La modernità di Argante

Il rifiuto dell'esistenza secondo Moliere
di Livia Sartori di Borgoricco

Emilio Solfrizzi è Argante nel nuovo allestimento de Il malato immaginario diretto da Guglielmo Ferro, in scena al Teatro Toniolo fino al 4 dicembre.

Emilio Solfrizzi è il protagonista di un nuovo allestimento de Il malato immaginario per la regia di Guglielmo Ferro, che già in passato aveva diretto questo spettacolo. La novità più evidente è l’aggiustamento generazionale: per anni, da Giulio Boselli a Paolo Bonacelli, la tradizione, avvicinando forzatamente i concetti di malattia e vecchiaia, ci ha restituito degli Argante molto in là con l’età, portandoci a pensare che, forse, tutti i malanni di cui dicono di soffrire avessero in qualche modo un fondo di verità “anagrafico”. Ecco che qui invece troviamo un protagonista sulla cinquantina, così come l’aveva pensato Molière, che riesce in questo modo a restituire al testo un aspetto «importantissimo e certe volte dimenticato: il rifiuto della propria esistenza».
Argante, lì, chiuso nella sua torre con intarsi e scompartimenti pieni di boccette e medicinali che svetta al centro della scena, un po’ rifugio e un po’ prigione, ha più paura di vivere che di morire, e il suo rintanarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che la vita ti mette davanti.


La comicità di cui è intriso l’ultimo, definitivo capolavoro di Molière, viene accesa dall’esplosione di vita che si fa tutt’intorno al protagonista e la sua continua fuga attraverso rimedi e cure di medici improbabili crea situazioni esilaranti che strizzano l’occhio al teatro dell’assurdo.
Solfrizzi, che di Molière era già stato il Borghese Gentiluomo, gioca con la sua nevrosi di ipocondriaco e calza alla perfezione i panni di questo Argante, che quando si dimentica di essere malato, è ancora giovane e vigoroso. Tra ironia e arrabbiature velate di malinconia, ci troviamo a vedere questo spettacolo reduci da una pandemia che ha modificato il nostro rapporto con la malattia, la salute e la vita. Quello che ci vuole dire Molière – ed è ancora più potente se pensiamo che scrive questo testo nel suo ultimo anno di vita, consapevole del suo destino – è che vivere di timori e tentare a tutti i costi di preservare la vita, ha un prezzo altissimo – il non vivere. In scena insieme a Solfrizzi ci sono Lisa Galantini, Antonella Piccolo, Sergio Basile e Rosario Coppolino.

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