A settecento anni dalla morte avvenuta a Venezia nel 1324, la Città si avvia a celebrare Marco Polo, il viaggiatore che era riuscito per primo a gettare un ponte di pace e di redditizi rapporti con l’Estremo Oriente, fino a personificare il mito dell’intraprendenza commerciale, della curiosità intellettuale e della capacità nell’intessere relazioni con civiltà, culture, abitudini e lingue diverse.
Quando la fama di Marco Polo come testimone di realtà geografiche lontane veniva un poco alla volta erosa dall’evolversi di scoperte di nuove terre oltre i confini europei, il Consiglio dei Dieci stabiliva il 6 maggio del 1549 di destinare la sala di Palazzo Ducale, detta “dello Scudo”, ad un programma iconografico di teleri che ricordassero i coraggiosi viaggi e i luoghi per primi visitati da illustri veneziani. Con queste tele di grandi dimensioni, concepite per essere mostrate in uno dei luoghi più frequentati del Palazzo, si voleva dare una rappresentazione geografica d’insieme e di grande effetto di tutte le parti del mondo fino ad allora conosciute, secondo il costume che era divenuto in quel periodo usuale in altre corti europee. Oltre a questo aspetto geografico-descrittivo, ad ispirare la realizzazione delle opere era stata la necessità di promuovere un messaggio politico, reso urgente dagli eventi in quel periodo sempre meno favorevoli alla Repubblica: l’obiettivo era l’esaltazione della Serenissima con la celebrazione delle scoperte geografiche e delle imprese di viaggi dei suoi grandi figli – i Polo, i Caboto, gli Zeno, Alvise Da Mosto, Marin Sanudo e Niccolò Manucci e altri ancora – che l’avevano fatta grande oltre i confini geografici. I lavori iniziati con una prima tela dei territori nord africani, vennero affidati a Giacomo Gastaldi, piemontese, che li continuò con la rappresentazione di parte degli altri tre continenti sotto la direzione di Giovanni Battista Ramusio, Storico e Geografo Ufficiale della Repubblica, autorevole autore del volume Delle Navigationi et Viaggi, dove erano raccolte le relazioni delle nuove scoperte geografiche tra le quali Il Milione di Marco Polo. Nel giro di pochi anni, però, i teleri della Sala dello Scudo cominciarono a deteriorarsi fino a diventare alla metà del Settecento quasi del tutto illeggibili. Il Senato decise allora di farli restaurare e a questo scopo, proposto da Marco Foscarini poco prima di diventare doge, venne chiamato Francesco Griselini, personaggio dalle spiccate qualità imprenditoriali oltre che geografo, agronomo, economista, pubblicista enciclopedico, al quale vennero affidati i lavori con delibera del 14 maggio del 1761 e il compenso iniziale di quattrocento ducati.
E così può dirsi con piena verità che questa Sala sia al presente diventata una vera e nobilissima Galleria tanto riguardo alle descritte Tele Geografiche, dalle quale si vede in ogni parte coperta, quanto agli uomini di nostra Nazione tanto celebri e benemeriti per i loro memorabili viaggi in terra e in mare. Viva San Marco
Francesco Griselini, Succinta Descrizione delle bellissime Tele Geografiche, Venezia 1762
Griselini aveva già dato prova nel 1740 delle sue effettive qualità di illustratore geografico con sei tavole manoscritte titolate, nel primo foglio, Tavola idrografica della Laguna e del Mare Adriatico, che riproducevano la parte costiera dei territori tradizionalmente compresi nel Dogado Veneziano. Nel 1743 lo stesso era stato chiamato a illustrare il Thesaurus Antiquitatum Sacrarum di Biagio Ugolini, un’imponente pubblicazione edita da Giovanni Gabriel Hertz che si riprometteva di raccogliere tutto il sapere conosciuto sulla religione, i costumi, le leggi, i riti sacri e civili degli antichi ebrei e di descrivere i luoghi storici della Terra Santa e gli itinerari dei viaggiatori e dei pellegrini che l’avevano attraversata. Per promuovere tra i possibili acquirenti la diffusione della pubblicazione, messa in vendita – come usava al tempo – con il sistema di sottoscrizioni preventive, Griselini compose anche una grande mappa manoscritta – Palestina Tabula Geographica (cm 199×210) – che doveva servire da rappresentazione di sintesi dell’impresa editoriale, densa di trascrizioni dalle antiche scritture e di immagini ispirate alle notizie storiche e geografiche tratte dal Thesaurus di Ugolini. Nel 1746 l’intraprendente illustratore aveva anche esposto pubblicamente nei pressi della chiesa di San Geminiano, com’era d’uso, un suo lavoro dal titolo Esattissima e Nuova Idrografica Dimostrazione delle Lagune di Caorle, Marano e Grado […], disegno nel quale si definiva «diletante in Geometria ed in Architetura militare». Questa riduzione cartografica risultò, però, tanto simile al vero che gli procurò una severa ammonizione dai Capi del Consiglio dei X “per avervi delineati anche i Dromi – bricole – che servivan di guida all’ingresso dei porti”, informazioni ritenute troppo pericolose per la sicurezza della Repubblica.
A questi meriti si deve la scelta di Griselini per il restauro dei teleri della Sala dello Scudo, lavoro che doveva esser fatto con «tutta la necessaria diligenza e accuratezza in modo tale che copiate fedelissimamente le antiche quali erano negli originali, le presenti si possano dire quelle medesime benché rifatte». Veniva anche stabilita la condizione che l’Autore dovesse presentare prima un “modello” con il tracciato geografico e il dettaglio degli itinerari dei Polo e l’improrogabile riserva che il progetto fosse approvato dai Riformatori dello Studio di Padova, la magistratura che sopraintendeva alle pubblicazioni nella Repubblica veneziana. Griselini nel giro di poco tempo presentò la carta intitolata Indiae, Scytiae et imperii sinensis tabula geographica che per rimanere vicino all’originale, egli realizzò anche consultando la carta gastaldina dell’Asia divisa in tre parti, conservata presso la Biblioteca di San Marco. Superati questi ostacoli e convinte le magistrature competenti, per portare il “modello” (cm 129×210) con pittura ad olio alle dimensioni della grande tela (cm 280×600), Griselini si avvalse dell’opera del pittore milanese Giustino Menescardi, al quale toccò il compito di dipingere per la Sala dello Scudo anche i sette medaglioni con i ritratti dei grandi viaggiatori dei quali nei teleri si raccontavano le storie. Egli anche ravvivò tutti i dipinti popolandoli di figure e di ricchi cartigli e in particolare nella mappa dei viaggi dei Polo, con orientamento del Sud verso l’alto, come era in uso in Cina e come già usato nel mappamondo di Fra’ Mauro, inserì gruppi di guerrieri, carovane di cammelli, accampamenti di mercanti, un rinoceronte e altri animali feroci e fantastici: una quantità di deliziose immagini distribuite nei grandi spazi del continente asiatico, dove la mancanza di informazioni geografiche lasciava il campo all’immaginazione e alla suggestione delle notizie riportate nel Milione.
Una sottile pennellata gialla con la scritta «Questa linea indica i viaggi di Marco Polo», con inizio dal territorio di Samarcanda (Samarca) nel bordo inferiore destro della tela, veniva tracciata con traiettorie a volte rettilinee a volte sinuose, tra catene montuose, corsi d’acqua e estesi deserti pietrosi e di sabbia. Passava quindi per Cambalù dove era il palazzo imperiale del Gran Khan Kublai, arrivava a Paughin fino ad avvicinarsi alla Grande Muraglia e quindi raggiungeva all’estremità orientale Quinsai – l’attuale Hangzhou – la “Città celeste” sorta nell’acqua come Venezia a lungo descritta da Marco Polo. Più a sud, nel Mar della China, attraversate dal Tropico del Cancro, nella tela venivano poste le isole del Japan e Zipangù, così dove le aveva individuate il viaggiatore veneziano. La parte superiore dell’opera veniva impreziosita da un cartiglio con la scritta che riassumeva le imprese dei Polo, e la raffigurazione allegorica di Minerva – la conoscenza – che impugna l’asta con accanto un mappamondo. Nella parte inferiore, un gruppo composto dalla figura femminile della Pubblica Vigilanza che strappa dalle mani del Tempo una carta geografica. Era l’immagine del programma di conservazione per questi teleri, già annunciato nella didascalia alla base del disegno preparatorio, oggi al Museo Correr: «Modello primo eseguito da Francesco Griselini d’una delle quattro antiche Tavole Geografiche della Regia Sala dello Scudo nel Palazzo Ducale, tratto fedelmente dall’originale lacero e guasto ch’esisteva nella sala medesima, e ciò in occasione del Decreto emanato dall’Eccellentissimo Senato a 14 Maggio 1761, col quale fu ordinato il rifacimento d’esse Tavole in pittura ad olio, sotto l’ispezione degli Eccellentissimi SS Riformatori dello Studio di Padova». Di seguito vennero restaurate le altre tre mappe: l’Egitto con la Terra Santa, la vasta area da Costantinopoli fino alle Indie Orientali, il Mediterraneo dove al centro troneggia una lussuosa e imperiosa personificazione di Venezia. Per completare la Sala vennero aggiunte tre soprapporte, con il Mar Rosso, le Isole di Capo Verde, il nord Europa con la Groenlandia e Terra Nova, ognuna con le imprese dei viaggiatori veneziani che le avevano esplorate. Con un compenso finale di 1800 ducati d’oro, il restauro completo delle mappe della Sala dello Scudo venne presentato con comune compiacimento al Doge e alle supreme magistrature della Serenissima il 24 dicembre del 1762.
Francesco Griselini, instancabile genio, continuò il suo operato come divulgatore scientifico con tante altre imprese editoriali nell’ambito della storia naturale, botanica e agricoltura e dopo aver scritto commedie, fondato riviste e pubblicato un Dizionario delle arti e de’ mestieri – una sorta di enciclopedia illustrata in linea con i modelli francesi dell’epoca – finì la propria vita nel 1787 all’ospedale Fatebenefratelli di Milano, affetto da malattia mentale. La sua opera e la storia di Marco Polo tornano oggi all’attenzione perché proprio dalla Sala dello Scudo e negli ambienti dell’appartamento del Doge dal 6 aprile sarà ospitata una grande mostra dedicata al viaggiatore veneziano, voluta dal Comune di Venezia e curata da Giovanni Curatola. Il viaggio con Marco Polo continua.