Omnia sol temperat

Carl Orff e La Fenice in Piazza San Marco
di Fabio Marzari

I Carmina Burana diretti da Fabio Luisi nella ribalta cittadina per eccellenza. La grande classica della Fenice torna in Piazza San Marco.

Torna uno spettacolo corale in Piazza San Marco per festeggiare una ritrovata estate, e la scelta è caduta sui Carmina Burana di Carl Orff, diretti dal maestro Fabio Luisi, una delle più affermate e autorevoli bacchette del panorama mondiale, che dopo il Concerto di Capodanno alla Fenice si prende il palcoscenico più iconico che la città possa offrire per un sold out annunciato. Sabato 9 luglio alle 21 l’Orchestra e il Coro della Fenice, diretto da Alfonso Caiani con la partecipazione del soprano Regula Mühlemann, del tenore Michael Schade e del baritono Markus Werba eseguono il concerto basato su un lavoro teatrale ispirato da testi medievali. I Carmina Burana di Carl Orff fanno parte del trittico, composto in tempi diversi, che comprende anche i meno conosciuti Catulli Carmina e il Trionfo d’Afrodite. La serata è realizzata in collaborazione con il Comune di Venezia e con il supporto economico di Intesa Sanpaolo.

Carl Orff, gli studi, la musica e i rapporti con il regime nazista

Se Carl Orff non avesse trovato in un banco di libri usati la trascrizione di codici in latino e in antico tedesco, risalenti al 1225, provenienti dall’abbazia di Benediktbeuern (Bura Sancti Benedicti) e conservati nella Biblioteca Statale di Monaco, forse non avremmo mai potuto ascoltare i celeberrimi Carmina Burana, canti religiosi e profani che toccano numerosi temi, dall’amore erotico alla filosofia fino al buon cibo, legati dal leitmotiv del tempo che passa inesorabilmente. Orff crea deliberatamente una musica semplice, per coro ed orchestra, articolata intorno a dei ritmi vigorosi, dalle sonorità ricche. Ma chi era questo musicista tedesco di Monaco di Baviera, nato nel 1895 e morto nel 1982? Di famiglia alto borghese, iniziò a studiare sia il pianoforte che l’organo e il violoncello, frequentando l’Accademia musicale di Monaco fino al 1914 e perfezionandosi con H. Kaminski, musicista inviso al regime nazista e celebre per le sue molte pagine corali, vocali-strumentali e strumentali, notevoli per la profondità e la densità polifonica del discorso musicale.

Orff lavorò per l’Opera di Mannheim e di Darmstadt, rientrando in seguito a Monaco, dove insegnò per tutta la vita nella Günther-Schule e nella Hochschule für Musik. Quando presentò i Carmina Burana nel 1937 a Francoforte non ricevette un plauso ufficiale da parte del regime nazista, che mantenne un giudizio piuttosto tiepido sul lavoro, a dispetto del notevole gradimento di pubblico. Va detto che la questione è controversa, essendo stata la famiglia di Orff tutt’altro che fredda verso il regime hitleriano. Non depone a favore il fatto che la prima esecuzione in Italia dei Carmina Burana avvenne nel 1942 alla Scala, in piena guerra, segno che la terribile alleanza aveva prodotto i suoi frutti.

L’eredità dei Carmina Burana

I Carmina Burana sono dei testi poetici contenuti in un importante manoscritto del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis o Codex Buranus, proveniente dal convento di Benediktbeuern, fondato attorno al 740 da San Bonifacio nei pressi di Bad Tölz in Baviera e attualmente custodito nella Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera. Il termine Carmina Burana è stato introdotto dallo studioso Johann Andreas Schmeller nel 1847 in occasione della prima pubblicazione del manoscritto. Tale codice comprende 315 componimenti poetici su 112 fogli di pergamena decorati con 8 miniature. Sembra che tutte le liriche dovessero essere destinate al canto, ma gli amanuensi autori di questo manoscritto non riportarono la musica di tutti i carmi, cosicché possiamo ricostruire l’andamento melodico solo di 47 di essi. Di fatto non si basano su una vera e propria trama, essendo quest’opera una cantata scenica fatta – come recita il sottotitolo – di «canzoni profane per cantori e cori da eseguire col sussidio di strumenti e immagini magiche». Orff rinnegò tutte le composizioni precedenti, affermando che il suo catalogo dovesse iniziare proprio dai Carmina Burana, che andarono in scena con successo a Francoforte nel 1937. I testi, in latino, tranne 47, scritti in tedesco antico, trattano argomenti molto diversi tra loro e dimostrano la poliedricità della produzione goliardica. Si trovano i ben noti inni bacchici, le canzoni d’amore ad alto contenuto erotico e le parodie blasfeme della liturgia, ed anche un moralistico rifiuto della ricchezza e la sferzante condanna della curia romana, nella quale molti membri erano sempre e solo dediti alla ricerca del potere.

Molti dei canti dei Carmina Burana sono scritti in ‘campo aperto’, ovvero con neumi senza pentagramma, per cui la melodia è riconducibile al canto gregoriano. Orff ne trasse un’opera arcaico-moderna che alterna oasi di pace a momenti di assordante e percussiva sonorità. Magistrale indubbiamente il trattamento delle voci femminili che tra canzoni bacchiche e di caccia si muovono nel registro più acuto.

 

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