Futuro presente

L’European Cultural Centre guarda al contemporaneo con Time Space Existence
di Mariachiara Marzari

Con Rachele De Stefano nelle tre sedi dell’ECC a Venezia, Palazzo Mora, Palazzo Bembo e Giardini della Marinaressa, tra 217 progetti internazionali da scoprire.

Alcuni progetti esposti sono sperimentali, altri utopici, altri ancora più concreti; non offrono ancora soluzioni perfette, cercando di mitigare gli effetti nocivi che il sistema di vita contemporaneo produce sul pianeta navigando attraverso realtà difficili e futuri incerti.

Architetti, designer, ricercatori, accademici, creativi, fotografi, provenienti da 52 Paesi e che lavorano in diverse discipline, offrono un dialogo coinvolgente attraverso il quale restituire voci e prospettive differenti ad ampio spettro, focalizzando l’attenzione internazionale sulle questioni fondamentali dell’architettura contemporanea. Time Space Existence, ampia e composita mostra collettiva, è frutto di un lavoro costante e puntuale di un dinamico team di persone che compongono l’European Cultural Centre. Progettare una mostra di architettura non è una sfida facile, perché all’aspetto espositivo puro è necessario associare la parte fattuale, operativa, dove i progetti esposti devono entrare in un circuito di idee, dialogando e confrontandosi tra loro. Time Space Existence, giunta alla sesta edizione, ha conquistato una sua propria, precisa identità espositiva: non mero contenitore, ma contenuto capace di captare le istanze attive del contemporaneo proprio per la sua visione a campo largo. Sono 217 i progetti internazionali presentati quest’anno nelle tre sedi dell’European Cultural Centre, Palazzo Bembo, Palazzo Mora e Giardini della Marinaressa, che nel loro insieme disegnano una mappa delle proposte più innovative ed espressioni emergenti nell’ambito della sostenibilità nelle sue molteplici forme e declinazioni, dall’attenzione all’ambiente e al paesaggio urbano, con metodi di costruzione e materiali che riducono il consumo energetico, alle proposte in discussione su innovazione, riuso, design circolare, comunità e convivenza, giustizia sociale e inclusione.

Una mostra, anzi tre mostre che diventano luogo di incontro capace di coinvolgere target diversi di pubblico, invitando ogni singolo visitatore ad allargare il proprio sguardo attraverso una lettura inedita e sapiente delle sfide della contemporaneità al fine di restituirne una visione complessa e multiforme, in cui ognuno possa trovare spunti per nuove riflessioni e prospettive. Rachele De Stefano, responsabile del settore Architettura dell’European Cultural Centre, racconta il lavoro di squadra, le idee, la visione comune, la community costruita negli anni, elementi fondamentali che hanno concorso a costituire una nuova idea espositiva nell’ambito della disciplina architettonica, contribuendo al successo di Time Space Existence.

Lo spirito laboratoriale ha sempre caratterizzato negli anni l’impianto dei vostri progetti espositivi. Prima di entrare in mostra, ci interesserebbe capire bene che cosa contraddistingue il vostro approccio all’architettura e al design. E quindi quali sono state le basi da cui si è sviluppata questa nuova edizione di Time Space Existence.
Time Space Existence è una rassegna che ormai ha compiuto più di dieci anni. Fin da subito, con la prima mostra di architettura presentata a Palazzo Bembo nel 2012, l’intento del nostro progetto è stato quello di aprire al pubblico internazionale uno spazio riservato al dialogo proficuo tra individui e discipline. Time Space Existence ogni due anni offre un momento per la documentazione, il confronto e lo scambio di culture, idee ed esperienze diverse. Per noi è sempre stata una scelta naturale quella di presentare non solo progetti di architettura, ma anche il lavoro di designer e di artisti, in quanto crediamo che ogni disciplina possa offrire uno sguardo diverso sul mondo in cui viviamo ed è proprio questa pluralità di idee e prospettive che vogliamo mostrare, nella speranza che possa essere fonte di ispirazione e riflessione per tutti.

Norman Foster Foundation (NFF) with Holcim, Essential Homes Research Project. Giardini della Marinaressa. Photo credits Chiara Becattini

Palazzo Mora, Palazzo Bembo e i Giardini della Marinaressa offrono una visione composita, eterogenea e vasta sulle questioni fondamentali dell’architettura contemporanea, progetti e ricerche che indagano il campo a 360 gradi. C’è una qualche linea prevalente che lega questo percorso progettuale articolato?
La mostra non vuole offrire soluzioni pronte all’uso. Ci limitiamo ad essere uno strumento di condivisione di idee, ricerche e progetti sviluppate in ogni dove da persone, tante, che oggi stanno cercando di trovare soluzioni condivise ai problemi globali che ci affliggono. Alcuni progetti esposti sono sperimentali, altri utopici, altri ancora più concreti; non offrono ancora soluzioni perfette, cercando di mitigare gli effetti nocivi che il sistema di vita contemporaneo produce sul pianeta navigando attraverso realtà difficili e futuri incerti. Tutto il mondo è un laboratorio che ogni giorno sforna idee, materiali, persone, animali, costruendo un pezzo del nostro futuro. Pensiamo sia importante far conoscere al mondo cosa succede sul fronte dell’architettura oggi cercando di coprire un orizzonte visivo il più ampio possibile. Lo facciamo aprendo le porte ad aziende globali, così come a studi di architettura composti da due o tre persone, a studenti e università, perché chiunque di noi nel suo specifico ha un ruolo importante da svolgere, piccolo o grande che sia. Tutti possiamo fare la differenza.

Tutto il mondo è un laboratorio che ogni giorno sforna idee, materiali, persone, animali, costruendo un pezzo del nostro futuro. Pensiamo sia importante far conoscere al mondo cosa succede sul fronte dell’architettura oggi cercando di coprire un orizzonte visivo il più ampio possibile.

Nel corso delle sei edizioni di TSE, anche proprio da un punto di vista delle modalità allestitive, ma direi più estesamente da quelle propriamente espressive, tutto si è andato via via mutando a velocità impensabili solo fino a un decennio fa, passando rapidamente dal modello plastico al 3D e all’AI. Come vengono restituite in mostra queste trasformazioni, se così si può dire, linguistiche?
Dal 2012 a oggi la mostra ha presentato progetti sempre più numerosi ed eterogenei. Se prima l’architetto pensava e comunicava il suo lavoro attraverso un linguaggio condiviso dalla sua professione, utilizzando quindi gli strumenti canonici di disegno e modello, ora l’architetto alla ricerca di soluzioni in altri ambiti, come la scienza, la robotica e le tecnologie digitali, ha scoperto nuovi modi di comunicare. I progetti esposti in mostra negli ultimi anni offrono quindi al visitatore anche esperienze virtuali attraverso la realtà aumentata, installazioni interattive e proiezioni. Un’accelerazione di modalità espressive e percettive a dir poco intriganti.

University-of-Stuttgart-ILEK. Photo credits Matteo Losurdo

Il cambiamento climatico, la decarbonizzazione, la natura e il suo rispetto, la sostenibilità e l’evoluzione ecologica e tecnologica sono tutti temi che con approcci e scale diverse caratterizzano una macro area nel percorso espositivo di TSE. Quali i progetti e le evidenze più significative a riguardo presenti in mostra?
Sicuramente uno dei progetti più interessanti in mostra è quello presentato da Adrian Parr del College of Design della University of Oregon a Palazzo Bembo, che attraverso il lavoro di ricerca sul design trans species offre la possibilità di un cambio di prospettiva e di riflessione profonda sulla nostra esistenza, invitandoci a vivere e condividere il mondo in cui viviamo con tutti gli esseri viventi. Un altro progetto che guarda alle tematiche della decarbonizzazione e all’uso responsabile delle risorse naturali è il Marinaressa Coral Tree pensato dall’University of Stuttgart per i Giardini della Marinaressa. Il progetto segue tre principi – minimalità, circolarità e rigenerabilità – andando a richiamare l’attenzione sulla gestione responsabile delle risorse naturali e sul potenziale creativo che essa può presentare nella progettazione dell’ambiente costruito.

Holcim ha costruito queste abitazioni essenziali con una serie di soluzioni ecologiche, dal calcestruzzo a basse emissioni di carbonio ECOPact ai pannelli isolanti Elevate, rendendo così l’edilizia sostenibile e accessibile a tutti. Il prototipo in scala reale è visibile ai Giardini della Marinaressa, mentre la ricerca e i bozzetti si trovano a Palazzo Mora.

Migrazioni, emergenza sociale, casa e città compongono nel loro composito insieme l’altro filone di indagine offerto dalla mostra. Quali possibili scenari futuri e quali progetti offrono nuove prospettive a questi problemi?
Uno dei progetti che cerca di trovare soluzioni per l’emergenza sociale e delle migrazioni è sicuramente Essential Homes Research Project, presentato dalla Norman Foster Foundation con Holcim. In questa collaborazione la Norman Foster Foundation ha progettato alloggi essenziali per fornire sicurezza, comfort e benessere alle comunità sfollate, le quali trovano in queste funzionali abitazioni la possibilità di vivere in maniera dignitosa in insediamenti temporanei anche per vent’anni. Holcim ha costruito queste abitazioni essenziali con una serie di soluzioni ecologiche, dal calcestruzzo a basse emissioni di carbonio ECOPact ai pannelli isolanti Elevate, rendendo così l’edilizia sostenibile e accessibile a tutti. Il prototipo in scala reale è visibile ai Giardini della Marinaressa, mentre la ricerca e i bozzetti si trovano a Palazzo Mora. Un’altra collaborazione di straordinaria rilevanza è quella tra il Civic Data Design Lab at the Massachusetts Institute of Technology (MIT) con the United Nations World Food Programme (WFP), i quali presentano a Palazzo Bembo Distance Unknown, un progetto che guarda ai dati della migrazione centroamericana per contribuire a migliorare il dibattito politico, e le conseguenti proposte, sul tema. Il pezzo principale della mostra è un arazzo che illustra i fattori che spingono le famiglie vulnerabili del Centro America a migrare e i costi associati ai loro viaggi. Il progetto diventa quindi personale e quasi intimo, in quanto il visitatore può conoscere veramente da vicino, chiaramente, le esperienze concrete dei migranti che sono stati costretti a lasciare la terra natia.

È fondamentale che il progetto sia accessibile a tutti, per questo non chiediamo un biglietto di ingresso. La mostra è quindi fruibile gratuitamente. Questo fa sì che la proposta espositiva non sia elitaria, ma il più democratica possibile

Altro elemento caratteristico di TSE è la totale apertura ai diversi linguaggi, offrendo un percorso futuribile, digitale, tecnologico, ma al contempo anche analogico, visivo, letterario, poetico e artistico. L’inclusività pare essere il tratto distintivo e direi quasi esclusivo della mostra.
È fondamentale che il progetto sia accessibile a tutti, per questo non chiediamo un biglietto di ingresso. La mostra è quindi fruibile gratuitamente. Questo fa sì che la proposta espositiva non sia elitaria, ma il più democratica possibile: non solo per quello che presentiamo, ma anche per come viene vissuta dal visitatore. Con le nostre mostre speriamo di poter stimolare dialoghi e discussioni, invitando i visitatori ad interrogarsi sulle problematiche del presente grazie ad una molteplicità di linguaggi e metodologie che contraddistinguono nel loro dinamico insieme la linea curatoriale di tutti i nostri progetti espositivi.

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