Con Liminal Pierre Huyghe popola Punta della Dogana di entità umane e non umane, per la sua più grande esposizione di sempre.
Dopo il forte impatto percettivo e intellettivo offerto della mostra collettiva e tematica Icônes, Punta della Dogana cambia prospettiva e pone al centro del dibattito espositivo l’esperienza quale territorio di narrazioni infinite. Protagonista esclusivo dell’incredibile spazio ridisegnato da Tadao Ando è Pierre Huyghe, uno degli artisti più sperimentali della sua generazione, invitato a concepire insieme alla curatrice Anne Stenne una grande e inedita personale. L’idea di questo nuovo progetto espositivo nasce sempre in stretta connessione con Pinault Collection, alla quale appartengono un vasto nucleo di opere dell’artista che saranno in mostra.
Figura centrale della ricerca delle relazioni dell’arte con il non umano, Pierre Huyghe (Parigi, 1962) adotta, fin dalle sue prime opere, un’altra prospettiva rispetto a quella umana – inumana – per lasciar emergere ciò che si trova al di fuori dalla nostra comprensione, fuori dalla nostra possibilità di farne esperienza. L’artista francese rimette in discussione la nostra percezione della realtà e propone, attraverso la costruzione di altre realtà possibili, di diventare estranei a noi stessi.
«Mi è difficile – afferma Huyghe – prediligere una sola verità e piegarmi all’esercizio di trovare una formula riduttiva. Nel mio rapporto con la realtà, gioco e cerco di produrre un pensiero razionale costruito».
Il rituale dell’esposizione è dunque un incontro con un contesto senziente che genera nuove possibilità di interdipendenza tra gli eventi e gli elementi che si manifestano. La mostra è un’entità il cui tempo e spazio, in cui appare, sono costituenti della sua manifestazione. Le opere di Huyghe sono concepite come finzioni speculative che spesso si rivelano in un’unione di diverse forme di intelligenza (biologiche o tecnologiche) che apprendono, si modificano ed evolvono nel corso dell’esposizione. Sono luoghi della possibilità, dell’eccesso di finzione, indeterminati e indifferenti a categorie e testimoni.
A Punta della Dogana, l’artista ha trasformato il luogo in un medium dinamico, in una condizione transitoria dove il tempo e lo spazio come tutto ciò che lo attraversa, visibile o invisibile, diventano parte integrante delle opere d’arte. La mostra prende il titolo di Liminal, riferendosi al livello della soglia della coscienza e della percezione in psicologia e fisiologia, un luogo dove si formano soggettività, con o senza corpo, che circolano e si manifestano in modo imprevedibile attraverso le opere che a loro volta diventano entità senzienti. Si crea un linguaggio sconosciuto, senza fine, senza destinatario, che prende possesso delle voci, dei gesti, delle immagini, e genera nuove situazioni reali o fittizie.
Punta delle Dogana si popola così di entità umane e non umane, attraversata da fenomeni naturali o artificiali, offrendo l’esplorazione in tempo reale delle condizioni che permettono a entità diverse di coesistere, a volte persino di ibridarsi, senza distinzione gerarchica o determinazione specifica. Creature ibride che creano un mondo in cui non esistono regole o gerarchie. A concorrere a questa impostazione della mostra, le opere che Pierre Huyghe ha realizzato nel corso della sua carriera, in un’esplorazione che ha varcato i confini tra i linguaggi, muovendosi tra fotografia, scultura, disegno, video.
«Immaginare qualche cosa – afferma Huyghe –, trovare delle modalità, delle finzioni, delle possibilità per evitare di prendere sempre gli stessi tragitti, gli stessi procedimenti mentali; per rifuggire da idee già percorse e accedere così a mondi altri. È un modo per trovare biforcazioni, strumenti, giochi al fine di far emergere l’inatteso, un senso prima indistinto. Questa apertura fra le discipline offre una grande libertà ma l’intrecciarsi di entità, la loro porosità, non è un fine, se davvero ne esiste uno».
Appuntamento il 17 marzo.