L’ospite illustre

La Cappella Musicale Pontificia in Basilica per un confronto tra scuole
di Nicolò Ghigi

Il 24 marzo Piazza San Marco racconta una storia antica come la città, per un concerto in cui musica e storia dialogano.

Assume quasi il sapore di una ‘sfida’ a distanza di secoli tra le due scuole polifoniche più significative del Cinquecento, quella veneziana e quella romana, il concerto che la Cappella Musicale Pontificia Sistina tiene nella Basilica di San Marco il prossimo 24 marzo. L’evento, che vede esibirsi per la prima volta a Venezia il coro più antico del mondo ancora in attività, che a tutt’oggi, sotto la direzione del brasiliano mons. Marcos Pavan, prende parte alle celebrazioni liturgiche papali nella Basilica Vaticana, è stato promosso dalla Fondazione Teatro La Fenice in collaborazione con la Procuratoria di San Marco in occasione del cinquecentesimo anniversario della nascita di Giovanni Pierluigi da Palestrina, fortuitamente coincidente con l’anno giubilare. Ad alternarsi con le pagine della celeberrima Missa Papae Marcelli, composta dal Palestrina per l’ascesa al soglio pontificio di papa Marcello II Cervini nel venerdì santo 1555, e con alcuni mottetti (le due parti del Sicut cervus a quattro voci, tre mottetti Ex Canticis Salomonis a cinque voci e l’Exultate Deo sempre a cinque voci) del medesimo autore, massimo esponente della scuola romana, saranno infatti brani di Andrea Gabrieli e del nipote Giovanni, tra i più illustri rappresentanti della scuola veneziana.

Di Andrea saranno eseguiti il Christus natus est e l’Angelus ad pastores a sette voci, e di Giovanni la Sonata pian’ e forte e la Canzon duodecimi toni. La selezione dei brani rappresenta peraltro bene le opposte tendenze delle due scuole: la centralità delle voci della scuola romana, i cui brillanti e lieti arzigogoli sono sempre tesi alla conciliazione di ogni estetica con la sacralità che i testi richiedono, voci che quasi sempre si esibiscono a cappella, nell’austera assenza di strumenti più fedele all’antica tradizione e come tale sancita dal Concilio Tridentino, si contrappone la proliferazione di questi ultimi nella scuola veneziana. Tra questi sicuramente la parte del re è riservata all’organo (la carica di primo organista, che sia Andrea che Giovanni ricoprirono, era nella Basilica Marciana l’incarico forse più prestigioso), senza però escludere altri timbri, come ben mostrerà l’esecuzione per soli ottoni dell’Angelus ad pastores a sette voci di A. Gabrieli, uno dei capolavori della tecnica dei cori battenti – caratteristica compositiva del Cinquecento veneziano (ancorché di origini antiche, già bizantine) che vede due cori rispondersi dalle due monumentali cantorie della Basilica – che sarà affidato per l’occasione al gruppo d’ottoni del Teatro La Fenice.

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