Ricordare è… necessario

Compie 25 anni la legge istitutiva del Giorno della Memoria
di Renato Jona

27 gennaio, una data che aiuta le nuove generazioni (e non solo) a non dimenticare lo sterminio e le persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, «Giorno della Memoria», al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte… (Legge 211 del 20 luglio 2000)

Quest’anno la legge istitutiva del Giorno della Memoria, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, compie 25 anni, essendo stata emanata il 20 luglio 2000. Incredibile: un quarto di secolo!
Ma la sua utilità non è venuta meno. Anzi. Considerata la situazione in cui viviamo ogni giorno: basta aprire un giornale o vedere un telegiornale ed è sufficiente ascoltare i capziosi ragionamenti di alcuni politici, possibilmente espressi gridando.

Ogni giorno che passa, la necessità di questa legge si mostra più evidente. Appunto per questo motivo questa legge, stesa in forma breve, essenziale, efficace, straordinariamente lungimirante non può e non deve essere tirata fuori dal cassetto soltanto una volta all’anno, il 27 gennaio, quasi come un rito obbligatorio, osservato per rispettare e attuare il suo secondo articolo che indica “come” si deve ricordare. Deve essere tenuta viva tutto l’anno, ogni giorno, affinché (e questo è lo scopo della legge) “mai più” possano verificarsi i tragici eventi per cui è stata emanata.

Il testo legislativo in caso di inosservanza non prevede sanzioni!
Evidentemente gli estensori hanno valutato sufficiente, per raggiungere lo scopo di rammentare e far ricordare i tragici eventi accaduti, la sensibilità dei cittadini, il ricordo del passato e la presenza della Costituzione che, quale legge fondamentale, in modo chiaro ed inequivocabile, ci ricorda in ogni momento chi siamo e cosa dobbiamo non essere.
E proprio il testo legislativo per essere correttamente attuato richiede serietà e preparazione, conoscenza approfondita dei fatti passati che hanno portato proprio nel nostro Paese ad una guerra fratricida, con i conseguenti lutti, le privazioni, i dolori che ogni guerra porta con sé.

Se vogliamo che quel passato resti ormai un fatto storico, negativo, tragico e che nessuno, neanche in buona fede, si allontani dal pensiero democratico, conquistato a caro prezzo nel 1945, dobbiamo lavorare in ogni campo, tutto l’anno, giorno per giorno ricordare alle nuove generazioni i valori democratici di cui godono, spesso senza rendersene conto.
Il dovere è nostro e di tutte le istituzioni formative preposte, senza mai dare nulla per scontato, senza mai perdere occasione di approfondire, senza mai impigrirci delegando ad “altri” questo imperativo.

Il tempo è un fattore curioso della storia e della nostra vita.
Al suo interno i fattori cambiano rapidamente, senza che quasi ce ne accorgiamo o ne prendiamo coscienza. Trascurare questo fatto può essere pericoloso.
Ecco forse il motivo per cui la legge sul Giorno della Memoria è stata emanata in Italia nel 2000, ben 65 anni dopo la Liberazione.

Terminata la guerra, evidentemente, la memoria era fresca: le persone erano rimaste segnate profondamente dai tragici avvenimenti del 1942-1945. Si è vissuto qualche anno cercando di dimenticare le sofferenze, di ricostruire materialmente ciò che era andato distrutto. Le nuove generazioni dell’epoca imparavano in famiglia gli avvenimenti del recente passato, senza che occorresse un ricordo collettivo. Ma a quelle generazioni ne sono succedute altre, che hanno fruito direttamente del benefico sistema della democrazia. C’è stata poi anche l’epoca dei tentativi di inquinarla, ma il sistema democratico ha “tenuto”. Però le generazioni hanno continuato a mutare e il legislatore ha avvertito l’esigenza di indicare la rotta da seguire, per evitare pericolosi ritorni al passato, che costituivano una minaccia crescente per i cittadini. Così ha provveduto ad emanare una apposita legge. Da allora è passato un quarto di secolo, come abbiamo osservato, 25 anni non sono pochi nella vita di una Nazione! Tante cose cambiano, tanti interessi si sviluppano e occorre incanalarli nel giusto senso. E, per quest’ultima operazione, occorre sensibilità, analisi, correttezza, studio, approfondimenti, buona fede.

Non è cosa da poco! Ma è necessario.
Il trascorrere del tempo ci fa assistere a impercettibili modifiche quotidiane. Se non si vogliono correre rischi troppo grandi, occorre sempre essere al corrente, occorre adoperarsi per creare momenti comuni di “narrazione dei fatti”, di “quei fatti” e “momenti di riflessione” soprattutto (ma non soltanto) nelle scuole di ogni ordine e grado.
Oggi il momento è delicato. I giornali segnalano sempre più di frequente “bravate” di giovani, atteggiamenti contrari alle leggi di alcuni “meno giovani”, ritorni ad un passato che comunque NON hanno neppure conosciuto, esternazioni che cozzano con principi costituzionali. Talvolta si assiste persino a qualche caso di incaricati politici che con una mano giurano sulla Costituzione democratica, repubblicana, e con l’altra manifestano intenzionalmente in senso contrario.

La conoscenza e la cultura non si impongono per legge! Sono fattori che appartengono a una costruzione quotidiana.
E una parte della colpa, confessiamolo, ricade su di noi, che non abbiamo saputo trasmettere certi valori, usando le parole giuste, al momento giusto, non ci siamo soffermati al momento opportuno per fare e far fare le opportune riflessioni.
Mi viene in mente un bellissimo libro di Nando della Chiesa, figlio del Generale, che ha dato la vita, sacrificato sé stesso e la Sua Famiglia per servire lo Stato e difendere le sue leggi. Si intitola: La legalità è un sentimento.
Mi ha fatto tante volte riflettere. Non basta la legalità, ma occorre coltivare l’educazione alla legalità. È una questione di cultura, è una sensibilità che va allenata e sollecitata.
È quindi un compito difficile, assai raffinato, complesso e profondo. Non basta la legge, il limite dalla stessa indicato, per ottenere risultati. Non basta porre un confine da non oltrepassare, ma occorre dotare il cittadino di quella attitudine, di quella attenzione, per sviluppare quella sensibilità che consenta di comprendere fino in fondo il valore della norma contenuta in questa legge. Altrimenti la “legge della memoria” può sbiadire velocemente e qualcuno che ne ha interesse potrebbe arrivare a dichiarare comodamente che ormai è una legge inutile e che non se ne avverte più l’esigenza.

Questa legge invece continua ad essere necessaria, deve essere osservata con scrupolo, convinzione e accompagnata da un sentimento se vogliamo che incida sull’educazione dei cittadini, evitando in tal modo di ricadere nei gravi errori in cui siamo incorsi in un passato non troppo lontano.

Allora, e solo allora, questa legge sarà pienamente operante e non perderà nulla del suo grande valore.

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