La scena è dominata da una figura femminile di altezza fuori dal normale, a piedi nudi, capelli neri fradici d’acqua, sottoveste di lycra rosa pastello. Le pupille sembrano bianche. La donna procede incerta, sostenendo un lungo palo terminante con una scarpa di piccole dimensioni. Di sottofondo rumori tipici della foresta. Così inizia l’opera. Novella Tiresia? Rabdomante in un arido deserto umano? Portatrice di un ‘emblema’ che per natura non spiega e non vuole essere spiegato, ma solo accettato? La grande madre dell’universo? O colei che ci conduce tremando verso un destino ignoto? O, ancora, una reintroduzione del simbolo nella figura della performer, la brasiliana Ana Lucia Barbosa, donna feticcio, oltre due metri di altezza, famosa per saper dare piacere e dolore («I have slaves all over the world»)?
Il titolo Domani ci può forse guidare…
Il compositore Scott Gibbons farà il suo meglio per tradurre l’incedere nervoso ed enigmatico della performer in domande dolorosamente e acusticamente inquietanti per lo spettatore.