Progetti d’eccellenza

Pasticceria Giotto, storia di una scommessa stravinta
di Fabio Marzari

Matteo Concolato ci racconta Pasticceria Giotto, progetto sociale nato all’interno del carcere Due Palazzi di Padova in cui si produce uno dei più blasonati panettoni della tradizione dolciaria italiana.

Pasticceria Giotto da tempo è divenuta una realtà importante e riconosciuta unanimemente nell’ambito della pasticceria d’alta gamma e il laboratorio professionale del carcere sforna dolci secondo i dettami della migliore tradizione. Loro punto di eccellenza è da sempre il panettone, che si colloca tra i migliori al mondo nelle classifiche gastronomiche. Rappresenta un’occasione ghiotta nel periodo natalizio la possibilità di parlare del loro prodotto iconico e di molto altro ancora con il maître pâtissier Matteo Concolato, responsabile della Pasticceria Giotto al Due Palazzi.

Quali le specialità del vostro laboratorio?
Ci occupiamo di pasticceria a 360 gradi, tuttavia nel corso degli anni i nostri prodotti di punta sono diventati i grandi lievitati da ricorrenza, come i panettoni a Natale e le colombe a Pasqua. Abbiamo in catalogo nove diversi panettoni, un ventaglio di gusti che spaziano dal classico tradizionale a quello al cioccolato, al gianduia-amarena e ancora a gusti un po’ più sperimentali come pescaalbicocca- lavanda o mandarino-zenzero-gelsomino. La lavorazione è interamente artigianale; per fare un panettone impieghiamo circa 72 ore di lavoro, tra lievitazione e tempi di riposo. C’è bisogno di almeno una notte di riposo, una volta sfornato, prima di essere confezionato. La produzione del panettone si inizia il primo giorno, intorno alle 10.30/11 col primo impasto di farina, lievito, tuorli d’uovo, burro. Va fatto lievitare una notte a temperature basse; la mattina seguente, alle 4, si prende il pre-impasto e lo si mette a lavorare aggiungendo i caratterizzanti, uvetta, cedro, altro zucchero, burro, tuorli. Questo secondo impasto verrà pesato, pezzato e messo negli stampi e fatto lievitare una seconda volta fino a 7 ore e poi infine cotto per 1 ora in maniera dolce, a bassa temperatura, per poi essere sfornato e messo a testa in giù per altre 12 ore. Siamo orgogliosi di essere considerati tra i migliori e sappiamo bene che, al di là del lavoro artigianale e della passione, alla base di questa produzione di alta qualità c’è una ricerca, una selezione delle migliori materie prime quanto mai fondamentali per ottenere un buon risultato finale. Cerchiamo nel mercato il burro migliore, le uvette e i canditi in grado di aggiungere quel tocco unico al nostro panettone. Quando due anni fa abbiamo svolto una ricerca sulle qualità del burro da utilizzare per la nostra produzione, ne abbiamo trovati 12 potenzialmente adatti. Dopo aver fatto un primo test di ingresso se così si può dire di ingresso, siamo poi passati al test di produzione, fase in cui abbiamo individuato quello ritenuto migliore e più idoneo all’uso. L’artigianalità è un valore aggiunto importante, ma serve rigore scientifico per far rendere al meglio i vari ingredienti.

Tutta la vostra produzione avviene all’interno del carcere?
Il nostro laboratorio è situato all’interno del Due Palazzi. Attualmente sono occupati 48 detenuti; 12 di noi tutte le mattine entrano a lavorare in carcere, tra cui 4 maestri pasticcieri, un responsabile della logistica, uno degli acquisti, un addetto al controllo qualità, oltre al nostro ufficio sociale con una psicologa che si occupa di monitorare gli inserimenti dei detenuti. Siamo una squadra affiatata, anche se c’è un turn-over molto significativo per quel che riguarda i detenuti coinvolti nella produzione: da gennaio abbiamo inserito 29 persone nuove su 48 addetti complessivi, un numero rilevante. In più, da un anno a quello successivo la squadra può cambiare completamente, bisogna quindi formare ogni volta tutti gli addetti. Inoltre va detto che le persone coinvolte provengono davvero da tutto il mondo; lavoro qui da nove anni ormai, ho avuto modo di confrontarmi con persone di ogni nazionalità, con età che spaziano dai 22 ai 60 anni, davvero un campionario di varia umanità.

Come si creano i rapporti con i detenuti, persone che hanno comunque un vissuto complicato alle spalle?
Si interagisce con loro mettendo a disposizione le nostre competenze. Noi siamo ad operare fisicamente dentro una struttura di pena per contribuire ad aiutare i detenuti a rifarsi una vita attraverso il lavoro. Questo è il nostro modo di dare concretamente una mano a queste persone disagiate. Il lavoro implica tutta una serie di insegnamenti e di regole, a partire banalmente dal rispetto delle stesse. Il primo turno di lavoro inizia alle 4 del mattino, l’ultimo finisce alle 17. Prima delle Feste, con gli straordinari, arriviamo anche a lavorare fino alle 19. Il nostro lavoro è cadenzato dalle regole della vita carceraria; la nostra autonomia è necessariamente sottoposta alle esigenze della vita di un istituto di reclusione. Per intenderci, ci chiudono e ci aprono i cancelli gli assistenti di polizia.

Tornando ai panettoni…
Abbiamo iniziato a occuparci di panettoni nel 1990, quindi c’è una certa esperienza alle spalle. Tuttavia per un artigiano la difficoltà, se si lavora nell’alta pasticceria, è mantenere uno standard qualitativo elevato. Noi abbiamo portato un modello alto di processo produttivo, per cui dal primo panettone sfornato all’ultimo la qualità viene sempre garantita, ma una delle componenti più importanti è giocata dal lato umano, da chi lavora con noi. La sfida più grande per noi è infatti quella di far appassionare le persone che entrano a far parte della produzione e lo facciamo con il nostro stesso esempio. Tutte le mattine entriamo in carcere e, prima di entrare in laboratorio, passiamo attraverso ben 14 cancelli, che non è proprio come strisciare un badge per aprire una porta. Magari una persona che si è fatta dieci anni di carcere e mi vede entrare ogni giorno potrebbe chiedersi chi me lo faccia fare; questo lo pensa però il primo giorno, il secondo, ma poi già al terzo forse inizia a capire che il nostro progetto è una scommessa valida, importante, e passo dopo passo si appassiona a questo mestiere anche grazie alla qualità che si invera in un prodotto fatto con le sue mani per finire nelle tavole imbandite delle Feste. Tanta roba!

Come è cambiato il gusto del pubblico?
Il panettone classico è sempre quello che va per la maggiore, però si registra una crescita significativa verso i gusti più particolari. Molti clienti ad esempio amano e consigliano il panettone pesca-albicocca-lavanda. Ogni due anni sviluppiamo un panettone nuovo, un gusto nuovo. Ho appena finito di sperimentare due nuove ricette; quindi nel 2023 raddoppieremo le novità, che per ora non svelo.

Perché Giotto ha deciso di puntare sul panettone?
Serve fare un salto temporale di 17 anni, all’inizio di questa avventura. Non avendo un negozio fisico, essendo nata l’idea all’interno del carcere, non c’era la possibilità di lavorare in maniera continuativa durante tutto l’anno, quindi si è scelto di iniziare a lavorare nei periodi legati alle ricorrenze natalizie e pasquali. La scelta, e direi la sfida, è caduta subito sul panettone e su come realizzarlo al meglio, sradicando il pregiudizio del pubblico dei consumatori che vedevano il carcere come un limite alla qualità. Abbiamo puntato da subito sull’eccellenza, trovando la collaborazione di importanti maestri pasticcieri con molti anni di esperienza alle spalle in ambiti importanti, come Lorenzo Chillon, responsabile dei grandi lievitati, che segue il progetto dalla nascita, o Ascanio Brozzetti, responsabile della pasticceria fresca, con dodici anni di esperienza nel gruppo Alajmo, alle Calandre. Si è così creato nel tempo un collaudato gruppo di lavoro.

E Matteo Concolato?
Lavoro con Giotto da nove anni, dopo un’esperienza nelle più importanti pasticcerie del centro storico di Padova: un anno da Graziati e dodici da Breda. Lavorare nelle pasticcerie storiche del centro mi ha formato, regalandomi un ventaglio di conoscenze importanti che ho messo a frutto in Giotto. Sono sicuro che prima o poi sbarcheremo anche a Milano, la “capitale del panettone”; intanto siamo fisicamente in corso Milano a Padova con una nostra esclusiva pasticceria, in cui dalla colazione del mattino alla sera si possono trovare tutte le nostre proposte fresche e di biscotteria. Abbiamo anche una gelateria in via Roma.

Come scegliete i vostri collaboratori?
Tra coloro che hanno una condanna penale definitiva c’è la possibilità di fare domanda per poter lavorare con noi. I soggetti vengono sentiti da uno psicologo che ne traccia dei profili. Interviene poi anche uno psicologo della nostra cooperativa. I selezionati cominciano ad operare attraverso un tirocinio di sei mesi. Se tutto va bene dopo i sei mesi la persona viene assunta con un contratto di lavoro che rispetta i termini del Contratto Collettivo Nazionale, alla pari di come avviene per omologhi impieghi al di fuori del carcere. Questo perché serve dare un valore economico al lavoro per cercare di contribuire a dare piena attuazione anche alla funzione rieducativa della pena. Sono tutti regolarmente assunti i nostri lavoratori.

Ultima cosa, non si è mai nominato il pandoro…
Da bambino mi piaceva il pandoro, ma poi mi sono convertito al panettone, tutta la vita!

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