Dopo la campagna di restauro durata quattro anni, è stata svelata al mondo la pala del L’Assunta di Tiziano, custodita nella Basilica dei Frari. Il capolavoro tizianesco è stato oggetto di un radicale intervento il cui obiettivo primario è stata la messa in sicurezza del sito, del dipinto e della cornice lapidea che lo circonda.
Tra i più importanti e vitali centri religiosi e monastici di Venezia, il complesso dei Frari – chiamato anche Ca’ Granda per le dimensioni della Basilica: 102 metri di lunghezza per 48 di larghezza e 28 di altezza – affonda le radici nella predicazione del messaggio di semplicità e povertà di San Francesco da parte dei suoi frati Minori (dai veneziani detti “frari”), che da Assisi si erano mossi in tutta Italia e, in seguito, anche in Europa. Presenti a Venezia già attorno al 1220, potevano disporre inizialmente di un umile oratorio situato in un’area paludosa, donata loro dalla Repubblica intorno al 1230. Ben presto però (1250 circa) fu necessario costruire una chiesa più grande, adatta ad accogliere il crescente flusso di fedeli che giungevano da ogni dove. Questa fu a sua volta sostituita da un terzo edificio, che corrisponde all’attuale Basilica; i lavori, iniziati nel 1330, durarono fino al 1440 circa. La fabbrica monumentale, in stile gotico, fu eretta grazie alla generosità di alcune facoltose famiglie veneziane e grazie alle elemosine dei molti benefattori. Consacrata cinquant’anni dopo, nel 1492, fu dedicata alla Vergine assunta in cielo: Santa Maria Gloriosa dei Frari. All’interno della Basilica, solenne e ricca di capolavori, domina incontrastata, come una gemma nella zona presbiteriale, L’Assunta di Tiziano Vecellio. La grande pala, inserita in un’imponente cornice marmorea, fa da quinta scenografica al maestoso presbiterio absidato e, oltre ad aver ispirato pagine famose della critica d’arte sulla pittura del giovane Tiziano e sulle sottili questioni teologiche e dogmatiche tra francescani e domenicani, è da più di cinquecento anni la protagonista indiscussa di tutte le celebrazioni liturgiche che si svolgono in chiesa: dai battesimi ai matrimoni, dalle comunioni alle cresime, dalle messe giornaliere e domenicali a quelle solenni, fino ai funerali.
Il 4 ottobre 2022, festa di San Francesco, la solenne Celebrazione Eucaristica con benedizione del dipinto presieduta dal Patriarca di Venezia, Mons. Francesco Moraglia, ha festeggiato la conclusione dei lavori di restauro della pala (1516-1518), un’imponente campagna durata quattro anni, finanziata interamente da Save Venice, uno dei Comitati privati per la Salvaguardia di Venezia. Il capolavoro tizianesco è stato oggetto di un radicale intervento il cui obiettivo primario è stata la messa in sicurezza del sito, del dipinto e della cornice lapidea che lo circonda. L’intervento di restauro ha coinvolto in primis Padre Lino Pellanda e la comunità della Parrocchia dei Frari e, quindi, il Patriarcato di Venezia, la Soprintendenza ai Beni artistici lagunari, la direzione lavori affidata a Giulio Manieri Elia – direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia – e il Laboratorio Scientifico della Misericordia che, congiuntamente, hanno condiviso e sostenuto l’intervento certosino dei restauratori Giulio Bono, per la parte pittorica, Roberto Saccuman, per il supporto ligneo, e Egidio Arlango, per quanto riguarda la cornice marmorea.
Incontriamo Giulio Manieri Elia per osservare da vicino il capolavoro restaurato.
Quale intervento è stato eseguito e quali le risultanze emerse?
Si è trattato di un restauro molto impegnativo. Sostanzialmente sono dieci anni che abbiamo in cura L’Assunta di Tiziano, prima con la manutenzione, che ci ha permesso di studiarne approfonditamente le condizioni di salute, e poi con il restauro vero e proprio. Il restauratore e manutentore dell’opera è stato Giulio Bono, ben coadiuvato dalla sua squadra di ottimi collaboratori. L’opera è la più grande di Tiziano dipinta su tavola, realizzata a tempera e olio su un tavolato ligneo composto da 20 assi di pioppo bianco disposte orizzontalmente e incollate tra loro a spigolo vivo. Misura 691cm di altezza per 356cm di larghezza, per una superficie complessiva di 28mq e un peso di circa 700kg. Un’impresa straordinaria che Tiziano, relativamente ancora giovane – aveva circa 25 anni, era nato infatti a Pieve di Cadore nel 1488/1490 –, compie in tempi record. Un lavoro che riteniamo abbia eseguito interamente da solo, probabilmente dipinto direttamente nella chiesa date le dimensioni dell’opera.
Tiziano studia molto accuratamente la composizione della tavola, complessa non tanto per il numero di figure che contiene quanto per la difficoltà di articolarle insieme. La composizione è dettata da una serie di elementi costruttivi molto chiari: la Vergine inserita in un cerchio e sotto gli apostoli all’interno di un quadrato. Una costruzione geometrica precisa, con un unico punto di vista che l’artista tiene sotto controllo attraverso i disegni preparatori. Disegni che purtroppo non si sono conservati, salvo uno, quello di San Pietro, dal busto alla testa: Tiziano lo ripete quasi alla lettera sulla pala.
Le indagini compiute con la riflettografia all’infrarosso, lo strumento che ci permette di vedere al di sotto della pellicola pittorica, hanno rilevato anche la presenza di un disegno generale molto veloce, un procedimento tipico che Tiziano usava seguire in quegli anni, che sostanzialmente serviva al pittore per passare dal disegno su carta alla realizzazione pittorica. Tiziano imposta molto rapidamente delle figure che subiscono poi dei cambiamenti molto significativi nel corso della realizzazione pittorica. Ha un’attenzione straordinaria per la luce, ma denota una certa fragilità nella costruzione delle architetture, il suo punto debole. Sulle architetture, lo si vede dalle riflettografie, Tiziano si corregge, è meno sicuro.
Il restauro ha permesso di vedere la mano di Tiziano?
La cosa più importante, e il tratto più affascinante aggiungerei, del restauro è che permette di avvicinarsi all’opera fin dentro la materia, quindi certamente Tiziano si vede tutto. È possibile a una distanza ravvicinatissima seguire l’intero percorso esecutivo dell’opera. Un restauro è sempre un’occasione straordinaria per conoscere il dipinto a fondo in tutti i suoi dettagli e in tutte le sue molteplici articolazioni. Per giunta se si considera che questo intervento tra manutenzione e restauro è durato circa dieci anni, si può ben immaginare quanto sia stata approfondita la conoscenza di quest’opera. Si vede sia la mano diciamo esecutiva di Tiziano, rapida e straordinariamente sicura ed efficace, ma localmente anche la mano fisica, intesa come le sue impronte. Sicuramente i molti aspetti conoscitivi emersi e studiati durante i lavori di restauro verranno restituiti in una prossima pubblicazione.
Quali sono le caratteristiche e le novità pittoriche di quest’opera, considerata un passaggio fondamentale del percorso artistico del giovane ma già apprezzato Tiziano, nel contesto della pittura veneta e della storia dell’arte più in generale?
Certamente L’Assunta è una delle opere più importanti dell’Umanità. Una delle cose che mi ha colpito di più osservando questo capolavoro così da vicino, anche rispetto al cambiamento del disegno sottostante, è che Tiziano elimina tutti gli elementi accessori, i pochi dettagli naturali che aveva inizialmente inserito, creando un’immagine costruita su figure geometriche, universale ed eterna, realizzata attraverso l’utilizzo di un linguaggio pittorico comunque molto naturale, apparentemente semplice. In pratica Tiziano lavora semplificando la figurazione, fino ad arrivare alla forma assoluta, pura: la meravigliosa Vergine che sale in cielo quasi ruotando su sé stessa e aprendo le braccia verso l’alto, mentre il Padre Eterno le sta aprendo a sua volta per accoglierla. Il passo successivo è l’abbraccio incredibile di quest’assunzione della Vergine in cielo: un’immagine potentissima. Altrettanto forte, dal punto di vista psicologico, è la reazione degli apostoli a questo straordinario evento: partecipano all’azione ciascuno con una disposizione propria, con pose e gesti diversi che descrivono perfettamente stati d’animo personali. Su tutti si veda, ad esempio, l’apostolo con la veste rossa in piedi di spalle, con le braccia alzate a sua volta, quasi protese in un abbraccio, formando in un certo senso un movimento, o meglio, partecipando allo slancio verticale della Vergine verso il Padre Eterno, pronto ad accoglierla. Dal punto di vista psicologico è un’opera molto ben investigata: ognuno dei protagonisti qui rappresentati ha una reazione diversa e personale al cospetto di questa visione.
Altro aspetto incredibile è il colore, elemento molto importante nell’economia complessiva della composizione, reso da Tiziano attraverso timbri accesi e molto forti. Strati pittorici che, applicati dal Maestro in stratificazioni minime su una magistrale preparazione a gesso e colla, dopo il restauro sono tornati alla cromia originale. Per Tiziano sono le luci, le ombre e il colore la materia prima dell’esperienza visiva. E sono quindi proprio luci e ombre a plasmare nel suo dipinto le forme, che il colore non riveste ma crea.
Da un punto di vista tecnico, crediamo che uno dei motivi per cui Tiziano abbia insistito tanto qui con il colore sia perché questa grande ancona si confronta con un contesto molto difficile, data la luce che non la illumina direttamente arrivandole alle spalle. Per tutto il pomeriggio una luce abbacinante proviene dall’esterno e questo rende difficile la visione del dipinto, praticamente in controluce. Probabilmente per questo Tiziano utilizza una timbrica così accesa, intervenendo sul colore per rendere ancora più forte questa soluzione in un fondo di grande luce.
La storiografia e le testimonianze parlano di un’opera talmente dirompente che forse all’inizio non fu nemmeno accettata dai Frati stessi. Qual è la vera storia che caratterizza il percorso de L’Assunta?
Al di là di queste conoscenze acquisite attraverso la documentazione archivistica, in realtà non si sa moltissimo. Ciò che si può dire con una certa sicurezza è che è un’opera che ha esercitato una potenza incredibile fin dal suo primo apparire ed è stata per questo da subito apprezzata. Il dato complesso di questo dipinto è che era molto difficile da vedere, proprio per il problema di controluce di cui ho accennato sopra. Il Vasari scrisse subito che l’opera si vedeva con difficoltà. Le testimonianze del Seicento la descrivono come un’opera che si era andata scurendo, in quanto illuminata da candele e quindi offuscata dal fumo. Questa oggettiva criticità è divenuta col tempo un tema cruciale nell’ottica di una buona conservazione. Tema affrontato con decisione però solo nei primi dell’Ottocento dal Presidente dell’Accademia di Venezia Leopoldo Cicognara, il quale riuscirà ad ottenere il trasferimento dell’opera alle Gallerie appellandosi, per l’appunto, a tematiche conservative. Per quasi cento anni L’Assunta rimarrà esposta all’Accademia, inizialmente nella prima sala per poi essere trasferita nella seconda. È il 1816 l’anno in cui viene trasferita, poco prima dell’inaugurazione delle Gallerie stesse, avvenuta nel 1817. La pala troneggiava al centro della sala, tra l’altro in dialogo con Il miracolo dello schiavo di Tintoretto, esposto nella controfacciata, a sottolineare il dialogo sempre presente nella letteratura artistica tra i grandi Maestri del Cinquecento veneto.
Il dipinto è rimasto alle Gallerie per un secolo, per poi essere trasferito altrove per ragioni di protezione nel corso della Prima Guerra mondiale. Alla fine del conflitto, nel 1919, è stato restituito alla Basilica dei Frari per ritornare quindi nella sua collocazione originaria. Durante questo periodo di “assenza” la struttura marmorea che incornicia il dipinto non rimane vuota; l’opera, infatti, viene sostituita da un’altra pala con stesso soggetto firmata da Giuseppe Porta detto il Salviati. Era una grande pala proveniente dalla Chiesa di Santa Caterina di Mazzorbo, che venne aggiustata perché le sue dimensioni erano inferiori a quelle dell’edicola in marmo ai Frari.
Perché si è reso necessario il restauro?
Quando si è realizzato il primo intervento di manutenzione, resosi necessario perché la tavola era coperta da uno strato di polvere estremamente visibile, si è cominciato ad osservare molto da vicino l’opera e quello che sembrava un dipinto ben conservato in realtà presentava dei piccoli sollevamenti della pellicola pittorica. Il dipinto era coperto da una vernice molto alterata che rendeva impossibile percepire l’originale timbro dei colori, i rapporti delle profondità e l’intera composizione giocata proprio sulla posizione delle figure, non essendovi architetture o elementi naturali a denotarne lo spazio. Dopo l’intervento di restauro ogni personaggio ha ripreso la propria posizione corretta all’interno di questo articolato e affollato gruppo. Uno storico dell’arte aveva sostenuto che Tiziano non avesse dipinto il sarcofago della Vergine; sarcofago che non solo c’è, ma che riporta addirittura la firma di Tiziano. Inoltre San Pietro vi è seduto sopra. Ciò permette di capire come anche la conservazione di un dipinto influenzi la sua interpretazione. Il sarcofago non era molto visibile prima del restauro; ora è stata restituita la lettura corretta.
Bisogna inoltre ricordare che L’Assunta era “chiusa” dal grande organo Mascioni, risalente al 1920, che fu collocato in una posizione così ravvicinata alla pala da non permettere una manutenzione ordinaria del retro dell’opera. Inoltre le zanche metalliche che reggevano l’organo erano puntate direttamente sul capolavoro del Tiziano. Quando l’organo suonava le note gravi l’opera andava completamente in vibrazione! Dopo aver effettuato un attento esame vibrometrico è stata presa la decisione importante, alquanto complessa ma di fatto necessaria, di smontare l’organo, poi restaurato, ricomposto e donato alla Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Jesolo. Se avessimo dovuto far fronte a una qualsiasi situazione di emergenza, non saremmo mai stati in grado di portar via L’Assunta, perché l’organo dietro bloccava l’opera che esce solo ruotando dal retro dell’edicola. Anche per questa semplice e grave ragione ostativa, quindi, è risultato necessario procedere alla rimozione dell’organo.
Sempre dall’organo, inoltre, provenivano gli attacchi degli insetti xilofagi che andavano inevitabilmente a deteriorare la tavola. Uno dei problemi più gravi di cui soffriva la pala, infatti, erano i tarli, che sono stati trattati ben due volte, l’ultima delle quali nel 1974. Tuttavia la qualità del legno scelto, la stagionatura e l’eccellente metodo di assemblaggio, congiuntamente all’umidità elevata del sito e ai limitati rimaneggiamenti subiti nel passato, hanno permesso al supporto dell’opera di giungere sino a noi in condizioni conservative molto buone. Ultima criticità, il vecchio impianto elettrico che ci faceva tremare le vene dei polsi anche solo per il rischio dell’insorgere di un incendio. Impianto che abbiamo perciò completamente rinnovato.
Quanti interventi di restauro sono stati operati su L’Assunta?
L’Assunta era stata restaurata nella sua interezza nel 1817 e nel 1974. Vi è stato tuttavia anche un restauro antico, di cui non abbiamo però alcuna informazione. Giulio Bono se ne è reso conto intervenendo sul dipinto; probabilmente risale al Sei-Settecento. Il restauro del 1816 ha lasciato l’eredità più pesante, ovvero una ridipintura sul panneggio di San Pietro. Il panneggio in origine era stato realizzato con un pigmento molto fragile che con il tempo tende a danneggiarsi, e infatti si era deteriorato. La ridipintura ottocentesca è stata eliminata, mentre quella settecentesca è stata mantenuta, perché essendo ad olio era troppo rischioso rimuoverla.
Nel 1968 l’Istituto Centrale per il Restauro opera una manutenzione sul dipinto, seguita da quella del 1974 voluta da Francesco Valcanover. Negli ultimi cinquant’anni non vi sono stati altri interventi. È apparso evidente che i frati negli anni hanno operato puliture superficiali: nella cornice di pietra, infatti, oltre una certa altezza, si poteva vedere nettamente un cambio di colore corrispondente evidentemente all’altezza a cui i frati riuscivano ad arrivare con la scala per togliere un po’ di fuliggine o di nerofumo.
L’Assunta è dai più considerato il capolavoro assoluto di Tiziano. In che punto del suo percorso artistico si colloca? Che cosa implicherà per l’artista quest’opera?
L’Assunta rappresenta il passaggio di Tiziano alla sua maturità. È la sua prima grande opera pubblica, visibile a tutti, a Venezia, ovvero la città che lui aveva scelto per vivere. Per lui è quindi un lavoro di un’importanza straordinaria. Oltretutto è destinata alla Chiesa dei Frari, luogo che per lui ha un significato particolare e per il quale realizza ben tre opere. L’Assunta, insomma, lo ‘lancia’ verso una conoscenza pubblica di straordinaria rilevanza. Direi che questo è il suo passaggio alla maturità anche per quanto riguarda lo stile. È una grande sperimentazione, un’anticipazione di quello che farà dopo. L’Assunta contiene già tutti gli elementi che caratterizzeranno la pittura di Tiziano da quel momento in poi: nelle figure del coro degli angeli, ad esempio, emerge una pittura rapidissima, che sarà quella che connoterà i lavori della sua tarda età. L’Assunta è una dimostrazione, una esemplificazione mirabile di quelle che erano le sue capacità espressive sino ad allora in potenza e che si esprimeranno e si dispiegheranno compiutamente in seguito nel corso di tutta la sua lunghissima vita artistica.
È interessante infine osservare la sua grande attenzione verso il posizionamento dell’opera all’interno della grande Basilica dei Frari: noi cominciamo a vederla appena entriamo in chiesa, in un cono visivo che va dall’arco del coro all’arco dell’edicola, la traguardiamo da subito. Per questo Tiziano costruisce il dipinto in modo così simmetrico, perché era alla fine della visione prospettica. Nella costruzione dell’opera l’ambiente condiziona sicuramente Tiziano, che studia attentamente la provenienza della luce. Se parimenti riflettiamo sulla Pala Pesaro, vediamo come il pittore la concepisca come un’opera che vada vista di lato, perché posta su una parete laterale. Il che gli impone una scelta a dir poco rivoluzionaria, vale a dire dipingere la Vergine in una postura di lato, schema che tutta la pittura barocca poi seguirà.
PROGRAMMA
CELEBRAZIONE
4 ottobre alle ore 18, Messa Solenne con benedizione del dipinto presieduta dal Patriarca di Venezia, Mons. Francesco Moraglia; a seguire presentazione del restauro con interventi di: Padre Lino Pellanda, parroco della Basilica, Don Gianmatteo Caputo, delegato patriarcale per i beni culturali, Emanuela Carpani, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, Frederick Ilchmann, Chairman di Save Venice, Giulio Manieri Elia, direttore lavori del restauro, Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani. Modera l’incontro lo scrittore Giovanni Montanaro. Durante la serata sono previsti due momenti musicali a cura degli allievi del Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia.
EVENTI MUSICALI
7 ottobre alle 20.30, concerto dei Cantori Veneziani; 21 ottobre alle 20.30, Big Vocal Orchestra; 28 ottobre alle 20, i Cantori veneziani eseguiranno Missa Solemnis in Do Maggiore, Op. 86, di Ludwig Van Beethoven per Coro Orchestra e Solisti.
VISITE GUIDATE
17, 18, 19 e 20 ottobre, visite guidate dedicate al restauro in italiano, inglese e francese; iscrizione e prenotazione obbligatoria.