Veneto Jazz porta alla Fenice l’eleganza di Damien Rice, cantautore anticovenzionale.
Canta amori, sofferenze e vita vissuta, nostalgico e malinconico come in un film di Woody Allen. Sognatore e poeta, i punti di riferimento di Damien Rice sono Leonard Cohen e Nick Drake. Il suo animo nomade lo ha portato a cantare per le strade viaggiando di città in città. Un artista dal carattere ombroso, che nel corso della sua carriera ha rilasciato pochissime interviste e che non si adegua ad alcun codice meccanico dello show-biz. Proprio per le richieste troppo esigenti della casa discografica nel 1999, poco prima di firmare un nuovo contratto, abbandona i Juniper, band con cui aveva iniziato la carriera artistica, perché fare musica «era diventato un lavoro». Decide allora di lasciare tutto, trasferendosi in Toscana per lavorare in una fattoria. Poi capisce che ha ancora molto da condividere con la musica e torna a Dublino pubblicando O, il suo primo album da solista destinato a un meritato ed inevitabile successo internazionale. «And so it is», basta questo primo breve verso per riconoscerla: The Blower’s Daughter è la canzone più celebre dell’artista, capace di emozionarci ad ogni ascolto ed emblema della sua arte.
Un concentrato di pura introspezione, in cui Damien decifrando sé stesso ci regala brani che parlano di emozioni ed esperienze che abbiamo più o meno tutti vissuto. Come lui stesso afferma, i suoi brani «parlano della gelosia, dell’insicurezza, del dolore, della frustrazione, dei fraintendimenti. Più che canzoni d’amore sono canzoni sugli esseri umani che cercano di capire l’amore, ma che alla fine non lo capiscono». Damien Rice è un artista che ha dimostrato quanto si possa avere successo restando sé stessi, senza scendere a compromessi che spesso ci allontanano troppo da quello che siamo. Fa le cose decisamente a modo suo Rice: solo tre album in vent’anni di carriera; i suoi tour sono composti da poche date, perché «troppe date tolgono energia. Preferisco non esagerare, concedermi dei giorni liberi tra un live e l’altro». Palco in penombra, lui illuminato da qualche faretto, giochi di ombre e riflessi. Nei suoi concerti punta tutto sulla semplicità, sulle emozioni e sull’empatia con il pubblico; esibizioni che restituiscono appieno il suo carattere, la sua profonda identità introspettiva. Un’atmosfera onirica e malinconica è quello che ci aspettiamo per le prossime date italiane, di cui una alla Fenice l’11 luglio firmata Veneto Jazz.