Ci sono persone che provengono da altri pianeti. Creature sovrannaturali difficili da accomunare ad altri esseri umani. Eppure lo sono – umani, si intende – e tra loro la più eterea viene dall’Australia: Cate Blanchett. Padre texano, madre di Melbourne, Cate ‘cadde sulla terra’ il 14 maggio 1969 e si fa notare – ma guarda un po’ – fin da piccola: a 12 anni è già la drama captain della sua scuola. Eppure non sceglie il teatro e all’università si iscrive a economia e belle arti. La vocazione per la recitazione arriva dopo essere stata notata – ma dai? – mentre era in vacanza in Egitto nel 1989, dove le viene chiesto di fare la cheerleader nel film sulla boxe Kaboria. Per fortuna accetta e al ritorno a casa si iscrive al National Institute of Dramatic Art. Il resto è storia: il teatro con Geoffrey Rush, i primi riconoscimenti, la parte in Elizabeth, il successo internazionale e la conquista della Terra, quella reale e quella ‘di mezzo’. Nessuna avrebbe potuto essere Galadriel al di fuori di lei, o avrebbe potuto incarnare la sacralità dylaniata al femminile (Io non sono qui). Divina sempre, quando onora il Marvel e l’Indiana Jones universe, santifica la nevrosi alleniana, si fa manifesto vivente.
«Rappresenta la donna per la quale io creo», dice di lei Giorgio Armani, di cui è testimonial dal 2003. Una dea caduta sulla terra con due Oscar, una Coppa Volpi, un marito commediografo dal 1997 e quattro figli. Già presidente di giuria a Cannes nel 2018 e a Venezia nel 2020, chi meglio di Cate Blanchett avrebbe potuto ‘comporre’ la prima donna a dirigere un’orchestra? Nessuna, e infatti torna al Lido come protagonista di TÁR, di Todd Field, in cui interpreta un maestro d’orchestra donna di fama mondiale, che alla vigilia di un’importante registrazione si trova a fronteggiare un mondo in profonda trasformazione. E chiunque l’abbia vista rispondere alle conferenze stampa utilizzando il solo gesto delle mani sa già che la Dea non si smentirà e ci regalerà un’interpretazione da vera Maestra.
Dramma intellettuale e feroce critica al mondo della musica classica internazionale sempre altamente competitivo e fortemente discriminante, il film racconta la storia dell’immaginaria Lydia Tár (Cate Blanchett), musicista di fama mondiale, compositrice e prima direttrice d...
Raggiunge il successo internazionale e la prima nomination all’Oscar interpretando la giovane Elisabetta I, ruolo che riprenderà in Elizabeth: The Golden Age.
«Ho sempre sognato di interpretare un personaggio con le orecchie a punta» dice Cate, eterea e magnetica regina elfica Galadriel in tutti e sei i film tolkeniani di Jackson.
Sei Bob Dylan in cerca di attore in cui la più brava è proprio Lei, l’unica donna a interpretare il menestrello d’America. Coppa Volpi meritatissima ed ennesima nomination all’Oscar.
Nato come installazione di videoarte, un one woman film tutto sulle spalle della grande versatilità di Cate Blanchett, qui una e molto più che trina.
Arriva l’Oscar come miglior attrice, dopo quello come non protagonista in The Aviator, grazie a un ruolo maiuscolo, che solo Cate avrebbe potuto maneggiare con cura. Vedere il primo piano finale per credere.
A suo agio in produzioni più indipendenti, a teatro e anche su green screen. La sua apparizione come villan nel Marvel Cinematic Universe lascia il segno: la dea della morte Hela non si dimentica facilmente.