Sabor de Cuba

Per la prima volta a Venezia la compagnia Acosta Danza
di Chiara Sciascia

Tra le figure più influenti del balletto contemporaneo, Carlos Acosta approda per la prima volta a Venezia con la sua compagnia cubana Acosta Danza.

Invitato dal direttore Wayne McGregor, il coreografo cubano presenta una serata che è lo specchio della sua pratica, all’intersezione tra danza classica, contemporanea, urbana, afro e latina. Prendendo in prestito il titolo Ajiaco da un succulento piatto tradizionale cubano, la cui peculiarità è proprio il ricchissimo mix di ingredienti e spezie, Acosta riunisce le coreografie di quattro artisti differenti per generazione e stile: Micaela Taylor, fondatrice e direttrice artistica del TL Collective, tra le compagnie emergenti in maggior ascesa di Los Angeles, il coreografo belga-marocchino Sidi Larbi Cherkaoui, oggi alla testa del prestigioso Ballet du Grand Théâtre de Genève, Alexis Fernández, formatosi alla scuola cubana della leggendaria Alicia Alonso e ora direttore e cofondatore con Caterina Varela della compagnia galiziana La Macana, e il coreografo di origine venezuelana Javier de Frutos, tra gli artisti più eminenti della scena londinese, già ospite di Ismael Ivo per Biennale Danza 2007.

L’Ajiaco di Carlos Acosta mescola dunque ingredienti molto pregiati per ottenere sapori decisi ed inebrianti, a partire da Performance di Micaela Taylor, in cui la coreografa unisce il mix di hip hop e balletto classico che caratterizza la propria formazione alle conoscenze acquisite durante il periodo di collaborazione con Acosta Danza, durante il quale Taylor ha lavorato per «imparare dalla loro cultura, dal modo in cui si muovono, dal loro stile, apprendendo quanto più possibile».

Faun (Duet), Sidi Larbi Cherkaoui © Toti-Ferrer

Sidi Larbi Cherkaoui con il suo Faun rilegge il classico del balletto moderno di Nijinskij L’après-midi d’un faune che, con l’aggiunta della musica del compositore britannico di origini indiane Nitin Sawhney alla partitura immediatamente riconoscibile di Debussy, si libera di un ingombrante retaggio culturale per diventare di per sé duplice e multiplo, primordiale e moderno, improvvisamente sradicato dalla storia e dalla geografia.
Ci riporta invece nel cuore vivo e pulsante dell’Avana, e più precisamente lungo il celebre lungomare El Malecón, Alexis Fernández con De Punta a cabo, una riflessione sulla sua Cuba contemporanea, su tutti quei contrasti e le contraddizioni che ne fanno un Paese tanto difficile quanto meraviglioso.
Chiude il ‘piatto’ Javier de Frutos con 98 Días, accompagnandoci nell’incanto degli anni Venti che stregò García Lorca «in quella Cuba scintillante, Federico si sentiva più a casa e tornato alle sue radici di quanto non si fosse mai sentito. Doveva fermarsi per una settimana sulla via del ritorno in Spagna da New York. Alla fine novantotto furono i giorni di quella visita, secondo le sue stesse parole, i giorni più felici della sua vita. 98 Días prende quel preciso momento come punto di partenza e lo trasforma in un’ode, non solo a García Lorca, ma a tutti gli stranieri che cercano e si trovano inaspettatamente catturati da una forza a cui non si può resistere e dove l’amore e la bontà possono essere solo illusori».

Immagine in evidenza: De punta a cabo, Alexis Fernández, © Hugo Glendinning

DON'T MISS

17. Biennale Danza – Altered States

Wayne McGregor si racconta alla vigilia della sua 17. Biennale Danza