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The woman in black

Piazza San Marco accoglie Patti Smith il 7 luglio
di Redazione VeNews

Mentre Le Stanze della Fotografia celebrano Robert Mapplethorpe, Piazza San Marco è il palcoscenico scelto da Patti Smith per uno dei concerti più attesi dell’estate, per ricordarci quanto il rock possa essere poetico.

Patti Smith è un’icona culturale. Non è affatto retorico ribadirlo, è un fatto. Un’artista che ha saputo unire poesia, rock e impegno civile in una carriera unica e coerente. Nata a Chicago nel 1946, cresciuta nel New Jersey in una famiglia modesta, si trasferisce a New York alla fine degli anni Sessanta, dove inizia a farsi conoscere nei circoli artistici della città. Fin dai primi passi la sua arte sfida le convenzioni: non è soltanto una cantante, ma una performer, una poetessa, una scrittrice. Il suo linguaggio è colto e viscerale, ispirato da Rimbaud, William Blake e dalla cultura underground newyorkese. Nel 1975 pubblica il suo primo album, Horses, prodotto da John Cale dei Velvet Underground. La copertina diventa subito un manifesto: rottura con le immagini femminili tradizionali, dichiarazione di indipendenza e androgina ribellione. La title track, Gloria, inizia con un verso diventato celebre: “Jesus died for somebody’s sins, but not mine”. È l’inizio di una nuova era del rock, in cui la parola scritta si fonde con la potenza del punk nascente. Negli anni successivi Patti Smith continua a incidere dischi, a scrivere poesie e a prendere posizioni nette su temi politici e sociali. La sua voce è quella di chi non accetta compromessi: canta la resistenza, la libertà, la spiritualità, ma anche il dolore e la perdita.

Dopo le morti premature di Mapplethorpe, suo compagno e amico fraterno per sempre, di cui tra l’altro è in corso una personale alle Stanze della Fotografia nell’Isola di San Giorgio, e del marito Fred “Sonic” Smith, leader della seminale band protopunk della scena di Detroit MC5, la sua carriera subisce una lunga pausa, ma a fine anni Novanta ritorna con nuova energia sulle scene internazionali guadagnandosi anche un suo nuovo pubblico. Il suo memoir Just Kids (2010), dedicato alla sua amicizia e alla relazione con Mapplethorpe, vince il National Book Award e diventa un bestseller internazionale. Il libro racconta la New York degli anni Settanta, il Chelsea Hotel, le gallerie d’arte, il CBGB, gli incontri con Warhol, Dylan, Burroughs. È un omaggio a un’epoca, ma anche una riflessione profonda sul significato dell’arte, dell’amore e della perdita. Smith ha un legame speciale con l’Italia, dove gode di un seguito affezionato e trasversale. Ha spesso dichiarato il suo amore per il nostro Paese, per la cultura e la bellezza dei luoghi. È stata ospite di festival letterari e musicali, ha suonato nei teatri e nelle piazze, da Roma a Firenze, da Milano a Napoli. È particolarmente legata alla figura di Pier Paolo Pasolini, che ha omaggiato più volte nei suoi concerti. In Italia ha anche ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui la laurea honoris causa in Lettere moderne all’Università di Parma. Nelle sue visite, non manca mai di parlare di poesia, politica, arte e spiritualità, con quell’intensità che la rende unica. Patti Smith è oggi considerata una figura di riferimento per diverse generazioni di artisti. La sua influenza si estende ben oltre la musica: è una testimone del nostro tempo, una voce che continua a risuonare con forza, capace di parlare con autenticità tanto ai giovani quanto a chi ha vissuto il suo stesso cammino. Con il suo stile asciutto, profondo, visionario, ha ridefinito il ruolo della donna nel rock e ha dimostrato che l’arte può essere allo stesso tempo fragile e rivoluzionaria.

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