Una festa, una città

Madonna della Salute, una tradizione veneziana di fede e memoria
di Fabio Marzari

Dalla peste del 1630 a oggi, una città in pellegrinaggio tra devozione, storia e immutabili riti popolari che uniscono sacro e quotidiano.

[Articolo pubblicato in VeNews 209, novembre 2016]

L’anno 1630, mentre colpiti la Dominante e lo Stato dall’orrido flagello della peste, il voto di erigere il sacro tempio dedicato a Santa Maria della Salute riuscì mezzo opportuno per placare l’ira del cielo e restituire all’afflitta patria la salute…

Giannantonio Moschini, La chiesa e il seminario di Sta. Maria della salute in Venezia, 1842

La Festa della Madonna della Salute, il 21 novembre, ricorda una tradizione tipicamente veneziana che segna in qualche modo l’avvio della stagione fredda in città. Si tratta di un culto semplice, devozionale e senza risvolti complessi, dove è una intera città che si reca in pellegrinaggio nella Basilica progettata dal Longhena e sfila davanti all’icona bizantina della Mesopanditissa, una Madonna nera, che salvò Venezia dalla peste del 1630-31. Il modo di festeggiare tale ricorrenza è rimasto più o meno simile nel corso degli anni e non potrebbe essere altrimenti, in Venezia le feste popolari hanno la forza di mantenersi immutate nei secoli e una certa refrattarietà al “foresto” da parte dei veneziani ben si coniuga con la supponenza serenissima che – incredibilmente – ancora considera campagna tutto ciò che è situato al di là del Ponte! Quindi il format della festa è ben collaudato e in base al noto brocardo “consuetudo tenet et est servanda” ogni modifica è bandita, quindi anche quest’anno, candele, palloncini per i più piccoli, frittelle e altre leccornie ipercaloriche e tanta, davvero tanta gente! Sarebbe tuttavia ingeneroso nei confronti di Longhena e della sacra icona bizantina banalizzare la festa come una semplice passeggiata alla Salute. In tempi più recenti il Cardinale Giuseppe Roncalli, Patriarca di Venezia, divenuto Papa Giovanni XXIII nel 1958, in un messaggio a tutti i veneziani ebbe a dire (con il plurale maiestatis): «Per cinque anni consecutivi avemmo il singolare favore di partecipare con voi e di presiedere alle annuali celebrazioni della Madonna della Salute, che si ricollegano al voto formulato dai padri vostri nel 1630, nella circostanza dolorosa di un morbo nefasto…». Non fu quella del 1630-31 la prima volta in cui i Veneziani fecero la triste esperienza di quanto fosse terribile la peste: quella del 1348 portò via i due terzi della popolazione, e quella del 1575, anche se meno violenta, fu così insistente e duratura che la Serenissima ricorse all’aiuto divino facendo voto di costruire la Chiesa del Redentore alla Giudecca.

La peste del 1630, arrivata, pare da Mantova, è particolarmente violenta, e Venezia presenta uno spettacolo desolantissimo: i lazzaretti sparsi per le isole sono incapaci di contenere gli appestati che pertanto rimangono nelle case, il più delle volte senza medici, essendo insufficienti, quelli rimasti, per un servizio tanto intenso. Le medicine presto si esauriscono, ed anche le riserve di viveri vengono a mancare. Venezia, città di mare e di grandi commerci, forte della esperienza passata, prende ogni precauzione per evitare che il male entri nella laguna, ma il morbo compare improvvisamente in città portato, dicono gli storici, dall’ambasciatore di Carlo Gonzaga Nevers, il marchese de’ Strigis, che si reca a trattare la pace con l’Imperatore Ferdinando II, portando con sé preziosi doni, ed una lettera per il Doge Nicola Contarini. Il Senato della Repubblica lo blocca al suo ingresso in città e lo obbliga ad una quarantena, prima nell’Isola del Lazzaretto Vecchio e poi, per sua comodità, nell’Isola di San Clemente. Ma per inevitabile fatalità, o per imprudenza da parte del falegname che presta alcuni lavori di adattamento della casa, la peste che colpisce l’ambasciatore e i suoi familiari, compare nella contrada di San Vito, poi in quella di San Gregorio, ed in breve in tutte le contrade. In mezzo a tanta sventura, Venezia, ormai incerta e disorientata, si trova impotente a lottare contro il male. Il Patriarca Giovanni Tiepolo, con il Clero ed i fedeli, «versando lagrime di dolore e di compunzione», guida pubbliche processioni e solenni esposizioni del SS. Sacramento in Cattedrale, ad implorare la clemenza del Cielo. Il Doge e il Senato della città deliberano che per quindici sabati si facciano in San Marco particolari preghiere con processione, portando l’immagine miracolosa della Vergine, seguita da tutte le Autorità. Il 26 ottobre, primo dei quindici sabati, dopo la processione, sotto le volte maestose di San Marco, davanti alla statua della Madonna Nicopeia, il Doge, a nome di tutta Venezia, con voce che tradisce l’emozione, pronuncia il Voto di «erigere in questa Città e dedicare una Chiesa alla Vergine Santissima, intitolandola Santa Maria della Salute, e che ogni anno, nel giorno che questa Città sarà pubblicata libera dal presente male, Sua Serenità et li successori suoi anderanno solennemente col Senato a visitar la medesima Chiesa a perpetua memoria della Pubblica gratitudine di tanto beneficio»…

BASILICA DI SANTA MARIA DELLA SALUTE

Un’imponente gradinata, che sembra quasi emergere dall’acqua, conduce all’ingresso della Basilica a pianta centrale, sormontata da una doppia cupola scenografica. Sulla sommità della cupola maggiore si trova la statua della Vergine con il bastone di Capitana de mar. Progettata dal giovane Baldassarre Longhena, in stile barocco assolutamente innovativo, “la rotonda macchina che mai s’è veduta né mai inventata”, come egli stesso la definì, venne iniziata nel 1631 e però conclusa solo dopo la sua morte nel 1687. Una serie ricchissima di statue decorano la facciata principale e i lati esterni dell’edificio, continuando anche all’interno, secondo il tema della glorificazione di Maria. L’altare maggiore colpisce per la sua mole imponente e per lo straordinario gruppo marmoreo di Giusto Le Court che si trova sulla sommità: la Vergine appare maestosa con il Bambino in braccio, sopra un masso di nubi con tre putti angelici ai piedi; un angelo con la fiaccola caccia la peste che fugge precipitosa mentre una donna riccamente adornata ricorda la città di Venezia che sta supplice in ginocchio ai piedi della Madonna. Al centro dell’altare la splendida immagine della Madonna della Salute, la Mesopanditissa.
N.B. Dalla statua della Peste, raffigurata da Giusto Le Court sull’altare come una megera vecchia e sdentata, deriva il detto veneziano: Ti xè bruta come ea peste!

ICONA – LA MESOPANDITISSA

La venerata icona della Madonna delle Grazie detta “della Salute” fu trasportata a Venezia dal Doge Morosini nel 1670 dalla Cattedrale di San Tito di Candia, dopo la fine della guerra. La tavola del XIII secolo in stile bizantino è di particolare suggestione per il volto ombrato e gli occhi penetranti della Madonna.
N.B. A Candia era denominata anche “la Mesopanditissa”, dall’uso liturgico locale che la festeggiava a metà (mezo) tra la festa dell’Epifania (6 gennaio) e la festa di Maria Ipapantissa (2 febbraio). Da cui il termine “mesoipapantissa”, trasformato popolarmente in “mesopanditissa”.

PONTE VOTIVO

Una fila ininterrotta di persone si reca in pellegrinaggio presso la maestosa Chiesa della Salute e lo fa percorrendo a piedi il ponte votivo, un ponte temporaneo costruito su barche, che attraversa il Canal Grande e collega le rive di Santa Maria del Giglio (San Marco) con la Basilica del Longhena (Dorsoduro).
N.B. Occasione unica per ammirare da una prospettiva insolita i profili dei palazzi e delle chiese affacciate sul Canal Grande.

CANDELE

Il legame ancora vivo e intenso tra Venezia, i veneziani e la Madonna della Salute si traduce nella quantità di candele che durante la Festa vengono raccolte in Basilica, numeri tali da garantire il fabbisogno annuo per tutte le chiese della città. La tradizione vuole infatti che per rendere omaggio alla Madonna vengano portate e accese delle candele – non c’è una regola fissa per il numero, ognuno si comporta in base alle proprie volontà – affinché possa intercedere per la buona salute.
N.B. Nel campo antistante la Basilica numerosi banchetti vendono candele di ogni grandezza.

CROCCANTE E PALLONCINI

Il sacro e il profano come ogni festa religiosa che si rispetti convivono e si fondono perfettamente. Accanto al sincero sentimento religioso convive l’aspetto più laico e gioioso: banchi imbanditi di dolciumi, soprattutto croccante alle mandorle e gigantesche frittelle, aspettano i fedeli fuori dalla Basilica. Immancabili i palloncini colorati e i giocattoli per i più piccoli.
N.B. Da consumarsi rigorosamente per strada.

CASTRADINA

Piatto della tradizione a base di cosciotto di castrato (montone salato e affumicato) cucinato per ore e saltato in padella con cavolo verza. Un omaggio alla fedeltà dei Dalmati che, nel lunghissimo isolamento patito da Venezia durante la pestilenza, sono stati gli unici a rifornire gli abitanti di cibo, soprattutto il montone, diffusissimo in quei territori. Ecco perché a ricordo di quel travagliato periodo si è mantenuta la tradizione di mangiare solo nella festività della Salute la “castradina”.
N.B. Pietanza saporita per palati avvezzi a gusti forti.

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