Partendo dai primi film dove, a poco a poco, una fotografia sgranata lascia il posto a immagini patinate con colori carichi all’inverosimile, il regista danese ha sempre cercato di realizzare opere diverse dalle esperienze precedenti con amore cinefilo verso il cinema di genere. Fattosi le ossa con la trilogia Pusher nella quale è già presente un alto tasso di violenza, tipico di tutta la sua filmografia, Refn costruisce storie spesso non lineari, dove i personaggi lottano con gli orrori che li circondano e con i demoni che portano dentro di sé.
Antieroi che vivono ai margini come in Bronson, dove l’attore britannico Tom Hardy dà vita ad un personaggio, realmente vissuto, completamente irrazionale e anarchico, che va contro a ogni regola o legge imposta dal potere. Anarchia dei personaggi e anarchia della messa in scena che raggiunge l’apice sia in The Neon Demon, un horror ultra patinato carico di cannibalismo, vampirismo e necrofilia – metafora della mercificazione del corpo femminile –, sia, soprattutto, nella direzione della sua prima serie. Con Too Old to Die Young (2019) il regista stravolge completamente la grammatica più profonda della serialità televisiva: Refn viaggia a briglie sciolte e crea in modo libero e surreale. Gli episodi hanno una lunghezza imprevedibile, da mezz’ora a un’ora e mezza, la trama si sviluppa in modo assolutamente inatteso, con dilatazioni temporali estenuanti, scoppi di violenza e tocchi geniali, come la sequenza poetica veicolata dalla canzone Mandy di Barry Manilow.
La perversione e l’istinto racchiusi nell’atto creativo portano il regista Winding Refn al lancio di una nuova serie in sei episodi, ambientati nella sua città natale, Copenhagen. È una gita drammatica quella che lo spettatore è invitato a fare assieme alla protagonista...
Il protagonista reale, anche se nei primi due capitoli rimane sotto traccia, è Milo che fa da filo conduttore alla storia fino al finale splatter/gore degno di un Joe D’Amato.
Biopic del “più violento prigioniero britannico vivente” e performance straordinaria di Tom Hardy.
Siamo tra i vichinghi del I secolo d.C., ma le tematiche care al regista riaffiorano comunque dalle nebbie nordiche.
Influenze dal Driver l’imprendibile di Walter Hill, un road movie sincopato osannato dalla critica.
Ermetica speculazione sulla violenza umana, la vendetta e l’espiazione.
Un horror dai colori sfavillanti che richiama atmosfere del Suspiria argentiano.