L’Art Studio di Luca Massimo Barbero presenta The Hungriest Eye. The Blossoming of Potential, la nuova opera dell’artista Arthur Duff nella Casa di The Human Safety Net alle Procuratie Vecchie in Piazza San Marco.
Attraverso il linguaggio dell’arte l’unicità di ciascuno di noi può essere espressa attraverso forme irripetibili che, nell’incontro con gli altri, danno luogo a combinazioni sorprendenti. È questa l’idea da cui parte e si sviluppa The Hungriest Eye. The Blossoming of Potential, la nuova opera dell’artista Arthur Duff che accoglie i visitatori dell’Art Studio, lo spazio dove l’arte dialoga con il sociale nella Casa di The Human Safety Net alle Procuratie Vecchie in Piazza San Marco. L’Art Studio, curato da Luca Massimo Barbero, è uno spazio creativo pensato per accogliere le opere di artisti che interpretano i temi inerenti ai programmi di The Human Safety Net e i valori espressi nella mostra permanente A World of Potential, un’esperienza interattiva e immersiva per comprendere e connettersi con il proprio potenziale, esplorando i punti di forza e scoprendo le qualità migliori in noi stessi e negli altri. Nell’installazione di Arthur Duff ogni visitatore diventa un’opera d’arte: i suoi punti di forza si trasformano in una rappresentazione artistica attraverso l’utilizzo di un sistema laser che crea forme uniche in un caleidoscopio di luci e colori. L’ispirazione sono le straordinarie xilografie giapponesi del XIX secolo raffiguranti fuochi d’artificio che Duff rielabora digitalmente con risultati sorprendenti. Un mondo di meraviglie come ci raccontano Luca Massimo Barbero e Arthur Duff.
Come è nata l’idea di un’opera come The Hungriest Eye?
Luca Massimo Barbero_Tra il 1860 e il 1877 alcuni creatori di meraviglie, qualcuno li chiamava anche “parti di faville”, “occhio”, “porta di fuoco”, arrivando e passando dalla Cina, raffinano una sorta di curiosa scienza percettiva che non nasce però come scienza, ma come qualcosa di meraviglioso. Accade in Giappone e l’opera viene stampata da inglesi; ora rimangono sei volumi conservati nella biblioteca di Fujiyama, nei quali sono raccolte delle xilografie di “schemi delle meraviglie”, o meglio, un vero e proprio catalogo di vendita per dei fuochi d’artificio. Sono delle immagini straordinarie che Arthur Duff, grazie alla sua capacità di usare prima le costellazioni come nodi, poi come riferimento di viaggio, poi ancora come navigazione, infine come viaggio fisico, ha ritrovato e iniziato a studiare proprio quando cominciavamo a pensare a questo progetto. The Hungriest Eye in realtà è un possibile fuoco d’artificio, una fioritura del potenziale di ognuno di noi. Il tema dell’occhio è sempre stato affrontato da me in maniera aperta, fuori dalle sue strette funzioni primarie; in genere si è portati a pensare sia un organo che serva solo per guardare, ma in realtà sappiamo che l’occhio è sollecitato e deve essere perciò “affamato”.
Perché la scelta di Arthur Duff per la realizzazione di questo particolarissimo progetto?
L.M.B._Duff è americano, nasce in Germania, cresce in Corea, poi di nuovo negli Stati Uniti, a seguire in Italia, poi ritorna all’estero e finalmente lo ritroviamo in Italia. Questo viaggio molto curioso è lo stesso viaggio che sollecita i vari immaginari di questo progetto: l’idea di avere un immaginario giapponese, pensato da un artista internazionale per la città che fa dei fuochi d’artificio uno dei suoi momenti civici e di gloria più grandi. La meraviglia non è soltanto occupare l’occhio; l’occhio deve essere un organo responsabile ed è il motivo per cui siamo qui.
Quale legame si instaura tra l’Art Studio e la Casa che lo ospita, The Human Safety Net?
L.M.B._L’Art Studio è all’interno di un grande ‘naviglio’, come lo chiamo io, restaurato da Chipperfield che si sviluppa in straordinaria lunghezza e con oblò, aperti su Piazza San Marco, che ricordano curiosamente la forma dell’occhio e dell’iride come nell’opera di Duff. Siamo dunque legati all’idea del viaggio; pensiamo a Generali e a The Human Safety Net, a quanti Paesi, quante famiglie, quanti ragazzi, quanti rifugiati sono toccati da questo importante progetto, alla molteplicità dello sguardo come alla molteplicità di questo occhio. The Hungriest Eye. The Blossoming of Potential non è una mostra, è una sorta di “agitatore di pensiero” che va a creare un ponte tra l’arte contemporanea, troppo spesso conchiusa in una curiosa bolla di cristallo meravigliosa ma sospesa in una dimensione a sé e per sé, e ciò che accade qui nella Casa di The Human Safety Net. Non è un’opera che vive eminentemente per farsi contemplare grazie al fascino indubitabile suscitato da questi meravigliosi schemi pirotecnici; è piuttosto un “agitatore”, perché l’opera è essa stessa agitata dal potenziale dei visitatori. Ogni visitatore la costruisce, compiendo l’esperienza lungo tutto questo ‘naviglio’ della potenzialità, dell’incontro, della condivisione. L’idea di base è poter creare la tua stessa visione, la tua stessa opera, di poter occupare il tuo stesso occhio, ma non come succede ora nella contemporaneità: non è l’immagine che ‘mangia’ te, sei tu che la costruisci grazie all’espressione del tuo potenziale. Il potenziale nell’opera d’arte sei tu e più visitatori costruiscono, sommano, vedono questa immagine, più tu vivi. Duff ha dovuto compiere un procedimento complesso per arrivare a questo risultato, trovando infine i punti di incontro e quelli dissonanti tra i nostri mondi.
Quale l’effettiva dinamica relazionale innescata dal progetto?
L.M.B._The Human Safety Net con A World of Potential ha lo scopo di stimolare come dicevamo il potenziale umano, così come fa l’opera di Duff. Mi trovo in un luogo in cui accade veramente qualcosa, un luogo proattivo, dove la gente può sperimentare, mettersi in gioco e dove può anche incontrare un’opera d’arte, certo, la quale però vive perché sei tu che la crei. L’opera è un dispositivo, un agitatore, un motivo non una scusa; non è una didascalia, è un punto di domanda. Questo spazio, una sorta di vera meraviglia in questa città, non esclude l’antico ma ce lo mostra ancora meglio, invitandoci a non avere paura del contemporaneo.
Come e dove nasce l’ispirazione per la realizzazione di quest’opera?
Arthur Duff_Il progetto è un’opportunità unica per investigare gli aspetti invisibili degli oggetti d’arte come sistemi interconnessi fisici e non fisici. Ho sempre desiderato, come credo tutti del resto, guardare direttamente il sole, ma questo non è possibile. Questa grande attrazione e desiderio verso il sole da un lato e il timore a guardarlo dall’altro rappresentano insieme il punto di partenza di questo progetto. Volevo dare al visitatore la possibilità di osservare qualcosa che avesse un’intensità unica, con delle frequenze di luce e di saturazione di colore che noi probabilmente non avevamo mai visto prima, perché non possediamo fonti di luce di questo genere. L’opera utilizza un sistema laser per creare forme uniche in un caleidoscopio di luci. L’ispirazione nasce dalle xilografie giapponesi ottocentesche raffiguranti i fuochi d’artificio, emblema di un ideale di bellezza effimera e transitoria, pensati per sbalordire e sorprendere l’occhio di chi guarda. L’opera quindi nasce dall’esigenza di generare stupore, ma anche di sfruttare tale stupore. Lo stupore diventa un modo per unire e creare comunità. Una delle cose più importanti e una delle sfide maggiori di questo lavoro è stato proprio cedere qualcosa come artista, perché stavo entrando in uno spazio non neutrale, con una mission assolutamente dichiarata quale è quella della Casa di The Human Safety Net. Mi sono trovato come artista di fronte alla necessità di andare incontro e di includere alcuni degli aspetti che sono presenti nel percorso permanente e interattivo della mostra A World of Potential. È un dare e ricevere. La parte più complessa, ma anche la più costruttiva di tutto il processo creativo, è stata quella di riuscire a coinvolgere attivamente il pubblico nel percorso che abbiamo messo in atto, permettendogli di interagire con il lavoro, di esserne realmente parte integrante. In questa precisa direzione si è rivelato necessario utilizzare ciò che era già presente nelle installazioni permanenti.
Quale significato assume il titolo?
A.D._“L’occhio affamato” è un occhio che sa vedere, sa osservare, non si ferma mai perché è fatto per fare quello, è costruito e generato come organo per assorbire e ‘digerire’ e nell’atto di digerire dare anche energia e vitalità; non è mai passivo. Un occhio che ambisce non solo ad essere il punto di passaggio di uno stimolo percettivo, ma che vuole anche essere partecipe dell’elaborazione dell’esperienza.
Uno sguardo che sembra sollecitare dinamicamente la relazione tra individuo e collettività.
A.D._Il passaggio tra l’esperienza individuale, che in termini pratici si svolge esplorando il proprio potenziale grazie al percorso della mostra interattiva e la compilazione di un questionario finale, e la produzione di un punto di forza personale, che viene introdotto nel sistema che abbiamo generato, produce un’immagine basata sugli schemi dei fuochi d’artificio. Il visitatore produce un’immagine estremamente individuale; il resto del pubblico lo testimonia, partecipa, osserva, interagisce e assorbe. Il progetto è volutamente costruito per permettere all’individuo di attuare uno scambio con l’altro, con il resto del pubblico. The Hungriest Eye è quindi un’esperienza individuale e al tempo stesso collettiva.
Immagine in evidenza: Luca Massimo Barbero e Arthur Duff
Incontro con Emma Ursich, Segretario Generale della Fondazione The Human Safety Net