Della luce e dell’oblio

Il coreografo e performer Saburo Teshigawara riceve il Leone d'Oro alla carriera della 16. Biennale Danza
di Loris Casadei
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La Biennale di Venezia e il direttore del settore Danza Wayne McGregor hanno attribuito il Leone d’Oro alla carriera del 16. Festival al coreografo e danzatore, pittore, scultore, disegnatore giapponese Saburo Teshigawara, che riceverà il premio sabato 23 luglio alle ore 12 al Teatro Piccolo Arsenale, insieme al Leone d’Argento, la coreografa e bailaora Rocío Molina.

Coraggioso, straordinario, sensibile ed elettrizzante, Saburo Teshigawara ha ispirato, sfidato e galvanizzato molte generazioni di artisti […] Il suo spirito pionieristico, la sua immensa tecnica e la sua padronanza di mezzi danno luogo a lavori che oltrepassano i confini scivolando attraverso i generi (Wayne McGregor)

Occidente e Oriente si con-fondono nella danza di Saburo Teshigawara (Tokyo, 1953), movimento, performance e arte convivono. La radice sanscrita della parola “Tan”, da cui l’italiano “danza”, emerge nel suo significato originario di tensione. Dice Saburo: «il moto delle mani, delle spalle, della testa, del busto crea scie piene di gesti non contabili, di dettagli innumerevoli, come nella realtà». Come in Glass Tooth, portato in scena a Roma nel 2006, dove i due danzatori perdono continuamente l’equilibrio su un piano scivoloso in vetro pieno di cocci taglienti.
Docente alla prestigiosa Tana Art University, nei pressi di Tokyo, insegna scenografia e danza in quella che è definita a tutti gli effetti una “Bauhaus orientale”, vero epicentro di sperimentazione nel campo delle arti. Già nel lontano 1985, Saburo si fece seppellire per un’intera giornata nella sabbia sino alla testa in riva a un fiume per poter comprendere la relazione tra corpo, terra e aria. In tutte le sue rappresentazioni è presente l’esplorazione del corpo come “sostenitore del vuoto”, animato da continue e variegate correnti esterne. I suoi non sono eventi teatrali, ma reali esperienze sensoriali, in cui il simbolismo conta più della narrazione.

Tistane und Isolde, Rihoko Sato, Saburo Teshigawara

Nel 1985 fonda con Key Miyata la compagnia Karas (corvo), che nella cultura giapponese è il messaggero divino che simboleggia il buon auspicio, ma anche la gratitudine e l’amore familiare. In tutte le scenografie di Saburo la luce e la musica svolgono un ruolo vitale, dando forma per prime allo spazio della rappresentazione. Il movimento dei danzatori sembra riflettere e dipendere, infatti, dalla stessa percezione che i loro corpi hanno della luce e della musica. Nel corso di una giornata di studio nel 2013 a Padova, in occasione della presentazione di Sculture d’aria al Comunale di Ferrara, uno dei relatori, riferendosi a come Saburo spiegava il suo amore per il fumo, per il vapore, per «l’effusione del corpo nell’aria, una sorta di corpo celeste che appare e scompare, come in un ciclo di morte e rinascita», ha accostato il performer giapponese a Bob Wilson per l’uso della luce. Cristina Grazioli dell’Università di Padova, tra le massime studiose della luce in scena, pose una domanda proprio su questo tema e il maestro Teshigawara le rispose: «creare con la luce e con il buio significa per me contemplare molteplici procedimenti… Si tratta essenzialmente dello stato fondamentale dell’espressione: cioè di pensare l’apparizione di qualcosa dal nulla, dell’occultamento di ciò che esiste e di come rivelare tale apparizione. Svelare ciò che si vuol far apparire, come uno scultore che scava una forma da una materia».

Bones in Pages, Saburo Teshigwara The House of Dance, Stockholm, Sweden

Di Saburo va ricordata in particolar modo l’attività di coreografo per i grandi teatri internazionali, dall’Opera de Paris, al Bayerisches Staatsballet di Monaco, alla Fenice – suo è Dido and Aeneas del 2010 –, o ancora alla Triennale di Milano con un originalissimo Tristano e Isotta nel 2020, dove i due corpi dei danzatori si avvicinano continuamente, pur non facendosi mai un’entità unica, «senza separazione, teneramente soli», ‘immersi’ nel mare simbolico della scenografia a rappresentare la profondità dell’animo umano. Alla Biennale Danza lo avevamo visto nel 2004: Bones in Pages ci aveva affascinato con i suoi movimenti minimali, dita che vibravano come tremolii, come piccole onde che si creano nell’acqua, gli sprazzi di luce che rivelano gli oggetti in scena, la voce del vento che regna nel silenzio e l’apparire e scomparire degli oggetti manovrati dalla luce. Premiato con il Leone d’Oro alla carriera dal direttore del settore Danza Wayne McGregor, Saburo inaugurerà il prossimo Festival il 22 luglio al Teatro Malibran con la prima assoluta della sua Petrouchka, rivisitazione dell’opera di Michel Fokine per i Ballets Russes, in cui danzerà con la sua compagna di sempre, Rihoko Sato.

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