi appassiona anche lavorare con la danza integrandola con altre arti per darle forme diverse; amo anche combinare differenti generi di danza tra loro. Amo la danza perché ha la capacità di rinnovarsi costantemente e di creare nuovi stili; la danza urbana, ad esempio, è stata particolarmente creativa negli ultimi decenni e ha contribuito molto alla nascita di altri generi. Lavoro con danzatori formatisi in strada, che hanno ampliato il loro vocabolario al contemporaneo con grande successo, e anche con danzatori di formazione classica che con grande apertura mentale hanno saputo acquisire tecniche e pratiche del repertorio hip hop, arricchendo così la loro forza espressiva. Un’evoluzione positiva che sostengo completamente e in cui trovo grande ispirazione. Nelle mie creazioni cerco di fare in modo che ogni performer o ballerino incontri le condizioni ideali per intetare il proprio ruolo quando è in scena. Creo coreografie su misura per i miei interpreti; è una scoperta co-stante e un’attività di ricerca dinamica, divertente e molto stimolante per tutta la compagnia.

Da Venice VR Expanded alla 78. Mostra del Cinema, dove ha vinto il Leone d’Oro per la Miglior esperienza VR, al palcoscenico della 16. Biennale Danza. Quale il ruolo dei Festival internazionali per il mondo della danza?
Ciò che apprezzo maggiormente dei festival è la loro capacità straordinaria di essere luoghi di scambio e confronto tra artisti di diversa estrazione culturale, di difforme approccio ai linguaggi espressivi. Ciò consente al pubblico di scoprire la ricchezza e la diversità di lavori capaci di muoversi tra i sottili confini che vorrebbero ancora separare le diverse forme espressive. I festival offrono inoltre alle opere vincitrici l’opportunità di essere riconosciute a livello internazionale, fattore molto importante che favorisce la distribuzione delle opere stesse. È molto emozionante ricevere un premio da un festival, perché in genere quando si termina un’opera ci sono die-tro anni di sforzi e di lavoro. Questo riconoscimento trasmette molto amore ed emozione. Devo però dire che lo scorso anno a Venezia è stata la prima volta che ho vinto un premio in un grande festival cinematografico. For-se il cinema ha compreso il valore di premiare opere che fuoriescono dai canoni costitutivi, per così dire classici, della Settima arte. Un segnale chiaro e di straordinaria importanza per il mondo delle arti dello spettacolo, ancora troppo spesso comodamente sedute all’interno dei propri confini disciplinari.

Quale il ruolo del pubblico in generale per una performance di danza contemporanea, e quale nello specifico qui per il suo Le bal de Paris?
Una delle cose che mi ha sempre affascinato è condividere la danza con un pubblico più ampio possibile e sono sempre alla ricerca di nuovi modi e nuove forme per diffondere la danza. Inoltre servirmi di queste nuove tecnologie mi permette di incontrare una larga fetta di pubblico che potrebbe anche non andare mai a vedere un normale spettacolo di danza. Mi piace che lo spettatore sia partecipe in prima persona; l’idea che danzi è sempre stata fondamentale per me, per questo mi dedico alla creazione di opere immersive e interattive. Quando creo un’opera non penso quasi mai al pubblico, ma mi elettrizza il momento dell’incontro tra l’opera e lo spettatore; il preciso momento in cui posso osservare le diverse reazioni è molto appassionante, un’esperienza unica. Le bal de Paris provoca risposte inaspettate da parte del pubblico. Sto imparando molto da questa creazione, sono stata sorpresa dalle diverse sensazioni e reazioni che suscita in persone di tutte le età. È davvero stimolante questo.

Quando creo un’opera non penso quasi mai al pubblico, ma mi elettrizza il momento dell’incontro tra l’opera e lo spettatore; il preciso momento in cui posso osservare le diverse reazioni è molto appassionante, un’esperienza unica

Entriamo nello specifico dello spettacolo: quale la genesi del progetto? E quale il processo di creazione fisica e virtuale?
La genesi del progetto risale a quando hanno iniziato ad esistere i film immersivi a 360 gradi. Il canale televisivo ARTE mi ha chiesto di realizzare un cortometraggio di danza utilizzando appunto questa tecnologia. È successo dieci anni fa e all’epoca ha avuto un discreto successo negli ancora pochissimi luoghi in cui era possibile sperimentarlo. Volevo però compiere un passo in più, perché anche se in quell’esperienza lo spettatore era al centro della coreografia, non vi partecipava ancora attivamente. L’obiettivo era quello di creare uno spettacolo in cui lo spettatore fosse uno dei personaggi dell’opera e a sua volta fosse in contatto con i danzatori in carne e ossa. Ho intrapreso il progetto de Le bal de Paris quattro anni fa, all’inizio del 2018. È stato molto complicato finanziare una produzione così ambiziosa e convincere i potenziali coproduttori che l’allestimento era realizzabile. Siamo riusciti a ottenere i finanziamenti che ci mancavano per portare a termine il progetto solo nel bel mezzo della pandemia, dopo oltre tre anni. È servito un anno per selezionare lo studio in grado di mettere la tecnologia al servizio del progetto, diversi mesi per fornire una prova di concetto ai potenziali co-produttori e due anni per realizzare le animazioni 3D. In seguito ci siamo dedicati alla registrazione della musica e delle voci in ben cinque lingue diverse. Abbiamo realizzato una prima versione di cui abbiamo presentato un’anteprima a Natale 2020, in piena pandemia, a Madrid presso il Teatros del Canal di cui sono direttore artistico, dove, con il sostegno del governo regionale, si è deciso di non chiudere le sale. Abbiamo applicato un protocollo molto rigoroso: gli spettatori erano come cosmonauti, coperti dalla testa ai piedi, con speciali misure di disinfezione tra uno spettacolo e l’altro. Da quel momento abbiamo continuato a lavorare per migliorare tutti i contenuti e risolvere i problemi tecnici, fino a presentarlo finito alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2021. Questa versione è stata presentata in anteprima a Chaillot nell’ottobre 2021. Il risultato è esattamente quello che avevo sognato all’inizio e credo che sia l’unico spettacolo di questo genere.

Diosas y demonias

Avatar e virtualità. Con quale grande ballerina/ ballerino vorrebbe fare un passo a due?
Ho avuto la fortuna di danzare un passo a due con la grande star del flamenco Andrés Marín per il mio spettacolo Poeta en Nueva York (2007); ci siamo esibiti più di cento volte. Poi ho deciso di creare un passo a due con la stella del balletto classico Maria Alexandrova del Ballet Bolchoï per Diosa y Demonias (2017), anche questa un’esperienza incredibile, in cui eravamo ciascuna al massimo della nostra capacità interpretativa, unite al servizio di coreografie che sono riuscita a creare ad hoc per entrambe. Abbiamo concluso la tournée al New York City Center. Ora, perché no, potremmo fare un paso a dos con il direttore Wayne Mc Gregor!

McGregor presenta la sua Biennale Danza senza limiti

Sede centrale La Biennale di Venezia