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Il latte dei sogni
Dal 20 giugno all’1 luglio la regia di Emma Dante porta Dialogues des Carmélites sul palco della Fenice: il testo letterario originale rinuncia a qualsiasi mediazione librettistica per far assumere pari dignità a musica e parole, mai così in simbiosi nella Stagione Lirica.
Una delle scene più tragiche tra i molti fatti di sangue che funestarono gli anni del Terrore seguiti alla Rivoluzione Francese fu indubbiamente il martirio di sedici monache del Carmelo di Compiègne, giustiziate alla ghigliottina il 29 messidoro 1794 per essersi rifiutate di recedere dai loro voti, dopo aver affrontate le difficoltà causate dalle confische e dalle soppressioni giacobine, culminate in un processo ingiusto e sommario per “fanatismo e cospirazione”. Una delle tre religiose sopravvissute, suor Maria dell’Incarnazione, raccolse tutta la documentazione sui fatti, e ne pubblicò una fedele relazione, che a distanza di decenni non smise di colpire i lettori, dando origine a una copiosa e pregevole produzione letteraria, artistica e cinematografica. Tra queste, spicca un’opera teatrale di Georges Bernanos, originariamente il copione per un film ideato dal frate domenicano e regista Raymond Bruckberger, ma mai realizzato, pubblicata postuma nel 1949, che godette sin da subito di grande popolarità in Francia. Appena quattro anni dopo, l’editore italiano Ricordi commissionò a Francis Poulenc, compositore ormai insignito di una certa fama, un adattamento operistico della stessa.
La rappresentazione, che segue fedelmente il testo di Bernanos senza nessun adattamento, andò in scena dapprima alla Scala di Milano nel 1957, seguita ben presto da una prima francese e da un enorme successo internazionale. Benché non sia tra le opere più rappresentate al giorno d’oggi, Dialogues des Carmélites andrà in scena al Teatro La Fenice nel quadro della stagione operistica corrente, dopo aver aperto la stagione 2022-23 al Teatro dell’Opera di Roma, con la medesima regia di Emma Dante. In occasione della rappresentazione romana, la regista volle intensificare attraverso un fitto simbolismo le tematiche centrali della pièce di Bernanos, già evidenziate sapientemente dalla partitura, a partire dal rapporto ambivalente con la morte che caratterizza le protagoniste, sospese tra il timore della stessa e il coraggio di affrontarla per la fede. La critica ebbe modo di apprezzare alcuni dettagli, come la scelta acuta dei colori (l’azzurro preponderante, il bianco come simbolo della morte), benché abbia messo in luce alcuni problemi come ‘l’invadenza’ della regia in alcune scene e, in generale, il rappresentare le protagoniste come donne ancor prima che religiose, e forse in contrasto con questo loro ruolo. Quella che con ogni probabilità rivedremo a Venezia è comunque una regia di alto profilo, che accompagna degnamente il cast internazionale selezionato per l’occasione, con l’esperta direzione di Frédéric Chaslin.