Basato sul romanzo omonimo di Don DeLillo, manifesto della letteratura postmoderna, e riadattato per lo schermo da Baumbach, il film racconta la storia di una famiglia americana...
Don DeLillo è autore molto amato da tutti i geografi culturali. Le sue descrizioni di città sono capolavori letterari. È nato nel Bronx e il suo principale riferimento è New York. Celebre la battuta: «Ma come fai a sapere tutte queste cose?», risposta: «Sono di New York». «Il calore del cibo e del sesso. Il calore dei grattacieli. Il calore che esce dalla metropolitana e dalle gallerie. Nelle città grosse il calore si leva dai marciapiedi e cala dal cielo inquinato. Gli autobus sbuffano calore…».
L’ironia è raffinata e va colta con una lettura attenta. Come la riflessione sulla potenza dei media, raccontata dal ragazzino quattordicenne che dice al padre: «Stasera pioverà». E quando il padre gli fa notare che sta già piovendo, il ragazzino risponde: «La radio ha detto questa sera».
Di grande effetto comico le lezioni che il protagonista di Rumore Bianco, emerito professore universitario, direttore del dipartimento di studi hitleriani (!), prende di lingua tedesca, la procedura delle vocali, «allora iniziava la distorsione… vergognosamente affascinante, come potrebbe essere un attacco di epilessia tenuto sotto controllo. Ritirava la testa dal busto, stringeva gli occhi, si abbandonava a smorfie e boccacce umanoidi», o ancora le indagini di polizia su un omicidio, in cui veniva chiesto l’aiuto di una parapsicologa, che aveva sì ritrovato cadaveri e refurtiva, ma pertinenti ad altro caso. Conclude DeLillo: «Il mistero americano si infittisce».
Neppure la morte sfugge all’ironia: «Un tecnico dagli occhi cavi emerso dall’era della peste, dai tempi delle inquisizioni, guerre interminabili, manicomi e lazzaretti», e il sospetto è che il medico gli stia così addosso perché curioso del decorso del decesso.
Finale aperto nel libro, in fondo si vuole descrivere una vita dedita al consumismo, ai suoi feticci, il supermercato, la televisione, le medicine riparatrici, le famiglie non famiglie, che solo gli ottimisti potrebbero definire “allargate”.
Gran scalpore fece il romanzo alla sua uscita agli inizi degli anni ‘80. Oggi la nube tossica, che tutto potrebbe avvolgere, non ci fa più paura. Forse è diventata una presenza quasi domestica.