Kinder Pinguì e altri racconti

La Venezia lisergica di Ancarani
di Fabio Marzari

A giugno e luglio al Teatrino di Palazzo Grassi torna Atlantide, ritratto spietato di Venezia che Yuri Ancarani ha presentato all’ultima Mostra del Cinema. Tra nuove religioni adolescenziali e luci di una città illuminata a pelo d’acqua.

«Atlantide è un film nato senza sceneggiatura. I dialoghi sono rubati dalla vita reale e la storia si è sviluppata in divenire durante un’osservazione di circa quattro anni, seguendo la vita dei ragazzi. Questo metodo di lavoro mi ha dato la possibilità di superare il limite di progettazione tradizionale nel cinema: prima la scrittura e poi la realizzazione. Così il film ha potuto registrare in maniera reattiva questo momento di grande cambiamento di Venezia e della laguna, da un punto di vista difficile da percepire, attento allo sguardo degli adolescenti. Il desiderio di vivere così da vicino le loro vite, dentro i loro barchini, ha reso possibile tutto il resto: il film si è lentamente costruito da solo». Questo scrive Yuri Ancarani a proposito del suo lavoro, un’opera d’arte o un film a seconda di come lo si voglia fruire.

La Venezia di Ancarani è una delle più interessanti, visionarie, post-metafisiche raffigurazioni di un’immagine collettiva universale che siano mai state offerte allo sguardo degli spettatori, le luci e le architetture sono un tratto artistico meravigliosamente reso per punteggiare uno stato della mente, un’allucinazione post lisergica totalmente scevra di retorica. L’idea di una barca come metafora di vita sospesa, un pensiero dal tocco futurista inseguendo la velocità che stride con l’idea di una lentezza ancestrale che avvolge Venezia e la sua laguna e come per Caronte un mezzo per compiere una trasmigrazione da un altrove all’ignoto. La linea d’ombra tra l’età dell’incoscienza e la responsabilità di essere adulti, immersi in un paesaggio ferocemente incantato, aspro da comprendere se non si è parte di esso per nascita. Daniele è il personaggio simbolo del film, un ragazzo che vive di espedienti a Sant’Erasmo, un’isola della laguna di Venezia. I suoi coetanei vivono all’insegna dello svago e, in nome della “religione del barchino”, passano il tempo ad elaborare motori sempre più potenti per trasformare piccoli motoscafi in pericolosi bolidi da competizione. Da loro emarginato, Daniele sogna per sé un barchino capace di andare più forte di tutti. I “ragazzi dei barchini” sono maschi sull’orlo del passaggio all’età adulta: poi lasceranno il gruppo, cambieranno barca, affronteranno una nuova vita. Calati in una realtà nella quale il degrado ha intaccato le relazioni, questi giovani rappresentano una generazione alla deriva animata dall’esigenza di portare tutto al limite, anche nella velocità. Quella raccontata da Ancarani è una balorda storia di iniziazione maschile, violenta e predestinata al fallimento, che esplode trascinando la città fantasma in un trip di naufragio psichedelico.