Alessandra Chemollo pubblica il libro fotografico Venezia alter mundus per Marsilio Arte, e svela una città inedita, senza filtri, senza maschere.
Lo Studio di Alessandra Chemollo, fotografa-architetto, confinava con la nostra Redazione e sovente capitava che il suo simpatico cocker spaniel facesse visita al nostro giardinetto, quasi per sancire un rapporto di cordialità e di buon vicinato. Frangente abbastanza usuale in una città in cui si gira liberi, senza vincoli di traffico, e in cui la socialità viene favorita dalla mobilità urbana.
Questa annotazione minimale riporta alla peculiarità di Venezia, un luogo assolutamente unico e straordinario, che ha la capacità di stupire anche gli sguardi più allenati alla quotidianità e contiguità col sublime.
Le fotografie di Alessandra Chemollo, raccolte nel suo volume Venezia. Alter mundus per Marsilio Arte, a partire dalla dedica «a chi verrà dopo di noi», testimoniano un lascito forte e un legame strettissimo con la città. Una bellezza d’insieme evocata attraverso infiniti dettagli, un indagare e indugiare con l’obiettivo per restituire la dimensione onirica di una radice incantata.
«Mundus alter Venetia dicta est»: così Petrarca definisce la città lagunare, e le fotografie di Chemollo riescono a dar voce alle “pietre” di Venezia, riportando lo sguardo sui riflessi cangianti dell’acqua e sulla mutevolezza del cielo, uscendo continuamente dal tracciato definito di confini eternamente destinati all’indeterminatezza.
È così che Venezia si tramuta in un alter mundus, visitato e raccontato nel corso dei secoli da celebri viaggiatori come Henry James, Thomas Mann, Hugo von Hofmannsthal, fino a Ian McEwan e Christopher Bollen. Immagini poste in una sequenza narrativa serrata, priva di commenti. Un’ascesa verso una vetta in cui le singole pietre convergono in una geometria del bello, accostandosi le une alle altre in una vicenda di armonia senza pari.
Nel mezzo del volume si trova il testo Immaginare Venezia di Franco Rella che accentua con la sua efficace scrittura gli scatti. «[Alessandra Chemollo] Non ha soltanto seguito i profili delle stupende costruzioni, dei monumenti e delle case che ci presenta; non ha solo inseguito l’acqua in cui affondano o si riflettono le colonne, ma ha cercato di svuotare Venezia da tutto ciò che oggi la costituisce, ma che soprattutto la maschera. La sua Venezia non ha piccioni, non ha gabbiani, non ha turisti».