Dal 2 luglio al 15 settembre Bassano del Grappa e dintorni diventano punto focale di un palcoscenico diffuso tra danza, musica e performance teatrali ad alto tasso qualitativo. Operaestate si conferma piattaforma culturale di livello assoluto nel panorama nazionale.
Operaestate Festival torna per la sua 44. edizione dal 2 luglio al 15 settembre con oltre 100 spettacoli di danza, teatro, musica, circo contemporaneo a Bassano del Grappa e nei teatri, parchi, giardini e luoghi d’arte della Pedemontana Veneta. Un programma denso di importanti coproduzioni e prime nazionali con affermati protagonisti della scena nazionale e internazionale e tanti giovani emergenti, per un’edizione dedicata al tema delle Relazioni e all’insegna della multidisciplinarietà. Dal 2023 direttore artistico della sezione Danza di Operaestate, Michele Mele, da sempre attivo sia nella scena artistica indipendente italiana che nella politica culturale dell’arte dal vivo, ci racconta il denso percorso compiuto in questi suoi primi due anni da curatore accompagnandoci per mano nella caleidoscopica teoria di spettacoli dell’edizione 2024 del Festival.
Dallo scorso anno sei alla guida del settore danza di Operaestate. Quali le sfide che hai dovuto affrontare e quali i risultati più gratificanti ad oggi ottenuti?
La sfida più grande è stata ed è a tutt’oggi quella di preservare le varie comunità artistiche, professionali, non professionali, il pubblico stesso, che nel loro insieme rappresentano una “massa critica” molto presente nelle nostre attività, nutrendo aspettative, esprimendo bisogni che alimentano un dialogo bellissimo e continuo. Da questo punto di vista ringrazio Roberto Casarotto per aver investito in questa direzione negli anni prima del mio arrivo. La proposta che sto portando avanti si muove quindi nel segno della continuità e al contempo nella direzione di una certa discontinuità attraverso proposte nuove, alcune radicalmente distanti da quanto proposto precedentemente. Non voglio ancora parlare di risultati, perché gli obiettivi che mi pongo sono a medio termine e due edizioni sono poche per misurare gli esiti di questo nuovo percorso. Ritengo nel frattempo positivo il fatto che quest’anno il Ministero della Cultura abbia confermato tutti i punteggi da noi acquisiti in termini qualitativi e quantitativi negli anni scorsi e, elemento non certo secondario anzi, il fatto che il pubblico abbia reagito in modo molto positivo al programma da noi proposto lo scorso anno.
La passata esperienza al fianco degli artisti trovo che rappresenti per me una risorsa enorme in termini di scelte
Per anni ti sei occupato di promozione di spettacoli, al fianco di Antonio Latella prima, e con compagnie indipendenti come Anagoor e Gruppo Nanou poi. Cosa significa per te essere ora dall’altra parte della ‘barricata’, con tutte le responsabilità che ne derivano?
Nel mio percorso professionale la direzione artistica ha sempre rappresentato un desiderio forte e un obiettivo cui puntare con passione e decisione. Promuovere il lavoro di diverse realtà mi è servito a conoscere e a studiare da vicino il lavoro di direttori e programmatori. C’è una bella differenza tra vendere e comprare, ma essere in questa posizione oggi in qualche modo lo sento da una parte come un privilegio, dall’altra come la naturale evoluzione di un percorso svolto da me in questi intensi anni di lavoro. Io spero che gli artisti e gli organizzatori possano percepire una sensibilità particolare da parte mia dato che conosco perfettamente gli sforzi necessari nel prendere contatto, presentare un progetto, costruire delle relazioni e nella migliore delle ipotesi finalizzare tutto questo in una collaborazione. Ma sono anche molto esigente: quando gli artisti mi dicono che vorrebbero essere programmati a Bassano, io chiedo loro: ci siete mai stati? Conoscete il Festival? Avete presente il nostro pubblico? Bisogna sempre stimolare la conoscenza reciproca per porre basi solide in una relazione e in questi dialoghi la passata esperienza al fianco degli artisti trovo che rappresenti per me una risorsa enorme in termini di scelte.
Operaestate è un grande contenitore di meraviglie che si propagano da Bassano verso le altre città-palcoscenico, svelando un territorio da scoprire con occhi diversi. Quali sono gli highlights di questa stagione? Un tuo consiglio su cosa assolutamente non poter perdere.
Il lavoro più significativo che abbiamo svolto quest’anno nella costruzione del programma è stato quello di tenere al centro della nostra attenzione la dimensione multidisciplinare, prediligendo progetti e spettacoli che avessero al centro della proposta questa tensione. Alessandro Sciarroni dirige dei cantanti (U. 26/07), Anagoor lavora con dei danzatori (Bromio 27, 28/07), Gruppo Nanou si ispira al cinema e propone una installazione coreografica con la musica dal vivo di Bruno Dorella (Redrum 20, 21/07), MK porta un progetto nato in collaborazione con l’Accademia di architettura di Mendrisio (Creatures 9, 10/09). Da non perdere sono anche gli spettacoli di due amici storici del festival come Marco Paolini (Latitudini 18, 19/07) e Alessandro Bergonzoni (Sempre sia rodato 22/07), di due coreografe italiane diversissime come Cristina Kristal Rizzo (Monumentum 31/07) e Silvia Gribaudi (Grand jeté 2/08), nonché gli attesissimi ritorni a Bassano di Sharon Fridman (Go Figure 6/08) e dei Motus (Frankenstein 23/07).
Io spero che gli artisti e gli organizzatori possano percepire una sensibilità particolare da parte mia
Il programma musicale di Operaestate regala sempre occasioni per uscire dal mainstream classico percorso da troppi festival estivi. Quali principi animano le vostre scelte in questa direzione?
La proposta musicale di Operaestate è curata da Sofia Girardi con la quale il dialogo è sempre più fitto e il confronto costante. Lei conosce molto bene la scena veneta dei festival e delle rassegne e quindi la diversificazione della proposta è prima di tutto frutto del suo attento lavoro di mappatura. Ogni anno riusciamo a proporre delle ‘chicche’ con un occhio vigile alla qualità della proposta. La grande attesa quest’anno è per il 12 luglio, quando abbiamo presentato al Castello Tito Gobbi il concerto di C’Mon Tigre.
B.Motion, un “festival nel festival”, punto d’incontro a livello internazionale per la scena emergente delle arti performative. Quali le linee programmatiche dell’edizione che ci attende tra fine agosto e settembre?
Per la prima volta superiamo la consueta divisione del programma per generi, con un weekend dedicato alla danza, uno al teatro e uno alla musica, proponendo un unico palinsesto multidisciplinare. Abbiamo convocato tutte insieme le varie comunità e le fasce di pubblico cresciute negli anni a B.Motion; l’invito è quindi quello di mescolarsi, di uscire dagli steccati di genere, di smettere di pensare al pubblico della danza come composto da individui a cui interessano solo distrattamente la musica o il teatro. Questa decisione restituisce eloquentemente il nostro interesse a presentare lavori meno riconducibili alle singole discipline rispetto al programma ‘main’, ma anche una consapevolezza maggiore delle tendenze che si stanno facendo avanti a riguardo a livello internazionale. Fortunatamente le nuove generazioni, alle quali si rivolge in maniera particolare B.Motion, vivono in maniera decisamente meno rigida la distinzione tradizionale tra i diversi linguaggi espressivi dell’arte scenica. Nella rassegna di quest’anno mi piace qui segnalare due eventi speciali in particolare. Il primo è il progetto Koltès, tre traduzioni de La notte poco prima delle foreste in veneto, napoletano e siciliano affidate rispettivamente a Babilonia Teatri, Domenico Ingenito e Giuseppe Massa con Dario Mangiaracina de La rappresentante di lista. Il secondo, BNetwork, è un atelier promosso dal Centro per la Scena Contemporanea di Bassano che coinvolge i rappresentanti dei numerosi progetti di rete (locali, nazionali e internazionali) nei quali siamo coinvolti e che presenterà in questa occasione diversi spettacoli, italiani e stranieri, esito di varie progettualità.