Lo sport moderno nasce nella seconda metà del XIX secolo da un processo di codificazione di regole e garanzie per gli atleti e da un coinvolgimento della borghesia che permettono il passaggio dal gioco fino allora praticato dai nobili allo sport. Ci sono due date parecchio indicative che coinvolgono sport e cinema fin dalle loro origini: nel dicembre 1895 viene girato dai Lumière L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat.
Nell’aprile del 1896 ad Atene si svolgono le prime Olimpiadi dell’era moderna. A partire da questa coincidenza temporale si sviluppa tra cinema e sport un rapporto di stretta connessione e di mutua comprensione.
Lo sport al cinema diventa il veicolo primario della diffusione dei valori americani, giocando sulla distinzione tra sport collettivi, che esaltano le qualità del gruppo e la condivisione degli obiettivi, e sport individuali, dove invece vengono esaltati i valori del riscatto e della determinazione. Ma questo fenomeno accade soprattutto negli Stati Uniti, non altrove. A memoria, l’unico film europeo in grado di competere come esaltazione dei valori con i giganti USA rimane l’inglese Momenti di gloria.
Cominciando dal baseball, allora lo sport più seguito negli USA, per arrivare negli anni ‘50 ai grandi film sulla boxe, veicoli ideali per trasmettere gli edificanti valori dello sport come riscatto individuale da un’infanzia emarginata, per arrivare più tardi ai filoni dedicati al basket, al surf, al football, all’atletica. Ma non possiamo nascondere un altro fondamentale aspetto, molto più inquietante: lo sport come immagine della politica e come rappresentazione della volontà di un regime politico di trasformarlo in un tassello irrinunciabile del proprio immaginario, perché capace come nessun’altra rappresentazione di coinvolgere le giovani generazioni. Il cinema è spesso stato complice di queste operazioni, e lo è stato proprio per essere lo strumento ideale della propaganda politica e delle emozionalità costruite ad hoc. Facciamo ovviamente in primis riferimento all’Olympia di Leni Riefenstahl sulle Olimpiadi Berlino del 1936, vero e proprio manifesto di bellezza accecante e sciagurata sul matrimonio tra cinema e sport quando viene gestito dall’isteria della politica. E allora ci teniamo con gran sollievo il minore dei mali, ossia quei quintali di melassa che cola inarrestabile dalla maggior parte dei film yankees sullo sport.
Immagine in evidenza: Momenti di gloria, Hugh Hudson, 1981
Hartford, Connecticut, 1964. Willie Pep ha un passato da campione dei pesi piuma e un presente che lo vede sull’orlo del fallimento economico e familiare. L’uomo è sommerso dai debiti, sposato con una donna molto più giova...
In quei tempi il baseball era lo sport più seguito negli Stati Uniti (ora è passato al terzo posto, dopo football americano e pallacanestro), e quindi fornisce a Hollywood le prime visioni di come lo sport possa essere rappresentato al cinema.
Con il grande campione diretto nel 1949 da Mark Robson, abbiamo la trilogia decisiva nell’impostare i canoni valoriali che avrebbero permeato i film sulla boxe nei decenni seguenti, da Toro scatenato a Rocky. Nella boxe, e nello sport in generale, non si sfugge al proprio destino, chi lo fa è destinato al fallimento, come Kirk Douglas nel Grande campione. La boxe è invece riscatto sofferto e faticoso risalire la china. Il Rocky Graziano impersonato da Paul Newman (Lassù qualcuno mi ama, 1956)è probabilmente l’insuperato modello filmico dello sport nel cinema.
Il basket ci mette almeno trent’anni di più rispetto alla boxe per imporsi all’immaginario dei produttori americani. La sua natura di sport di gruppo rende forse più complicato rappresentarne i valori giusti. Ma quando lo fa, realizza magnifici film sulla capacità di avverare i sogni attraverso la fiducia in sé stessi.
Il football americano è un altro importante sotto-genere della categoria dei film sullo sport. A giudicare dal famoso discorso che fa l’allenatore Al Pacino in questo film prima della partita decisiva, il football americano è la trasposizione della guerra in un campo sportivo….
Lo skateboard nasce negli anni ‘70 come evoluzione della tavola da surf munita di rotelle. E come il surf presto si munisce di una sua struttura iconica e valoriale, abbastanza simile a quella del surf, fatta di gruppi musicali, abbigliamento, linguaggi.
Ted Lasso, coach di football americano, viene assunto come allenatore di una squadra di calcio inglese. Non sa nulla di calcio, ma non gli manca una buona dose di ottimismo americano ed è un grandissimo motivatore. La serie assicura spasso in quantità ma è anche un esercizio affascinante sulle differenze culturali tra Europa e USA e su come superarle.