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Plasmare la lava

Padiglione islandese, l’architettura in sinergia con le forze geologiche
di Marisa Santin
trasparente960

Con Lavaforming, l’Islanda porta alla Biennale un esperimento visionario: usare la lava come materiale da costruzione, trasformando una minaccia in risorsa. Ne parliamo con la curatrice Arnhildur Pálmadóttir.

Arnhildur Pálmadóttir, fondatrice di s.ap architects, è specializzata in sostenibilità e circolarità nel campo dell’edilizia. È apprezzata per l’approccio interdisciplinare e multiprospettico ai progetti cui si dedica. Gestisce inoltre la filiale islandese della società danese di architettura e innovazione Lendager. Nel 2024 ha ottenuto il Nordic Council’s Environmental Award per la collaborazione interdisciplinare nella progettazione architettonica e per l’attenzione dedicata ai materiali da costruzione riciclabili.

L’idea di utilizzare i flussi di lava come materiale da costruzione ridefinisce il nostro modo di pensare al rapporto tra esseri umani, natura e architettura. In che modo questo approccio si inserisce nella più ampia discussione avviata da Carlo Ratti?
Stiamo esplorando le potenzialità di un materiale da costruzione inedito, lavorando direttamente sulla lava, senza mescolarla al cemento. Il progetto è insieme una proposta concreta e una metafora della necessità di ripensare pratiche edilizie ed estrattive dannose per l’ambiente.
Al cuore di Lavaforming c’è però anche un’idea più ampia: quella delle comunità che si riappropriano delle risorse offerte dalla natura, disponibili letteralmente “sotto i loro piedi”, imparando a sfruttarle e a governarle attraverso tecnologie di larga scala. La nostra azione si inserisce in un fenomeno naturale millenario e primordiale, integrando tecnologia, intelligenza artificiale, intelligenza umana e processo decisionale collettivo. Per tutte queste ragioni, quindi, ritengo che Lavaforming incarni pienamente il tema proposto da Carlo Ratti per questa Biennale.

lavaforming arnhildur palmadottir
Geldingadalir, 2021 © Thrainn Kolbeinsson

Ratti ha anche evidenziato l’importanza di chiamare a raccolta diverse discipline attorno all’architettura. In che modo questa disposizione aperta verso altri saperi si riflette sul vostro processo curatoriale?
Il nostro team interdisciplinare, guidato da s.ap architects, include architetti, designer, scrittori e tecnici. Lo scrittore André Magnusson ha contribuito, ad esempio, a fornire una narrazione sul futuro che stiamo immaginando.
Abbiamo lavorato anche con Jack Armitage, un tecnico e programmatore con una formazione musicale. A proposito di interconnessioni, una delle esperienze che ho amato di più di questo progetto è stata la collaborazione che ho avviato con mio figlio, neolaureato la cui competenza nella visualizzazione 3D ha prodotto e fornito un rilevante valore aggiunto alle mie competenze specifiche. Questa visione intergenerazionale è stata fondamentale per il buon esito del progetto, così come il nostro sguardo verso il passato, attraverso il quale abbiamo attinto a molti racconti in prima persona attorno alle eruzioni dimenticate dell’Islanda. Il progetto mira, quindi, a colmare i divari generazionali collegando passato e futuro, concentrando la propria attenzione su come e in quale misura gli eventi odierni potrebbero influenzare il nostro territorio, e l’ambiente in generale, nel prossimo secolo.

Come viene presentato il progetto ai visitatori?
Il nostro obiettivo è di riacquisire la capacità di controllo sulla lava, utilizzando dati scientifici provenienti dai modelli di flusso di lava utili per poter meglio progettare la città del futuro. Siamo partiti da una situazione reale in Islanda, ovvero la sfida infrastrutturale posta dall’attività vulcanica vicino a Reykjavík, in particolare a Reykjanes, un’area interessata da frequenti fenomeni eruttivi. Da qui abbiamo immaginato una città nel 2150, un espediente che ci ha permesso di riflettere su come potrà evolvere l’area nel prossimo secolo. Il progetto prende la forma di una mostra multimediale, combinando elementi digitali e fisici.
I visitatori seguiranno un percorso che inizia con un film di animazione che restituisce la nostra visione di una possibile evoluzione nei prossimi cento anni. Accanto ad esso, i test sui materiali consentiranno ai visitatori di entrare tangibilmente nei nostri esperimenti, mentre una grande parete che riproduce dei pannelli di controllo presenterà alcune simulazioni scientifiche basate sui dati che abbiamo raccolto. Il Padiglione permette di passare dal presente al futuro creando un leggero disorientamento temporale.
I visitatori vivranno una narrazione immersiva fatta di immagini, video, test sui materiali e approfondimenti scientifici.

lavaforming islanda
Litli-Hrútur eruption in Iceland, July 2023 © Thrainn Kolbeinsson

Quali avanzamenti tecnici state esplorando per sfruttare questo elemento estremo e apparentemente incontrollabile come materiale da costruzione e come ne state testando il potenziale?
Abbiamo testato materiali fuori sito, collaborando con il Lava Show, uno spazio espositivo che fonde lava come forma di intrattenimento per i turisti. Anche se idealmente vorremmo lavorare in loco – cosa assai difficile attualmente – questi test controllati sono fondamentali per il progetto. La lava si comporta in modo diverso a seconda di come si raffredda, trasformandosi in materiali come il basalto o in forme simili al vetro. Queste variazioni ci forniscono una gamma di materiali utilizzabili poi nella costruzione.
Abbiamo anche sperimentato con la stampa 3D, utilizzando polvere di basalto così come la lava fusa. Questi test su piccola scala sono il punto di partenza per espandere le nostre indagini al fine di poter lavorare in futuro con la lava in tempo reale.

Quali sono le implicazioni politiche di Lavaforming, in particolare per quanto riguarda i diritti di proprietà, e come i governi o le comunità potrebbero gestire questo nuovo materiale?
La dimensione politica è stata parte integrante del nostro progetto sin dall’inizio. Siamo critici nei confronti dei sistemi esistenti – in particolare del sistema abitativo, sempre più intrecciato con modelli economici orientati al profitto. In Islanda, ad esempio, nel 2012 è stata proposta una nuova costituzione. Sebbene non sia mai stata adottata, contiene un’idea in particolare si è distinta tra le altre: quella secondo cui le risorse provenienti dal suolo dovrebbero appartenere collettivamente al popolo e non a società private. Un’idea, per ora un intento, che ha influenzato profondamente il nostro approccio al progetto, perché ribalterebbe le tradizionali concezioni di temi quali la scarsità e il valore, offrendo alle comunità l’opportunità di riappropriarsi delle proprie risorse.

padiglione islanda
Geldingadalir, 2021 © Thrainn Kolbeinsson

Il progetto è destinato a essere ampliato a livello globale? State già pianificando future collaborazioni al di fuori dell’Islanda?
Stiamo esplorando collaborazioni in luoghi come le Hawaii e Lanzarote, dove esistono flussi di lava lenti simili a quelli di Reykjanes. Pur concentrandosi sulla lava, il progetto affronta sfide globali quali l’uso eccessivo dei materiali, l’inquinamento e i cambiamenti climatici. Mostrando quanto e in quali modalità una minaccia locale come la lava possa diventare una risorsa, speriamo di riuscire ad ispirare le comunità in tutto il mondo a ripensare le proprie sfide locali come vere opportunità di resilienza e innovazione.

Qual è a suo avviso lo stato dell’architettura oggi e quale pensa sia il ruolo che gli architetti dovrebbero assumere nella trasformazione di paradigma proposta da Carlo Ratti?
Gli architetti hanno un grande potenziale da esprimere, e direi anche una responsabilità unica da assolvere, sul terreno della trasformazione, potendo con il proprio sapere e mestiere più di molti altri professionisti visualizzare futuri possibili plasmando gli spazi del Pianeta che abitiamo. Il nostro progetto, ambientato in un futuro lontano, ma non così troppo distante in fondo, ci permette di guardare avanti riflettendo profondamente sul presente. In questa direzione un approccio interdisciplinare che abbini collaborazione reale e simulazione è assolutamente essenziale. Gli architetti eccellono nel vedere il quadro generale e nel connettere diversi campi, il che ci posiziona in prima linea nella sfida della progettazione. Dobbiamo però spingere ancora oltre la professione, affinché possa realmente ispirare, in modo diffuso, nuovi modi di pensare e di lavorare.

Immagine in evidenza: Arnhildur Pálmadóttir © Aldís Pálsdóttir

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