Andrej Tarkovskij

di Andrea Zennaro
  • lunedì, 4 settembre 2023

Parlare di Tarkovskij, del suo cinema di poesia, di come “scolpiva il tempo”, del suo approccio al genere fantascientifico, dove per lui bisognava togliere il più possibile gli orpelli tecnologici in antitesi al cinema hollywoodiano, non è cosa facile.
Quando uscì da noi il suo Solaris (1972) venne pubblicizzato come la risposta russa al 2001 kubrickiano; in realtà i due film sono agli antipodi tra loro e forse delle similitudini si possono riscontrare con il film di Kubrick Shining (1980) evidentemente a sua volta influenzato dal regista russo. Il voler rimuovere ogni sovrastruttura scenografica tecnologica porterà Tarkovskij con Stalker (1979), altra opera fantascientifica, a mostrare degli scenari quasi post apocalittici dove non si capisce cosa possa essere successo.
Il regista russo, durante la sua carriera, andò sempre più verso la rappresentazione di un flusso cinematografico anti-narrativo con atmosfere e scenari atti ad immergervi gli spettatori e accompagnarli attraverso un’esperienza artistica unica: il film Lo specchio del 1975 ne è un perfetto esempio. In esso tutte le regole del racconto cinematografico vengono scardinate e i ricordi dei personaggi si confondono con la vita reale.
L’Italia è stata per il regista come una seconda patria e vi passò gli ultimi anni della sua vita: assieme a Tonino Guerra vi gira Nostalghia (1983) un’opera dal sapore autobiografico.

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(1979)

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