Più di quarant’anni di scatti presentati nella mostra Graziano Arici. Oltre Venezia ‘Now is the Winter of Our Discontent’ a cura di Daniel Rouvier e Ariane Carmignac alla Fondazione Querini Stampalia dal 17 dicembre 2022 all’1 maggio 2023.
Fin dall’inizio della sua carriera, nel 1979, parallelamente ai reportage realizzati per numerose agenzie fotografiche ed enti veneziani, Graziano Arici (Venezia, 1949; vive e lavora ad Arles) ha portato avanti una produzione personale, che dal 17 dicembre è presentata per la prima volta in Italia, alla Fondazione Querini Stampalia, dopo il grande successo ottenuto ad Arles, al Museo Réattu nel 2021. «Ogni sua immagine è un’opera fotografica a pieno titolo, sia plasticamente che emotivamente», afferma Daniel Rouvier, direttore del Museo Réattu e curatore, assieme a Ariane Carmignac, della mostra Graziano Arici. Oltre Venezia ‘Now is the Winter of Our Discontent’.
«L’inverno del nostro Scontento» (frase iniziale del monologo del Riccardo III di Shakespeare, Atto I, scena 1) presenta un archivio del mondo (Albania, Germania, Inghilterra, Bosnia-Erzegovina, Spagna, Stati Uniti, Francia, Georgia, Italia, Kazakistan, Russia, Slovacchia, Svizzera), uno “stato delle cose”. Seguendo le orme dell’americano Walker Evans (1903–1975), che prediligeva una fotografia istantanea, fatta di soggetti ‘poveri’, una fotografia sociale, vernacolare, Arici riprende questa fotografia storica e a essa applica le tecnologie in uso nel XXI secolo (cellulare, scanner, reflex digitale), in particolare nelle sue serie in bianco e nero. In questo modo dà vita a opere che, al di là della rappresentazione, per il loro rigore compositivo, per lo studio sulla luce e per i contrasti lo fanno considerare l’erede naturale del fotografo americano.
L’artista rivolge uno sguardo talvolta ironico (serie Carnival), spesso aspro e persino turbato, sullo stato del mondo (The State of Things, Lost Objects, Heart of Darkness), senza alcun compiacimento (Le Grand Tour), plastico (Angels, Polaroids, The Winter of Our Discontent).
Ripercorre il passato, il suo stesso passato (Als das Kind Kind war), ma anche la sua produzione, attingendo alle proprie immagini, in alcuni casi scattate più di qualche decina di anni fa, per conferire loro un senso nuovo all’interno di una serie. Graziano Arici opera il ‘ripescaggio’, portando avanti un lavoro di raccolta di immagini (lastre fotografiche in vetro, vecchi negativi, immagini trasmesse alla televisione) che fa sue (Angels, The Winter of our Discontent, Heart of Darkness).
Il progetto espositivo, introdotto dal documentario Recycling Graziano. Une lecture possible des images de Graziano Arici (2015) del giovane videomaker Sébastien Spicher, si sviluppa in 9 serie per un totale di 400 fotografie, realizzate tra il 1979 e il 2020, e amplia i contenuti della mostra di Arles rendendo omaggio a Venezia attraverso lavori realizzati dal 1971 a oggi, proposti in tre video in diversi luoghi della Fondazione, una selezione di immagini proveniente dall’Archivio che il fotografo ha donato nel 2017 alla Fondazione Querini Stampalia (più di un milione e mezzo di immagini).
«Non c’è fotografo – conclude Daniel Rouvier – senza “occhio”. Quello di Graziano Arici, formatosi alla lettura dell’arte contemporanea grazie al padre, che fin da piccolo lo porta con sé alla scoperta delle mostre della Biennale di Venezia, è estremamente acuto. È l’occhio che comanda lo scatto, che chiama il fotografo, che gli parla di composizione, luce, soggetto. L’occhio che determina una “maniera”. Quello stesso occhio che, nello spettatore, genera l’emozione provata davanti a un’immagine, e che interroga anche l’intelletto. Attingiamo dai nostri ricordi delle immagini “segno” che ci collegano a quella creata dal fotografo».