Una vita per il cinema

I mille volti di Giacomo Casanova sul grande schermo
di Andrea Zennaro

Una rassegna di film, registi e attori che hanno rivisitato la figura del grande Seduttore veneziano, tra mito e realtà.

Dichiaro anzitutto al mio lettore che per quello che ho fatto di buono o di cattivo durante la mia vita sono certo d’essermi guadagnato tanto meriti quanto demeriti e posso perciò ben credermi libero

Giacomo Casanova

La maschera iconica di Giacomo Casanova, emblema di trasgressione sessuale peccaminosa, è stata reiterata più volte dal medium cinematografico, spesso avendo come quinta il lussurioso Carnevale veneziano, con tutta la sua promiscuità godereccia e quell’atmosfera enigmatica. L’autobiografia le Mémoires de J. Casanova de Seingalt, écrits par lui-même, stilate a Dux e pubblicate postume, che creò quell’aura mitologica attorno alla figura dell’avventuriero veneziano, spinse sceneggiatori e registi a confrontarsi con questo personaggio storico, declinando anche opere letterarie derivate ed ispirate alle sue imprese. Il grande divo del periodo del muto, il russo Ivan Mosjoukine, nel film Casanova del 1927 diretto da Aleksandr Volkov, impersona l’avventuriero fulgido ed affascinante posto in uno scenario maestoso da kolossal: prodotta dalla società francese Ciné-Alliance e recentemente riportata allo splendore del tempo da un minuzioso restauro, quest’opera ci narra per immagini le memorie di Casanova, mostrandoci scenari e situazioni di grande impatto visivo. L’aspetto più avventuroso e fosco lo si può ritrovare nel film cappa e spada Il cavaliere misterioso diretto nel 1948 da Riccardo Freda: qui un giovane Vittorio Gassman si cala nella figura casanoviana, districandosi tra congiure di palazzo, amori furtivi e viaggi rocamboleschi. E, rimanendo nell’ambito cappa e spada, nel 1938 Nerio Bernardi diventa Casanova per il regista Ferdinando Maria Poggioli che dirige Arma bianca, da un soggetto del commediografo Alessandro De Stefani. Qualche anno dopo, nel film tedesco Le avventure del barone di Münchausen (1943), prodotto dall’Ufa su diretta richiesta di Goebbels e girato con il sistema a colori Agfacolor, ritroviamo il ‘nostro eroe’, interpretato dall’attore Gustav Waldau nella sequenza girata a Venezia.

Da sup sx: Heath Ledger (Casanova, 2005), Bob Hope (La grande notte di Casanova, 1954), Marcello Mastroianni (Il mondo nuovo, 1982), Fabrizio Bentivoglio (Il ritorno di Casanova, 2023), Tony Curtis (Casanova & Company, 1977)

Ma la trasposizione più azzardata e dirompente della scrittura di Casanova la dobbiamo alla mano di Federico Fellini, affabulatore per eccellenza (ma non lo era forse anche il veneziano?), che trasfigura l’immagine del seduttore portando sullo schermo un uomo decadente, misogino ed impotente, specchio della società e dei luoghi da lui vissuti. Il volto di Donald Sutherland viene pesantemente truccato per assomigliare il più possibile ad un Casanova ormai avanti con gli anni, che deve fare i conti con il decadimento fisico e lo spettro della morte. Tutti i set, compresa la Venezia carnevalesca, furono, come di consueto, ricostruiti nello Studio 5 di Cinecittà con la direzione di Danilo Donati restituendo allo spettatore quella dimensione onirica tipica dei film del regista riminese, anche grazie ai disegni della lanterna magica di Roland Topor.
Fellini lesse più volte Le pietre di Venezia dell’inglese John Ruskin e Il desiderio e la ricerca del tutto di Frederick Rolfe (Baron Corvo) che servirono da ispirazione per alcuni aspetti della sua opera, che si discosta molto dalla rappresentazione canonica di Casanova. Stranamente, Fellini non prese in considerazione il lavoro dell’autore austriaco mitteleuropeo Arthur Schnitzler, Il ritorno di Casanova, che ebbe varie trasposizioni cinematografiche e che, in quanto a rappresentazione di decadenza, nostalgia e solitudine, aveva molto in comune con la pellicola felliniana. Il vento, elemento fondamentale nella cinematografia felliniana, pervade anche il Casanova impersonato da Sutherland, elemento naturale leggero ma non quanto la figura femminile. Tutte le ossessioni senili e le paure del decadimento fisico del Casanova felliniano le ritroviamo nell’interpretazione istrionica di John Malkovich per il film Casanova Variations del 2014, scritto e diretto da Michael Sturminger, a sua volta tratto dall’opera da camera The Giacomo Variations dello stesso regista: siamo nella commistione tra teatro, musica, cinema e metacinema in una giostra di rimandi, flashback e cortocircuiti narrativi. Un’altra interpretazione sui generis è sicuramente quella di Marcello Mastroianni ne Il mondo nuovo (1982) di Ettore Scola, che ci regala un Casanova vecchio ed emaciato in fuga verso Dux durante la Rivoluzione francese, in un’opera sperimentale nostalgica omaggio al precinema e anche ad Ombre rosse di John Ford; il fatto che l’attore avesse già interpretato un tombeur de femmes per Monicelli in Casanova 70 del 1965 non ha alcun rilievo artistico visto che il riferimento al veneziano, in questo caso, è circoscritto solo al titolo.

Da sup sx: Stefano Accorsi (Il giovane Casanova, 2002), John Malkovich (Casanova Variations, 2014), Ivan Mosjoukine (Casanova, 1927), Vittorio Gassman (Il cavaliere misterioso, 1948), Ugo Pagliai (Le evasioni celebri, 1972), Alain Delon (Il ritorno di Casanova, 1992)

A differenza di Fellini, altri registi hanno preso spunto dal lavoro di Arthur Schnitzler, le cui opere intrise di psicanalisi, erotismo e spirito perturbante furono più volte trascritte su pellicola. Due esempi su tutti sono Girotondo, portato magnificamente sul grande schermo da Max Ophüls nel 1950 (La ronde: La giostra dell’amore) o Doppio sogno adattato da Kubrick per il suo gran finale Eyes Wide Shut (1999). Con Il ritorno di Casanova Schnitzler dà la possibilità di ridisegnare la figura del seduttore veneziano ormai in declino, come una sorta di proseguimento delle sue memorie. Nel film del 2023 di Gabriele Salvatores siamo ancora in un ambito metacinematografico, in un giochi di specchi dove il protagonista, il regista Leo Bernardi, interpretato da Toni Servillo, si trova in pieno blocco autoriale, impossibilitato a terminare il suo film Il ritorno di Casanova con protagonista un alter ego Casanova/Fabrizio Bentivoglio sul viale del tramonto. Sempre dal racconto di Schnitzler del 1918, oltre all’interpretazione di Alain Delon nel film omonimo di Édouard Niermans del 1992, occorre ricordare la trasposizione per la tv di Pasquale Festa Campanile del 1978 con protagonista Giulio Bosetti e la versione teatrale degli anni Novanta con Giorgio Albertazzi. Con location che si alternano tra Padova e Venezia, il film Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano (1969) per la regia di Luigi Comencini va controcorrente rispetto alle opere succitate: qui ci si ferma ai primi cinque capitoli delle memorie e la materia è più leggera, frizzante ed ha il sapore del romanzo di formazione in un contesto illuministico. Nel film si pone il quesito se Casanova fosse realmente il figlio dell’aristocratico Michele Grimani, interpretato dal grande attore veneziano e studioso Arnaldo Momo. Un’infinità di maschere attoriali si sono susseguite a prendere i panni di Casanova, da Bob Hope a Tony Curtis, passando per il compianto Heath Ledger e poi Ugo Pagliai, Stefano Accorsi, Gabriele Ferzetti, a dimostrazione di quanto la cultura contemporanea sia rimasta influenzata in modo indelebile da questo personaggio reale e dal suo doppio immaginario.

Immagine in evidenza: Donald Sutherland, Il Casanova di Federico Fellini, 1976
RELATED ARTICLES

Un racconto di Alberto Fiorin

Casanova, Goldoni e la Massoneria

VeNewsletter

Ogni settimana

il meglio della programmazione culturale
di Venezia

VeNewsletter

Ogni settimana

il meglio della programmazione culturale
di Venezia