Dove accade la vita

Appuntamento in "Plaza" con il duo catalano El Conde de Torrefiel
di Chiara Sciascia

El Conde de Torrefiel, collettivo catalano formato nel 2010 da Pablo Gisbert e Tanya Beylar, porta alla 51. Biennale Teatro il pluripremiato La Plaza con cui sfida il pubblico a guardare in faccia la realtà che lo circonda oltre il teatro, dove la vita accade.

Come lascia intuire il titolo il tutto si svolge – o non si svolge – in una piazza: il palcoscenico evoca un’agorà grigia, anonima, evanescente, un non-luogo che può essere – o non essere – ovunque nel mondo. Lo spettacolo inizia con il finale di un’opera durata 365 giorni, mentre sullo sfondo una voce fuori campo racconta che si tratta di una parte di uno spettacolo globale che si svolge in simultanea in 365 città diverse per un anno intero. Siamo testimoni degli ultimi istanti di questa performance collettiva che ci interroga sul senso della cultura e della vita. La lettura dei pensieri che si agitano nella testa di uno degli spettatori di fronte a questa sola immagine è l’unico movimento in scena, il momento spettacolare stesso è ricondotto alla lettura personale.

Il sipario si abbassa e si rialza sulla Plaza popolata da donne velate, madri con passeggini, rider, soldati armati, coppie, turisti, volti inquietantemente anonimi, che si muovono in uno spazio e un tempo i cui limiti sono sfumati da una realtà già liquida e costruita da frammenti di vite rese invisibili quasi per volontaria omissione; una realtà fusa, dissolta dalle numerose soggettività che vi convivono senza toccarsi. Lo spazio pubblico diventa paradigma di un mondo globalizzato e conflittuale, dove la violenza può esplodere da un momento all’altro.

La Plaza, El Conde de Torrefiel © Ilaria Costanzo

El Conde de Torrefiel, collettivo catalano formato nel 2010 da Pablo Gisbert e Tanya Beylar dopo l’esperienza comune con la compagnia La Veronal di Marcos Morau, mette in crisi il teatro convenzionale puntando ad un rinnovamento della creazione scenica attraverso una pratica che intreccia coreografia, arti plastiche e drammaturgia. La Plaza, narrato in seconda persona singolare, come altri lavori della compagnia sposta il punto di vista: annulla l’io o il noi come rappresentazione collettiva attivando il gioco di percezione di un mondo forzatamente alienato, alienante, immobile, vicino alla morte e al nulla, dove gli altri diventano solo un’immagine superficiale che a malapena si può toccare. Con uno spettacolo applaudito in tutto il mondo, Gisbert e Beylar sfidano il pubblico a guardare in faccia la realtà che lo circonda oltre il teatro, dove la vita accade, senza nascondersi dietro stereotipi, pregiudizi o paure, per riflettere sul nostro ruolo di spettatori, di individui sociali e sulle responsabilità e le libertà che ne derivano. La domanda è semplice quanto essenziale: cosa significa essere vivi?

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