La mostra Nicolò Manucci, il Marco Polo deIl’India. Un veneziano alla corte Moghul nel XVII secolo a Palazzo Vendramin Grimani svela l’affascinante storia dell’esploratore veneziano tra leggendari manoscritti e opere monumentali e fantastiche.
Viaggi leggendari e vite avventurose: Fondazione dell’Albero d’Oro invita il pubblico a scoprire il nuovo affascinante progetto espositivo diretto da Béatrice de Reyniès e curato da Antonio Martinelli e Marco Moneta, con allestimento di Daniela Ferretti e consulenza scientifica di Piero Falchetta. Il titolo svela la storia: Nicolò Manucci, il Marco Polo dell’India. Un veneziano alla corte Moghul nel XVII secolo. La mostra, che apre a Palazzo Vendramin Grimani il 29 aprile, ripercorrere le tappe salienti della vita del viaggiatore veneziano, restituendo lo sguardo di un testimone privilegiato della storia e della ricchezza culturale dell’India Moghul.
Nicolò Manucci (1638–1720), di umili origini, figlio di un “pesta spezie”, spinto dal desiderio di esplorare il mondo, a soli 14 anni nel novembre 1653, si imbarcò a Venezia alla volta dell’Oriente, nascosto nella stiva di una tartana, senza fare più ritorno. Dopo due giorni di navigazione venne scoperto, tuttavia riuscì a restare a bordo dell’imbarcazione e a continuare il suo viaggio grazie a Henry Bard, visconte di Bellomont, che viaggiava sulla stessa imbarcazione, segretamente inviato in Persia da Carlo II d’Inghilterra. In compagnia e sotto la protezione di questo personaggio, il giovane veneziano divenuto suo assistente attraversò gli immensi territori dell’Impero Ottomano e Persiano fino ad approdare nel 1656 a Surat, a quel tempo il principale accesso marittimo all’India. Finalmente Manucci raggiunse Delhi e la corte dell’imperatore Shah Jahan, il committente del Taj Mahal. Iniziò così il suo lungo soggiorno in India…
In età avanzata Nicolò decise di narrare la propria storia e quella dell’Impero Moghul, della quale fu testimone e attore, ovvero il lungo regno di Aurangzeb (1618–1707), dettando le sue memorie a scrivani. Contestualmente, Manucci commissionò ad artisti indiani un vasto corpus di miniature da inviare in Europa come accompagnamento visivo dei suoi manoscritti. La sua Storia del Mogol è un’imponente opera letteraria che racconta gli eventi salienti della storia indiana dell’epoca in tre lingue, italiano, francese e portoghese, accompagnata dalle magnifiche illustrazioni raccolte nel Libro Rosso e nel Libro Nero.
Visitare la mostra a Palazzo Vendramin Grimani significa immergersi tra le pagine di queste opere monumentali e fantastiche, per la prima volta riunite grazie alla collaborazione tra la Bibliothèque nationale de France di Parigi, la Staatsbibliothek di Berlino e la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Un percorso costruito tra manufatti ed elementi decorativi di diverse epoche e una selezione di riproduzioni e di installazioni digitali dei manoscritti, che permette di scoprire tutte le pagine dei testi e la ricchezza dei colori e delle illustrazioni di un mondo scomparso. Inoltre, per ridare vita al personaggio e alla storia di Nicolò Manucci, l’artista designer e architetto veneziano Guido Fuga ha realizzato una serie di acquerelli che rappresentano le tappe della vita del viaggiatore.
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