Carlos Saura

di Cesare Stradaioli
  • sabato, 2 settembre 2023

Venezia rende omaggio al grande maestro spagnolo, degno erede della cinematografia buñueliana, crudele e iconoclasta, scomparso all’inizio di quest’anno. Entrato poco più che ventenne nell’avanguardia artistica spagnola, segnato dall’esperienza pittorica del fratello Antonio – più volte emersa nelle originalissime immagini dei suoi lavori – già nome di spicco della Scuola Sperimentale di Cinematografia, Carlos Saura rappresenta non solo un ponte di oltre un quarantennio fra il Surrealismo e il Neorealismo italiano, generi che hanno avuto peso essenziale nelle sue opere, ma è stato a sua volta maestro e ispiratore del terzo nome del trittico cinematografico iberico.
Potrebbe sembrare irriverente usare una parola come trittico che richiama la sacralità delle iconografie cattoliche, specie se aggiunta al termine Trinità, nei confronti di tre figure quali Luis Buñuel, Carlos Saura stesso e Pedro Almodóvar, che coprono un secolo di idealismo e contrapposizione: ma, come si dice, chi la fa l’aspetti, specie in ragione di quanto irriverenti furono e sono le loro opere e gli intrinseci messaggi in esse contenuti, talvolta nascosti, intuiti o dissimulati, spiriti per definizione contro, sfrenatamente e sfacciatamente liberi (dalle opinioni altrui e anche dalle proprie, per citare Brando/Kurtz in Apocalypse Now), feroci oppositori di ogni bigottismo e di qualsiasi forma di repressione sessuale, intellettuale, politica.
Allievo e poi maestro a sua volta, Carlos Saura ha inciso profondamente nella storia culturale spagnola e da lì poi internazionale, legando il proprio orientamento artistico a un continuo mix di realtà e immaginazione, narrazioni coerenti e subito dopo trasfigurate nel grottesco.
Partendo appunto dall’insegnamento di Buñuel (al cui rientro in Spagna contribuì in maniera decisiva), ha sistematicamente battuto temi sociali e intimamente personali senza mai virare verso un cronachismo che gli era estraneo, immergendoli invece nella satira e nell’allegoria, stilemi quasi obbligati durante il lungo buio della dittatura franchista.
Decisivi furono, poi, tre fondamentali incontri. Il primo con Rafael Azcona, l’alter ego di Marco Ferreri, che sceneggiò alcuni dei suoi lavori più caratterizzanti, dai lontani La tana e Anna e i lupi fino a ¡Ay Carmela!: con Geraldine Chaplin –secondo, fatale incontro –, che divenne sua musa ispiratrice, vera e propria icona della sua cinematografia nonché compagna di vita, e infine con il grande Antonio Gades, padre nobile del flamenco, col quale dal 1981 al 1998 realizzò film dichiaratamente ispirati alla danza, come Bodas de sangre, Carmen Story, L’amore stregone, Flamenco e Tango.
Tali figure furono decisive nel suo percorso di regista, pur tuttavia rimanendo fedele a una determinata cifra narrativa, inscindibilmente legata all’immaginario mischiato al realismo, fra una riunione familiare per la mamma/nonna che compie 100 anni, l’ossessivo e sensuale incedere del balletto, lo sberleffo al rigore religioso e la mai rimarginata ferita della guerra civile.

LA CAZA

LA CAZA

Girato nel pieno del regime di Francisco Franco, La Caza (1966) affronta la contorta psicologia progressivamente delirante di tre veterani della Guerra Civile spagnola durante una battuta di caccia al coniglio, il tutto sotto gli occhi ingenui, non traviati dalla fero...

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LA CAZA

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Carlos’ five
La caccia
(1966)

Nel crudo apologo sulla Spagna post guerra civile, in un chiaro omaggio al maestro Buñuel, la battuta di caccia finisce in un massacro.

Cría cuervos
(1976)

Sono ancora le ferite del franchismo che si riverberano in una tragica storia familiare fatta di incubi e realtà mai del tutto svelate.

Bodas de sangre
(1981)

Da un incrocio di gelosie Saura realizza una plastica combinazione fra la poetica di García Lorca e il balletto di Antonio Gades.

L’amore stregone
(1986)

Il balletto di Manuel de Falla trasposto nella sofferenza della vita vera, talmente reale da portarci durante le prove e dietro le quinte.

Spara che ti passa
(1993)

Il tragico epilogo di una vendetta a seguito di un brutale stupro. Non c’è catarsi finale: in compenso c’è un titolo italiano orrendo e fuorviante.

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